Quarta Puntata
Un Classico dell’Hip Hop o un Hip Hop Classico?
Quanti fratelli sono caduti sulle strade?
Riposate in pace, giovani amici, c’è un paradiso anche per i gangsta.
E’ una bugia, se vi dicessi che non ho mai pensato alla morte.
Miei amici, siamo gli unici rimasti.
Ma la vita va avanti.
Non appena mi muovo per l’ingresso vuoto
il respiro si fa lento, mentre prendo il telefono,
ring ring, ring, calmi tutti mi stanno chiamando
il mio amico delle superiori sta per morire.
E tempo di seppellire un altro fratello e nessuno piange.
Vita da giocatore, alcool e chiamate da belle donne,
lo facevamo come adolescenti, ricordi?
Cresciuto come un duro, un pazzo e fumato d’erba.
Vieni sul tetto, a fumare sballarti con me
alle due del mattino e ancora eravamo sballati
gridando “duri fino alla morte” prima di svenire.
Ma ora che sei morto sono nella stanza
e penso non voglio morire da solo
ma ora sei morto e tutto ciò che mi rimane
sono strani ricordi, amo i miei amici fino alla morte
e sto bevendo Hennessy
e per cercare di finirla ho bevuto 1/5 di quella roba
quando sei morto
perché la vita continua.
Scriveva così, nel 1996, Tupac Shakur nel suo quinto album “All Eyez On Me” In un brano intitolato “Life Goes On”, che è l’oggetto della quarta Mollica d’Ascolto che andiamo a cominciare.
Ciao a tutti.
Per quelli di voi che si domandano chi è , bisogna dire che, purtroppo, Tupac Shakur è morto nel 1996, pochi mesi dopo aver registrato “Life Goes On”.
Tupac Shakur, era un rapper.
Intanto Tupac lo trovate scritto come Tupac Shakur , oppure anche con il numero 2 davanti, cioè 2Tupac, come si usa tra i rapper e gli hip hopper.
Nato nel 1971 e morto nel 1996, giovanissimo quindi.
Nato a New York, si è trasferito poi subito a Los Angeles.
All’inizio si chiamava con un altro nome, ma all’età di un anno sua madre lo ha ribattezzato in onore di Tupac Shakur, noto rivoluzionario peruviano, giustiziato dopo aver partecipato e aver condotto molte rivolte popolari.
Questo nuovo nome è dovuto al fatto che la madre, di chiara origine afro americana , era un membro importante delle pantere nere.
In effetti il nome completo di Tupac sarebbe Tupac Amaru Shakur .
Però tutti lo conoscono come Tupac, semplicemente.
Tupac è stato un rappresentante importantissimo dell’Hip Hop, che ,immagino sappiate tutti, è quel genere di musica divenuto molto importante a partire dagli anni 90 negli Stati Uniti, per poi espandersi in tutto il mondo.
Ma in realtà l’Hip hop è stato un fenomeno culturale e artistico, prima che prettamente musicale, già dalla metà degli anni 70, per poi diventare , dagli anni 90 appunto, un genere musicale di importanza planetaria.
Tupac ha venduto circa 75 milioni di dischi ed è quindi uno degli artisti di maggior successo in questo genere, e non solo.
Questo successo è dovuto anche , e forse soprattutto, al fatto di aver affrontato , nel suo lavoro, molti temi sociali riguardanti principalmente i problemi che affliggevano i ragazzi di colore e la loro vita nei ghetti.
E’ quindi considerato un simbolo di resistenza, di attivismo contro le ingiustizie, oltre che un vero proprio personaggio quasi rivoluzionario.
La sua vita è stata costellata da tutta una serie di episodi, sparatorie, risse e chi più ne ha più ne metta, che erano praticamente tipiche del modo di vivere di moltissimi artisti Hip hop.
Quello che lo differenziava dagli altri, era il suo essere una persona molto colta. Avido lettore amava spesso creare parallelismi fra le opere di autori come Platone o Machiavelli o William Shakespeare, e le dinamiche della vita dei ragazzi nei ghetti neri.
È stato anche coinvolto in quella diciamo diatriba, quasi una rissa, musicale , culturale e anche fisica, tra il cosiddetto Hip Hop della West Coast, dove lui, viveva, e i rappresentanti dell’Hip Hop della East Coast . Risse che hanno provocato più volte sparatorie e arresti. Alcuni sostengono anche che queste risse siano state una delle cause della sparatoria in cui lui è morto , dopo qualche giorno di ricovero in ospedale, a seguito delle ferite riportate in uno di questi scontri.
