Nascono lacrime in un oceano salato
Lentamente, tranquillo, profondamente sentito
Ventinovesima puntata
Ci sono voluti circa sessant’anni dalla morte, avvenuta nel 1911, perché la musica di Gustav Mahler venisse, per così dire, sdoganata e presentata al grande pubblico senza essere considerata solamente una produzione per addetti ai lavori.
Il merito di questo deve essere attribuito, in gran parte, al film di Luchino Visconti, “Morte a Venezia” del 1971 che, utilizzando nella colonna sonora le note di quello che sarebbe poi diventato il famoso “Adagietto” tratto dalla quinta sinfonia , contribuì a far conoscere al mondo la musica del compositore boemo.

Gustav Mahler , nato in Boemia nel 1860 e morto a Vienna nel 1911, rappresenta un caso particolare ed emblematico all’interno della storia della musica perché in vita era stimato e apprezzato in tutto il mondo come direttore d’orchestra e direttore artistico di teatri molto importanti ma molto meno stimato e compreso dal pubblico come compositore.
Alcuni sostenevano infatti che le sue composizioni fossero monumentali e prolisse, che denotassero una incoerenza stilistica e un’eccessiva mescolanza di generi e musiche di varia provenienza. Altri, soprattutto i musicisti delle “nuove generazioni” lo amavano e lo consideravano come un compositore fondamentale nel passaggio tra la musica dell’ottocento e le nuove tendenze del secolo entrante.

Mahler si dedicò principalmente a due tipi di composizioni, le sinfonie e i “Lieder“.
I Lieder rappresentano una forma musicale tipica della musica tedesca e , generalmente, sono strutturati per voce e pianoforte, quasi degli antesignani di quelle che oggi sono le canzoni.
I Lieder di Mahler invece sono composizioni per voce ed orchestra e sono riuniti in raccolte dalle dimensioni spesso imponenti.
L’altro genere , quello sinfonico, rappresentava per lui la costruzione di un mondo, come lui stesso ha definito, “con tutti i mezzi tecnici a disposizione”.
Questo fatto già ci può dare un’idea del modo totalizzante con il quale Mahler affrontava la composizione di queste opere.
I brani del catalogo di Mahler non sono molto numerosi ma ogni “numero” è imponente, importante, di grande dimensione, monumentale, si potrebbe dire.
Ha scritto nove sinfonie, senza portare a termine la decima, tutte di durata abbondantemente superiore all’ora. Chiaramente questo fatto crea un po’ di soggezione in chi si avvicina alla sua musica e, certamente, si può essere intimoriti, all’inizio, di fronte all’impegno richiesto nell’ascolto.
L’esempio tipico di questa imponenza è dato dalla sua Ottava Sinfonia definita la “Sinfonia dei Mille” appunto perché l’organico, tra orchestra e cori vari, raggiunge le mille persone. Ma tutte le sue sinfonie richiedono orchestre con organici importanti che hanno contribuito alla creazione di quel fenomeno tra fine Ottocento e primi del Novecento, definito del “gigantismo orchestrale”.

A tutto questo di deve aggiungere il fatto che Mahler inserisce spesso, nei suoi lavori, anche echi di musica cosiddetta “non colta”. Possiamo trovare, sparse qua e le marce militari, o funebri, danze popolari, frammenti di musica Klezmer, fanfare, canti popolari, suoni della natura e tutto ciò contribuiva a creare un certo disorientamento negli ascoltatori che si trovavano di fronte a soluzioni musicali a volte imprevedibili.
Un esempio di questo, a volte, strano modo di procedere lo troviamo già nella prima sinfonia dove, all’inizio del terzo movimento, Mahler utilizza il motivo di una canzoncina popolare “Frère Jacques”, da noi conosciuta come “Fra Martino” che di solito viene eseguita dai bambini a canone.
La canzoncina , la conoscete tutti, suonata fa così
Mahler la utilizza in modo stranissimo. Per prima cosa la fa iniziare con un ritmo di timpani che sembrano introdurre una marcia funebre. Poi fa suonare la melodia da un contrabbasso che, notoriamente, ha una sonorità molto grave, scura e per niente infantile. Oltre a tutto questo il tocco geniale che rende l’atmosfera ancora più cupa e straniante è che la melodia viene eseguita in tono minore il che rende il tutto ancora più inquietante e straniante.

