Il brano più famoso di un autore conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo.

Puntata numero ottantaquattro

La sera del 7 settembre 1959 durante la diretta televisiva di una trasmissione di varietà di grande successo, “Serata di Gala”, presentata da Emma Danieli, il pubblico,  in studio e a casa, assiste, esterrefatto ad una dichiarazione che lascia tutti senza parole:

Il motivo per il quale lascio la mia professione, anzi per meglio dire  la mia attuale attività è questo: quando mi accorsi che la mia carriera si avviava al successo feci una promessa a me stesso, una promessa molto importante. Avrei lasciato nel momento migliore, nel momento di maggiore popolarità. Una popolarità che voi stessi mi avete, con tutto il cuore, dato, e per questo vi ringrazio. Bene, preferisco ritirarmi cento metri prima che dopo quel famoso limite dopo il quale esistono molte incognite”.

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Questa dichiarazione è di uno dei musicisti e dei cantanti di maggior successo in quegli anni, famosissimo sia in Italia che all’estero, Renato Carosone.

Renato Carosone

L’idea di  realizzare questa puntata mi è venuta mentre stavo terminando quella della settimana scorsa che aveva come protagonista Fred Buscaglione. In questo caso si può ben dire che “una puntata tira l’altra”.

Molti sono infatti gli elementi che questi due personaggi hanno in comune. Cercheremo di sviscerarli nel corso di questo racconto sottolineando, ovviamente, anche le notevoli  differenze che rendono entrambi artisti unici e irripetibili.

Ambedue sono nati nello  stesso periodo, anche se Carosone è del 1920 quindi di un anno più anziano. La prima cosa da specificare è che il suo vero cognome sarebbe Carusone. Probabilmente, a causa dei molti errori di trascrizione  anagrafica di quel periodo, la lettera U venne sostituita con la O e il cognome Carosone gli rimase appiccicato per tutta la vita.

Anche lui dimostrò fin da giovanissimo un notevole talento per la musica. Si iscrisse al conservatorio “San Pietro a Maiella” di Napoli dove , a differenza di Buscaglione, portò a termine gli studi, diplomandosi, a soli diciassette anni, in pianoforte.

Conservatorio S. Petro a Maiella

Mentre Buscaglione, come abbiamo detto, era un polistrumentista, Carosone si dedicò praticamente solo al pianoforte. Ogni tanto utilizzò anche la fisarmonica ma, in definitiva, fu il pianoforte, strumento del quale divenne un  virtuoso acclamato, ad accompagnarlo per tutta la vita.

Anche Renato Carosone, pertanto, è stato un musicista con una grandissima preparazione musicale e un grande talento, qualità che dimostrerà durante tutta la sua carriera.

Appena diplomato venne subito scritturato in una compagnia. Si imbarco per l’Africa arrivando in Eritrea dove lavorò come musicista per parecchi anni e dove fu poi costretto a combattere durante la Seconda Guerra mondiale.

Finita la guerra ritornò a Napoli città alla quale rimase legato per moltissimi anni e le cui influenze sono presenti in tutta la sua produzione. Quasi tutti i brani che lui ha scritto sono cantati, infatti in lingua napoletana e questo fatto ha contribuito non poco al suo successo internazionale.

Fu infatti tra i primi musicisti e cantanti italiani, di musica leggera, a fare tournée all’estero. Si esibì infatti anche oltre oceano a Cuba o in Brasile, ad esempio. Fu inoltre il primo musicista italiano non di musica classica ad esibirsi alla famosa “Carnegie Hall” di New York dove ottenne un successo clamoroso.

Carnegie Hall

A proposito del suo successo, non come interprete, ma  come autore, potremmo utilizzare un detto estrapolato dalla Settimana Enigmistica “Forse non tutti sanno che….”  Forse non tutti sanno che, infatti il  primo brano che scrisse, e che ebbe un notevole riscontro di pubblico, fu da lui scritto, nel 1948, in collaborazione con un compositore milanese, Giovanni d’Anzi, qui in veste però solo di paroliere con lo pseudonimo di “Notorius”. La canzone si intitola “ La Rumba del Cocoricò” e fu interpretata da Nilla Pizzi, famosissima in quegli anni. Il testo è veramente ironico e leggero e da già l’idea di quelle che saranno poi le liriche che caratterizzeranno i futuri successi di Carosone:

Nilla Pizzi

“Questa è la Rumba del muchacho stravagante,
questa è la Rumba del muchacho balbuziente,
questa è la Rumba che tutta la gente
vi canterà: Coo-Coo-Cocoricò”.

La canzone ebbe un grande successo e venne ripresa molti decenni dopo, riarrangiata e rimixata da un D.J.,  da “Le Iene” come sigla della loro trasmissione televisiva.

