Risonanza
Sesta Puntata prima parte
Un dilemma meno pressante di quello di Amleto ma non per questo meno stressante
Ciao a tutti e benvenuti alla sesta puntata di Molliche d’Ascolto.
Questa puntata dedicata a un argomento che mi è stato proposto da uno di voi e riguarda le cosidette Cover.
Cos’è una cover? Quali sono le sue caratteristiche? Perché si fanno le cover…….?
Cos’è una cover? Bella domanda.
Una cover, nell’ambito della musica leggera è, In sostanza, quello che fa un artista quando ripropone un brano, già editato, scritto ed interpretato da un altro artista che ne può essere sia l’autore che l’esecutore.
Per capire cos’è una cover bisogna anche, un attimo, capire come è fatto un brano musicale o come è fatta una canzone , visto che le cover, generalmente, riguardano le canzoni.
In una canzone, praticamente, ci sono tre elementi : una linea melodica, il ritmo e quello che sta in mezzo che è la parte armonica, cioè la parte degli accordi. Per capirsi è quella parte che viene di solito eseguita da chi accompagna la voce con una chitarra o un pianoforte. E’, in pratica, la parte che crea un collegamento tra la melodia e il ritmo.
In realtà ognuna di queste componenti ha a che fare con le altre. Non si tratta di tre mondi separati.
Diciamo che la cover dovrebbe avere la caratteristica di mantenere la melodia originale, che è l’unico elemento identificativo della canzone, mentre gli altri due elementi possono essere cambiati.
In sostanza fare una cover è come mettere un vestito addosso a qualcuno.
La stessa persona acquista una presenza completamente diversa se indossa un vestito, ad esempio, da sposa, oppure una tuta da ginnastica ecc. Il soggetto rimane quello ma l’impatto è completamente differente.
La cosa che non si può, o non si dovrebbe mai toccare in una cover, è la linea melodica perché è quella che caratterizza il brano. Non a caso quando un autore vuole depositare un brano, ad esempio alla SIAE, l’unica parte che si può depositare è la linea melodica perché il resto, parte ritmica, armonica e arrangiamento, non son depositabili in quanto non soggetti a diritti, tranne particolari eccezioni.
Ma entriamo un po’ nel dettaglio e cominciamo a fare un esempio e prendiamo uno degli autori più prolifici ed importanti di musica leggera, come Elton John.
Elton John nel suo quinto album “Honky Chateau” del 1972, ha inciso un brano intitolato “Rocket Man”, che è questo.
Piu o meno una ventina di anni dopo, nel 1991, in un album intitolato “ Two Rooms Celebrating the Songs of Elton John”, inciso anche con l’aiuto di Bernie Taupin, che è sempre stato il paroliere di E. John, Kate Bush, cantante e cantautrice britannica, ne ha dato questa versione
Questa è quella che si definisce una cover abbastanza contenuta, nel senso che Kate Bush ha mantenuto la linea melodica modificando il “vestito” che sta intorno a questa melodia. Ha scelto all’inizio un tappeto di tastiere che da un’ ‘dea diversa in luogo del tipico accompagnamento al pianoforte di Elton John. Tra l’altro E. John utilizza tanto spesso questo modo di suonare che è diventato uno stile chiamato “EltonJohnnish”, e che rende spesso le sue canzoni, ma questa è un’opinione del tutto personale, abbastanza uniformi. Questo fa di lui, autore molto importante, prolifico e molto interessante, un interprete che, secondo me, tende ad eseguire tutto più o meno nello stesso modo.
L’aspetto che Kate Bush ha modificato in modo importante, è l’aspetto ritmico, nel senso che nel ritornello viene utilizzato uni andamento molto simil reggae, che rende l’esecuzione rotonda e morbida, secondo me parecchio interessante.
Questo è un modo intelligente e creativo di fare una cover. Poi ognuno può esprimere le proprie preferenze ma, in ogni caso, c’è un pensiero dietro che ne giustifica l’attuazione e la realizzazione artistica.