Il risultato è questo
Esempi dell’utilizzo di musiche popolari o anche infantili ne troviamo parecchi all’interno delle composizioni di Mahler perché lui aveva questa doppia anima, da un lato era molto tormentato e introverso, ma dall’altro molto fanciullesco e giocoso, come ha sottolineato più volte un grandissimo direttore d’orchestra, Leonard Bernstein che, tra l’altro, è stato uno dei principali fautori della riscoperta, o della scoperta, della musica di Mahler.
Un’altra fatto da sottolineare per quanto riguarda la vita di Gustav Mahler era la fama riconosciuta come direttore d’orchestra che rappresentava la sua attività principale e che lo occupava per nove, dieci mesi all’anno. Questo lo costringeva a dedicarsi alla composizione solamente durante i mesi estivi che lui passava spesso in solitudine a comporre, rivedere e riorchestrare i suoi lavori che avevano gestazioni molto lunghe, a volte di due o tre anni.
Questa sua attività di direttore l’ha portato, ovviamente, a sviluppare una capacità di scrittura orchestrale molto approfondita che rende estremamente interessanti tutti i suoi lavori. Oltre a questo, bisogna assolutamente sottolineare la sua capacità e l’inventiva per quello che riguarda la creazione di melodie veramente toccanti da un punto di vista emotivo che, generalmente, hanno uno sviluppo molto ampio e articolato al punto tale che qualche critico parla, nel suo caso, di “melodia infinita”.
Uno dei più importanti esempi di questa capacità lo troviamo in quello che forse è il suo brano più conosciuto, utilizzato, come detto, anche da Luchino Visconti nel suo film, che è il quarto movimento della sua quinta sinfonia intitolato “Adagietto” utilizzato più volte in molte occasioni, come commemorazioni, anniversari o cerimonie importanti, il cui inizio è questo
E’ un brano che, per la sua delicatezza e melodicità dovute anche alla scarna strumentazione, solo archi e un’arpa che accompagna, spesso viene eseguito anche estrapolato dalla sinfonia per la quale è stato composto e che continua ad avere, ancor oggi, un grande successo.
Se devo però pensare a un brano di Mahler che mi ha veramente fatto scoprire tutta la bellezza e la complessità della sua musica e che ha definitivamente posto il compositore boemo tra quelli che preferisco, il brano che ha fatto scattare in me l’innamoramento per il suo modo di comporre penso all’ultimo movimento della sua terza sinfonia.
La terza sinfonia è una delle più imponenti tra quelle composte da Mahler, non tanto come organico, in questo caso l’Ottava è imbattibile, ma come durata. Supera abbondantemente i novanta minuti. Anche l’orchestrazione è importante in quanto oltre all’orchestra troviamo una cantante solista e un coro di bambini.
L’ultimo movimento di questa sinfonia è di una bellezza quasi indescrivibile.