Comunque le circostanze di quella sparatoria e della della sua morte non sono mai state chiarite del tutto e tutt’oggi aleggia un po’ di mistero sulla sua fine.
Ma veniamo adesso all’oggetto e al soggetto di questa Mollica d’Ascolto e partiamo appunto dall’ascolto, eccolo qua.
Che dire, la cosa che colpisce di più all’inizio, di questo brano, chiaramente è l’approccio al ritmo.
Ci sono tanti modi di lavorare sul ritmo.
Esiste il modo più, diciamo, tradizionale, e normale, cioè che è quello di andare a tempo si dice in maniera precisa, e questo è, diciamo la “conditio sine qua non”, di qualsiasi musicista, di qualsiasi cantante. Andare a tempo vuol dire riuscire a portare le frasi con una determinata scansione ritmica che sia abbastanza regolare e fluida.
L’andare a tempo è, tra l’altro, una delle cose più difficili da insegnare quando ci si avvicina alla musica, nel senso che è una caratteristica abbastanza innata e, se qualcuno ha delle difficoltà ritmiche ci si può lavorare, ma molto probabilmente quella persona farà sempre abbastanza fatica soprattutto quando si tratta di collaborare con altri.
Esiste poi quello che si può definire come lo “stare sul tempo”.
Lo “stare sul tempo” è, in sostanza, il fatto di riuscire a lavorare sul ritmo, e sulla scansione in maniera del tutto personale, portando il tempo come amano dire gli americani con un’espressione secondo me molto felice che rende immediatamente il senso della cosa, “ In the Pocket” , cioè in tasca, cioè farlo con “nonchalance”, come potrebbero dire i francesi, o senza pensarci troppo, come potrebbero dire gli italiani.
Ecco, se ci fosse un master in ritmo alla Berklee School di Boston o alla Juilliard School di New York o in qualsiasi università della musica, secondo me Tupac Shakur, o Tupac che dir si voglia in questo brano otterrebbe una laurea “cum laude”, bacio accademico, fiori, petali di rose e quant’altro perchè ritmicamente è spaziale.
E se si ascolta attentamente questo brano ci si rende conto di quale abisso di diversità ci sia tra un artista del genere e molti rapper o presunti tali, soprattutto di casa nostra.
C’è una padronanza del modo di portare le parole, una padronanza degli accenti e una padronanza della dinamica che è veramente incredibile. Vi chiederei di soffermarvi soprattutto su quelle frasi che vanno più o meno da 49 secondi dopo l’inizio al minuto, minuto e 5 , e precisamente dove lui dice :
” 2 in the morning and we still high assed out
screaming “ Thugh till i die” before i passed out
but now that you’re gone I’m in the zone
thinkin’ i don’t wanna die all alone,
but now you’re gone”.
Eccola qua.
In realtà lui cosa fa?
Non sta a tempo, esattamente sui singoli beat, sui battiti,, ma sta a tempo sulla frase. E all’interno della frase si prende delle libertà . Dove accelera, poi rallenta, come se fosse un elastico. Il suo modo di stare sul ritmo è qualcosa di pulsante, sempre diverso.
A tutto questo aggiungete anche il fatto che lui fa un uso degli accenti sulle sillabe veramente pazzesco e il risultato è un ritmo che continua a girare, continua a muoversi in avanti in maniera molto rotonda, anche se il brano, in realtà, è costruito in maniera molto quadrata, nel senso che, come tutti o quasi tutti i brani di questo genere, è , e qua cominciamo un pochino a entrare nel dettaglio, costruito attraverso l’uso di loop.
I loop sono, in sostanza ,delle frasi, dei frammenti di due o quattro battute che continuano a ripetersi uguali e vengono utilizzati come un copia incolla. Ascoltando questo brano ci si rende conto del fatto che le parti ritmiche sotto la voce, sono esattamente sempre quelle, si ripetono ogni quattro battute.
Questo in realtà può sembrare una gabbia molto rigida, molto stretta, e lo è, infatti . Sta a chi ci canta sopra, o ci parla sopra, o ci rappa sopra ,o ci “hip hoppa” sopra, ditelo come volete, riuscire a rendere questa gabbia elastica e molto fluida, e questo Tupac riesce a farlo benissimo.
Per cui, se posso darvi un consiglio per cercare di distinguere nella musica che ascoltate, di qualsiasi tipo essa sia, le cose valide da quelle meno valide, concentratevi anche sull’aspetto ritmico e provate a capire se una persona sa stare sul ritmo in modo personale.