Questa è la versione originale

Rumba del Cocoricò

Bisogna sottolineare però che gli inizi di Renato Carosone come autore ed esecutore di canzoni, nonostante questo, non furono affatto facili.

Fece un provino per la Fonit Cetra ma fu bocciato dai dirigenti responsabili (abbastanza irresponsabili in questo caso, secondo me). A questo proposito rimane famosa la frase che  disse a lui e ai suoi musicisti un importante impresario svizzero, titolare di una catena di locali notturni :

Trovatevi un altro mestiere, un mestiere serio e lasciate perdere.”

Fortunatamente, come successe anche per Buscaglione, arrivò in suo soccorso un amico e collega, Sergio Bruni, che, dopo aver ascoltato Carosone e il suo gruppo, decise di aiutarli permettendo loro di far uscire nel 1950 un primo disco a 78 giri per la Pathé, un’importante casa discografica.

Da quel momento la sua carriera cominciò a decollare.

Inizio trasmissioni

Fu il primo cantante ad apparire in televisione, il 3 gennaio 1954, a poche ore dall’inizio ufficiale delle trasmissioni in rete nazionale della RAI. La trasmissione si intitolava “L’Orchestra delle Quindici” e lui fu il primo ospite in assoluto riuscendo così a presentarsi ad un pubblico molto vasto che era, indubbiamente, incuriosito dalla novità.

Anche lui, come Buscaglione, rimase affascinato e colpito dalla musica che arrivava in Italia, in quegli anni, dal Nord America. Le influenze di Carosone, però, furono più ampie. Non solamente la musica jazz, che rimase la fonte di ispirazione più grande, ma anche i ritmi e i colori del centro e del sud, come Il Mambo, il Cha-cha cha o la Rumba, che stavano diventando sempre più popolari.

Quello che lo rende unico nel panorama musicale italiano è il fatto di aver sempre utilizzato un risvolto ironico e a volte satirico, per raccontare le storie delle sue canzoni.

In questo senso si può affermare che sia stato l’erede di tutti coloro i quali si esibivano nei Cafè Chantant e nei cabaret di Napoli tra la fine dell’800 e i primi decenni del 900. Un modo di fare musica che poi troverà sbocco nella Rivista e nell’Avanspettacolo con personaggi importanti come Erminio Macario o Renato Rascel, per citarne solo alcuni.

Sono pochissimi gli autori di musica leggera, anche al giorno d’oggi, che utilizzano la musica sfruttandone le caratteristiche per fare dell’ironia e del sarcasmo. Carosone ha fatto di questo aspetto, invece, la sua cifra stilistica. Sia i testi che venivano scritti per lui, che la musica e gli arrangiamenti dei suoi brani, sono infatti pervasi da una costante “vis comica” . Le sue canzoni di successo sono, quasi sempre, leggere, spumeggianti con sonorità accattivanti e coinvolgenti.

A questo riguardo alcuni incontri sono risultati fondamentali nella vita artistica di Carosone.

Gegè Di Giacomo e Carosone

Il primo fu quello col batterista Gegè Di Giacomo, nipote del famoso poeta e drammaturgo Salvatore Di Giacomo. Narra la leggenda che si videro per la prima volta in un night di Napoli. Carosone stava provando con il chitarrista olandese Van Wood ed era in attesa del batterista. Ad un certo punto arrivò Gegè Di Giacomo e si presentò:

Sono il batterista”, al che Carosone rispose:

 “Ma la batteria dov’è?”

Non ce l’ho perché l’ho portata a cromare” (lucidare e sistemare i cerchi dei tamburi).

 “E allora come facciamo?”.

 ” Non ti preoccupare”.

Gegè Di Giacomo andò in cucina, prese delle posate, dei piatti e bicchieri e organizzò all’istante uno strumento musicale.

Carosone comprese di aver trovato il suo “alter ego”, cioè la persona che gli serviva per far risaltare l’aspetto ironico e da “guappo” presente nelle sue canzoni.

Queste caratteristiche le ritroviamo non solo nelle canzoni originali di Carosone ma anche nelle rivisitazioni, oggi si chiamerebbero cover, di brani altrui di successo.

Spesso, infatti, lo scopo era quello di cambiare sia il senso che l’intenzione delle canzoni di cui voleva fare la parodia.

A questo proposito è estremamente significativa la sua versione di un brano che venne presentato al Festival di San Remo nel 1954. Era cantato da Gino Latilla con un titolo tristissimo “E la Barca Tornò Sola”. E’ la storia di tre fratelli pescatori che vogliono salvare una donna in pericolo in alto mare ma, purtroppo, il mare in tempesta se li porta via.