Se dovessimo spiegare con delle parole le sensazioni che questo brano può dare potremmo adoperare quelle scritte in una lettera dal compositore Arnold Schonberg che, dopo aver assistito all’esecuzione di questo lavoro scrive:
” Ho visto la sua anima nuda, completamente nuda. Era stesa davanti a me come un paese selvaggio, eppure con i suoi parati ridenti, soleggiati, leggiadri e idilliaci luoghi di riposo. Che cosa conta se sono un buono o un cattivo esegeta delle sensazioni che l’esperienza scatena in me? Devo capire esattamente quanto vissuto e sentito? Ho sentito la lotta per le illusioni. Ho sentito il dolore della delusione. Ho visto un uomo in tormentosa agitazione cercare, faticosamente, l’armonia interiore. Ho sentito un uomo, un dramma, una verità, una verità senza reticenze.”
Abbastanza auto esplicativo direi.
La bellezza di questo brano ti avvolge subito perché comincia con una melodia suonata dagli archi che è veramente qualcosa di celestiale. Eccola qua
Di fronte a tanta bellezza, tanta dolcezza e tanto struggimento c’è veramente poco da aggiungere.
Mahler, all’inizio, aveva dato un sottotitolo a ciascuno dei movimenti della terza sinfonia, che poi ha rimosso. Il sottotitolo di questo movimento era :” Quello che l’amore mi racconta”.
Ed è chiaro che le sinfonie di Mahler sono da una parte monumentali ma, dall’altra molto delicate e mirabili. Dovendo fare un esempio sono più una” Sagrada Familia” che una “Notre Dame de Paris”. E’ modernità e bellezza insieme. Ma non tutta la modernità è uguale. C’è quella di stampo pagano come il “Sacre du Printemps” di Stravinskij, c’è una musica più religiosa come quella di autori tipo Messiaen, poi c’è la terza via che è quella di una musica grandiosamente spirituale come quella di Mahler.
Dopo questo inizio il brano prosegue e, a un certo punto, entra un oboe con una melodia fatta di pochissime note, alla quale subentra un’altra melodia suonata da un corno francese in un altro dei momenti veramente celestiali
Il brano non prosegue tutto con quest’atmosfera così celestiale perché, sempre facendo riferimento a quanto scritto da Schonberg, lui ha sentito anche
” Un paese selvaggio e misterioso, con le sue voragini e i suoi abissi raccapriccianti”, e ha sentito anche “il dolore della delusione e ho visto combattere tra loro forze buone e malvage”.
Come in questo passaggio
Dopo questo momento così denso e carico la musica quasi si ferma. Poi assistiamo ad un altro momento struggente perché la sezione fiati riprende, in pratica, il tema esposto dagli archi all’inizio, solo che lo fa con una delicatezza inusuale per strumenti di quel tipo, soprattutto gli ottoni. Ad enfatizzare la ricerca di una sonorità soffusa spesso, nei concerti, gli strumentisti coprono la campana dei loro strumenti con dei panni neri per attutirne il suono. Questo è n altro dei momenti topici di questo brano

E’ da immaginare l’attenzione e la delicatezza con cui questi musicisti suonano degli strumenti che, solitamente, hanno una sonorità molto “ingombrante” per ricavarne, invece un suono così delicato ed etereo.
Gli esempi di cui parlo sono tutti suonati dall’orchestra del Festival di Lucerna diretta da quel grandissimo direttore che è stato Claudio Abbado che ci ha lasciato, purtroppo, qualche anno fa.

Finito questo momento il brano, che solitamente dura una ventina di minuti, si avvia alla conclusione.
Gli archi, i fiati si uniscono e tutta l’orchestra si avvia verso il finale per eseguire il tema principale in un altro dei momenti topici di tutta la composizione
Per finire devo confessare la mia titubanza ed indecisione nell’affrontare questa “Mollica” perché questo è uno di quei brani che da una parte apprezzo tantissimo, ma dall’atra ti fanno sentire veramente piccolo e inadatto a parlare e affrontare una costruzione così complessa e articolata, ed è molto difficile rendere con le parole le sensazioni e le emozioni che un brano di questo tipo può suscitare.
Spero di esserci riuscito, almeno in parte. Resta il fatto che è una composizione che va ascoltata con attenzione perché è qualcosa che ti fa crescere da tutti i punti di vista.
Quando ci si confronta con la bellezza, come in questo caso, non si può che rimanerne colpiti e influenzati positivamente. Questo è quello che auguro a tutti noi.