Se lo fa , quello è un figo, non c’è molto da dire.
È una delle caratteristiche che distinguono quelli bravi da quelli meno bravi, il modo di stare sul ritmo, così come l’utilizzo della dinamica, il tipo di fraseggio, tutte cose che abbiamo visto negli scorsi episodi, e che continueremo a approfondire in seguito.
Questo è il primo approccio con questo pezzo :il ritmo.
Poi però, andando un attimo più a fondo s i comincia a leggere anche il testo.
E qua cisi trova un po’ spiazzati, perché su una musica che è dolce e melodica il testo, che in parte ho letto all’inizio, è invece molto duro, molto crudo, molto politicamente scorretto. Vengono utilizzate espressioni anche abbastanza pesanti, come, ad esempio, il termine “nigga” che in realtà può voler dire sia negro che amico, tanto per fare un esempio, per cui a seconda di come uno l’intende e lo traduce si cambia di molto il senso .
Ed è un testo veramente che fa riflettere.
Adesso qua non vorrei fare un parallelo, come dire blasfemo, ma, ascoltandolo bene, mi è venuto in mente quello che vi avevo detto nella mollica numero 3 a proposito del Requiem di Mozart e soprattutto sulla considerazione che Mozart avesse scritto il Requiem pensando che lo stava scrivendo per la propria morte . E qua, voglio dire, non si può non pensare che in realtà Tupac stia parlando si della morte di un suo amico, ma in realtà è come se pensasse alla sua .
“Ma ora che sei morto sono nella stanza e penso non voglio morire da solo”.
E ancora, “ Per cercare di finirla ho bevuto un quinto di quella roba (l’Hennessay che è un cognac molto venduto negli States) quando sei morto perché la vita continua “….
E’ abbastanza impressionante, nel senso che lui poi in realtà è morto nello stesso modo qualche qualche mese dopo.
E dicevo prima della della musica, così melodica e così dolce, perché?
Questo è un altro esempio di quanto Tupac fosse un musicista colto e preparato.
In realtà, udite udite, la musica di questo brano non è altro che la rivisitazione, del famoso canone di Johann Pachelbel (1653-1706) un musicista tedesco vissuto appunto nella seconda metà del 1600.
Voi penserete che sto dicendo qualcosa che non sta né in cielo né in terra.
Ma in realtà se vi faccio sentire un un pezzettino di questo canone, che tra l’altro tutti voi dovreste conoscere perché, nel periodo natalizio, ad esempio non si può girare per le strade senza sentirlo in qualche piazza o negozio, la somiglianza risulta evidente.
La tonalità non è la stessa, ma la progressione degli accordi è quella. Tra l’altro Tupac è ancora più classico, diciamo perché utilizza una linea discendente nel basso che da un senso ancora più melodico al tutto, in questo modo
La versione senza questa linea di basso discendente sarebbe questa.
La linea discendente.è questa qua.
Classico o per meglio dire barocco, perché il brano è del periodo barocco al cento per cento .
Ma dobbiamo dire a onor del vero, che Tupac non è stato né il primo, né l’unico, né l’ultimo a utilizzare questa progressione armonica.
Gli esempi, come si suol dire, sono svariati e molteplici. Uno dei primi casi di utilizzo della progressione di questo canone nella musica leggera, molti di voi non lo conosceranno, alcuni forse si, è un brano del 1970. cantato da Demis Roussos, leader degli Aphrodites Child , che si intitola “ Rain and Tears”.
Ve lo faccio sentire un pezzettino.
Pazzesco, vero ? E’ brano che ha avuto un successo incredibile in quegli anni lì. Ma voi direte, vabbè, è un esempio? No. Perché anche il Vasco nazionale nel suo brano probabilmente più famoso, “ Albachiara” ha utilizzato il canone di Pachelbel.
E eccolo qua. Tra l’altro, quando parlo di utilizzare non intendo la linea melodica bensì la progressione degli accordi. Ma intendo la professione degli accordi.
E se l’ha fatto il Vasco nazionale, poteva essere da meno, Jovanotti? No. Jovanotti nel 2008 ha scritto “A te” che avrebbe dovuto dedicare oltra alla persona per la quale è stata scritta anche a Pachelbel, perché, più o meno….. eccolo qua.
Vabbè voi potete dire è un brano molto melodico che ha ispirato canzoni italiane, perché noi italiani, si sa, amiamo molto la melodia. Questo è in parte vero, ma ciò non toglie che anche i ” kitschiosissimi ” Village People, quelli per intendersi di “Macho Man” e “YMCA”, abbiano utilizzato, e si siano ispirati a questo brano nel loro “ Go West” del 1979.