Nella versione originale il brano è strappalacrime e con una melodia mesta e cupa fin dall’inizio

E la Barca Tornò Sola originale

E’ un brano tipico della musica leggera italiana della metà degli anni 50. Queste canzoni rimanevano , se così si può dire, nel solco della tradizione delle arie della nostra opera lirica senza averne ovviamente lo spessore compositivo e limitandosi a copiarne gli aspetti melodici più superficiali.

La versione di Carosone, frutto anche di un’intuizione comica di Gegè di Giacomo, mette alla berlina questa mielosità sentimentale utilizzando la famosa frase che viene ripetuta numerose volte durante il racconto della vicenda “E a me che me ne importa”, quasi un moderno tormentone. Ovviamente per prendere in giro il Festival di San Remo in quegli anni bisognava essere veramente in gamba, oppure incoscienti

E la Barca Tornò Sola versione Carosone

Sempre nell’ambito delle cover una delle più famose, che prende spunto da un ritmo latino, il mambo, è proprio “Mambo Italiano”. È una versione del 1955 di un brano americano scritto un anno prima. Il testo è una commistione di italiano, americano maccheronico e napoletano con un ritornello che suona così:

Hey mambo, mambo Italiano
Hey mambo, mambo Italiano
Go, go, go, you mixed up Siciliano
All you Calabrese-a, do the mambo like-a crazy
Hey mambo, don’t wanna tarantella
Hey mambo, no more mozzarella
Hey mambo, mambo Italiano
Try an insalata with da fish-a-bacala”

Questo modo di mixare idiomi così diversi venne poi ulteriormente sdoganato da Dean Martin nella sua famosissima versione di “That’s Amore”.

La versione di Carosone suona così

Mambo Italiano

Potremmo anche dire che questo modo di utilizzare lingue diverse accostandole tra loro sarà poi una delle caratteristiche principali dei testi composti da un altro grandissimo cantautore napoletano di qualche decennio successivo che, senza ombra di dubbio, conosceva e amava la produzione di Carosone, e che risponde al nome di Pino Daniele.

Un altro momento determinate nella vita e nella carriera di Carosone fu l’incontro, avvenuto nel 1955, con il paroliere Nisa, pseudonimo di Nicola Salerno. I due furono presentati dal direttore delle Edizioni Ricordi Mariano Rapetti, padre di Mogol.

Il loro rapporto artistico ricorda quello tra Buscaglione e Leo Chiosso. Entrambi avevano infatti uno spiccato senso dell’umorismo e dall’incontro tra queste due menti creative nacquero tutti i più grandi successi di Carosone della seconda metà degli anni 50.

Da un punto di vista musicale queste canzoni presentano e rafforzano le influenze della musica d’oltre oceano già palesate in precedenza, mentre per quello che riguarda i testi, lo scopo è quello di mettere alla berlina e di dissacrare tutti i miti, i personaggi, e i modi di essere imposti dalla cultura americana, che stavano così pesantemente influenzando i nostri gusti e costumi.

Quasi ogni canzone, scritta da questo fantastico duo di autori, prende di mira uno stereotipo di personaggio.

Caravan Petrol” ad esempio ironizza su chi nella vita, ha lo scopo solo di raggiungere fama e fortuna cercando il petrolio.

O Mafiuso” mette, con grande coraggio, alla berlina la figura del bullo mafioso di periferia.

Pigliate Na Pastiglia” stigmatizza l’abitudine, che allora cominciava a dilagare, e che fa molte vittime ancor oggi, di ricorrere ai farmaci miracolosi per qualsiasi tipo di disturbo o disagio.

Molto azzeccato è quel ritratto così pungente che troviamo nella canzone “Torero”. Si tratta delle vicende di un ragazzo affascinato e circuito da tutti i fumetti americani che legge avidamente, che lo fanno evadere dai problemi e che lo allontanano dalla vita reale.

Il testo così racconta:

Te fanno gira’ a’ capa sti fumette
Guardannote ‘into’ ‘o specchio
Vuoi fare il Toreador
Comme fanno a Santafè
Comme fanno ad “Ollivud”
E cu’ sta scusa, oi ni, nun studie cchiu

Oh! Torero
Te si’ piazzato ‘ncapo stu sombrero
Dice ca’ si’ spagnuolo e nun e”o vero
Che nacchere ‘in t”a sacca vai a balla’
Mescolando bolero e cia’-cia’
Chi vuo’ ‘mbruglia’

Torero
Cu’ sti basette a’ sudamericano
Cu’ ‘nu sicaro avana
E ‘a cammesella ‘e picche’
Torero, torero
Ole!”

Oltre a essere ironica questa canzone è estremamente interessante anche da un punto di vista musicale, sia ritmicamente che per quello che riguarda i “colori” e i timbri strumentali usati

Torero

Probabilmente il più significativo di questi ritratti, il vero capolavoro, è la canzone che mette alla berlina la moda, attualissima ancor oggi, di copiare tutto ciò che ci arriva, sia come modi di fare che culturalmente,  dall’America del nord , il cui titolo è “Tu Vuo’ Fa l’Americano”. Si tratta di uno dei primi testi che Nisa ha scritto per Carosone. E’ una fotografia un pò spietata ma ironica e , in fondo, benevola, di un certo modo di essere ed agire.

Il testo contiene immagini che arrivano direttamente al cuore del problema con immediatezza e semplicità. La sintesi è l’arma potente con la quale gli autori rappresentano con estrema efficacia tutto un modo di essere e di agire:

Puorte ‘e calzune cu nu stemma arreto ( i calzoni con lo stemma dietro sono i jeans)
Na cuppulella cu ‘a visiera aizata
Passa scampanianno pe’ Tuledo  (
famosa via di Napoli)
Comm’a nu guappo, pe’ te fa’ guardà

Tu vuo’ fa’ l’americano
‘Mericano, ‘mericano
Sient’a mme chi t’ ‘o ffa fa’?
Tu vuoi vivere alla moda
(questi versi sono geniali)
Ma se bevi “whisky and soda”
Po’ te siente ‘e disturba’

Tu abball’ o’ rock’n’roll
Tu gioch’ a baseball
Ma ‘e sorde p’ è Camel (
famosa marca di sigarette)
Chi te li dà
La borsetta di mammà

Tu vuo’ fa’ l’americano
‘Mericano, mericano
Ma si’ nato in Italy
Sient’ a mme, nun ce sta niente ‘a fa’
Ok, napulitan”.

C’è anche un verso che irride l’abitudine tutta italiana di utilizzare la lingua inglese anche quando non c’è bisogno, solamente perché fa più “figo” o, per dirla all’inglese appunto…..è più “cool”

“Comme te po’ capi’ chi te vo’ bene
Si tu le parle miezo americano?
Quanno se fa l’ammore sott’ ‘a luna
Comme te vene ‘ncapa ‘e di’ “I love you”?  (
come ti viene in testa di dire “i love you?”)

Da un punto di vista musicale, pur essendo abbastanza semplice per quello che riguarda la parte armonica, cioè la successione degli accordi, questa canzone ha delle soluzioni  molto interessanti

Tu vuò fa” l’americano inizio

E’ importante notare che quando il testo arriva alla frase ”Tu abball’ o rock’n’roll…” il brano ha uno sviluppo particolare. La velocità sembra raddoppiare ma in realtà rimane la stessa. Quello che cambia è la figurazione ritmica del contrabbasso che suona in uno stile definito “walking bass”, letteralmente “il basso che cammina”. Questo modo di suonare è mutuato dalla musica jazz e anche dal rock’n’roll e dal rockabilly. In pratica il contrabbasso sottolinea tutti i battiti in modo da dare alla canzone, nel momento dell’inciso, una notevole spinta ritmica e un andamento più swingato

Inciso e seconda parte

Da notare che anche il cantato, che prima era più aperto e melodico, diviene in questo punto più asciutto, più corto ed incisivo.

Questa canzone ha avuto un successo notevolissimo in tutto il mondo ed è tutt’oggi quella più conosciuta nella produzione di Carosone.  Negli anni seguenti molti artisti l’hanno riproposta e se ne contano parecchie versioni. È stata anche campionata, cioè ne sono stati presi dei frammenti, inseriti successivamente in altre canzoni, con una tecnica molto usata dagli artisti Hip Hop.

Fa sorridere oggi pensare che Carosone poté cantare in televisione questo pezzo solo due anni dopo la sua composizione a causa della censura abbattutasi sulla frase “ Ma ‘e sorde p’ è Camel chi te li dà?” . Questo verso  dovette essere sostituito con “ Ma ‘e sorde p’è  campà chi te li da?” pena la messa al bando della canzone. E questo ci deve far riflettere su come fossero diverse la mentalità e la morale in quegli anni, rappresentate dalla televisione, che ne era a sua volta lo specchio.

L’ultimo aspetto in comune che unisce le vicende e la storia di Carosone e Buscaglione è il periodo in cui hanno chiuso la loro carriera anche se per cause diverse. Buscaglione per l’incidente che ne causò la morte nei primi mesi del 1960 e Carosone per propria volontà con la dichiarazione in diretta televisiva, fatta proprio alla fine degli anni 50, che ho riportato all’inizio di questo racconto.

A proposito di questo volevo finire segnalandovi una frase che lo stesso Carosone scrisse, successivamente, in una lettera per spiegare meglio il suo intento:

Mi ritiro per scendere dalla ribalta mentre sono ancora vivo, finché la mia faccia non ha ancora incominciato ad annoiare