Probabilmente a questa versione, forse Pachelbel si rivolta nella tomba, o forse magari gli piace talmente tanto che si mette a cantarla.
Anche nel Hip Hop questo brano è stato utilizzato. Per esempio da Coolio che nel suo brano “I’ll C” nel 1996 si è ispirato a questo canone.
Questo per dire che, insomma, un brano che è stato utilizzato in tutte le salse.
Tra l’altro la versione di Coolio ci dà la possibilità di capire e di apprezzare ancora di più quanto sia bella e quanto sia più fluida e quanto sia più importante ,secondo me, Life Goes On di Tupac. Perché se voi avete notato anche in questo piccolo frammento, il modo di stare sul tempo di Tupac è molto più rilassato, molto più musicale.
Coolio non è male, ma Tupac, secondo me è un livello decisamente superiore.
Che dire, ascoltatelo, questo brano. Fatelodiventare parte del vostra routine, non dico quotidiana, ma comunque periodica di ascolto, perché ci sono un sacco di cose da imparare. Prima di tutto da godervi, e poi avete soprattutto la possibilità di capire come può fluire un ritmo e come un brano, ti può prendere e avvolgere un po alla volta. E Infine anche come si possa mettere un testo così tosto su una musica di questo tipo . L’effetto è veramente qualcosa di molto interessante.
Una volta che voi cominciate a conoscere il testo, questo brano acquisterà una dimensione ancora diversa, è ancora più bella, almeno questo è quello che è capitato a me e spero che capiti anche a voi.
Detto questo, siamo andati un po’ lunghi, ma ne valeva la pena .
Vi do’ l’appuntamento alla prossima mollica d’ascolto.
Nel frattempo, al solito,
ciao a tutti e….. fate i bravi.
Claude Michel Schonberg c’ha dato dentro mentre componeva Les Miserables… Comunque puntata interessantissima dove ho scoperto un personaggio che merita di essere approfondito, recupererò il più possibile su Tupac Shakur.
Mi sono perso la replica e provo a risponderti qui.
Certo Schoenberg ha utilizzato parecchio questa progressione ne “Les Miserables”. Questo gli ha dato la possibilità di fornire un’omogeneità e un colore comune al musical che è poi una di quelle caratteristiche che differenziano uno spettacolo da un insieme di canzoni come in certe produzioni italiane, che, per quanto belle, non sempre riescono a sottolineare lo sviluppo dell’azione. Poi “Les Miserables” è uno dei miei preferiti visto che è stato il primo che ho visto, a Londra , anni fa. La scena del suicidio di Javert la ricordo ancora e quel tuffo nella Senna mi aveva emozionato parecchio.
Grandissimo musical, mi permetterei di definirlo un’opera tenendo presente lo stile compositivo. Piace molto anche a me, mi piace moltissimo anche il romanzo di Hugo e la trasposizione televisiva con Gastone Moschin. Fa sicuramente parte della mia personalissima Top5 dei musical, ma per quanto ci sia un diversivo comico nella figura dei Thenardier, dato i miei gusti personali, ai primi posti ci sono titoli come “The Producers” (ovviamente parlo dell’insieme, non solo compositivo) diciamo che mi piace ridere… sperando di non diventare “blasfemo” con questa esternazione…
” The Producers” è un grande musical. Sono riuscito a vederlo a New York e mi sono divertito un casino. Anche secondo me la leggerezza e il divertimento sono una parte integrante dell’accostarsi all’arte. Del resto io spero ancora che Will Coyote riesca a prendere Bip Bip . Certo non è arte ma nella vita ci vuole anche questo……
Amo Mel Brooks e amo “Per favore non toccate le vecchiette”, fu un colpo di fulmine nel 2001 quando vidi alla Virgin il cd sullo scaffale dei dischi d’importazione. Quando lo ascoltai mi feci tante di quelle risate! Poi la musica è veramente bella. Recuperai tutto il possibile su quel musical. Pieno di genialate, per poi arrivare al riassunto del musical con tanto di “intervallo”! Sì è proprio meritato i 12 Tony vinti. Irripetibile, già “Young Frankenstein” non è geniale quanto “The Producers” (anche se la nuova versione londinese smussa molto gli errori della versione di Broadway)… vabbè, come al solito “spicco il volo” e apro un sacco di parentesi che esulano dal tema principale…