Per fare un altro esempio, agli inizi degli anni settanta, un gruppo italiano che si chiamava “Premiata Forneria Marconi” , oggi , semplicemente PFM, in un periodo in cui la musica era parecchio articolata e i brani spesso molto lunghi, il periodo del cosi detto “ Progressive Rock”, incise quella che in realtà è, a tutti gli effetti, una canzone, che ha avuto un successo strepitoso e che , ancora oggi, è probabilmente il loro brano più conosciuto, intitolato “Impressioni di Settembre“, che è questa.
E’ un brano molto rappresentativo di quel periodo, a tinte e contrasti forti, con una chitarra acustica delicata all’inizio e poi l’esplosione melodica ottenuta con l’uso, per le prime volte in Italia, di uno dei primi sintetizzatori chiamato Mini Moog, praticamente l’antesignano di tutte le tastiere moderne.
Questo brano è stato oggetto di svariate cover tipo, ad esempio, una realizzata da un gruppo piemontese, i “Marlene Kuntz”, formatosi alla fine degli anni ottanta, che nell’album “The Best of Marlene Kuntz”, ne hanno dato questa versione
Questo è un esempio abbastanza diverso rispetto al precedente perché, a parte qualche piccola operazione di maquillage, e l’utilizzo di sonorità un po’ più moderne , giustificate anche dal fatto che il brano è stato registrato quasi trent’anni dopo la versione della PFM, il brano, sostanzialmente, è la stessa cosa. C’è una chitarra elettrica in luogo di quella acustica, ma l’inciso è esattamente identico, e la melodia è suonata nello stesso modo,
E’ una cover che, a mio giudizio, manca di progettualità artistica. E’, semplicemente, un rifacimento di un brano, migliorato ovviamente da un punto di vista sonoro anche grazie agli strumenti che, negli anni, sono divenuti più performanti ma, in sostanza, è una versione che non aggiunge nulla a quella della PFM.
Completamente diverso è il discorso per la versione di Kate Bush che, come già detto, può piacere o meno, ma indica un’idea diversa del brano stesso.
Questo può accadere perché, in musica, si assiste a un fenomeno particolare.
Intanto non esiste un’unica versione di un brano. Quelli che voi sentite utilizzando i vari mezzi di riproduzione, sono come le fotografie, rappresentano, cioè, le istantanee di un momento perché ogni volta che un brano viene proposto anche semplicemente per il fatto di essere un’attività umana, viene riproposto in modo diverso, vuoi per la velocità, la strumentazione, la dinamica, il numero degli esecutori e chi più ne ha…..
In sostanza in musica non esiste la versione definitiva, e non esiste nemmeno la migliore versione.
L’altro aspetto fondamentale, che per alcuni è il più duro da accettare, è che non è detto che l’autore di un brano sia anche il miglior interprete dello stesso.
Perché scrivere un brano ed eseguirlo sono due attività completamente diverse che richiedono abilità diverse. Per chiarire il concetto si può fare un parallelo con la drammaturgia letteraria.
E’ evidente come quasi nessun autore sia in grado di recitare la propria commedia, romanzo, poesia, come lo farebbe un attore che impiega tutto il proprio tempo a perfezionare l’arte della recitazione.
Tornando a noi e all’esempio di prima, a mio modesto avviso, Elton John, autore formidabile, non è il miglior interprete di alcuni dei suoi brani perché, come tale, si fa a volte condizionare dal suo modo di suonare il pianoforte e tende ad eseguire molti brani nello stesso modo.
Per spiegare meglio il concetto vi racconto un aneddoto.
Qualche anno fa c’è stata una festa per i cinquanta anni di carriera di Paul McCartney, uno dei Fab Four, nella quale molti artisti sono stati invitati a cantare i suoi pezzi, appunto.
A un certo punto lui è salito sul palco per eseguire uno dei suoi brani e la prima cosa che ha detto è stata, più o meno, :” Ringrazio i miei colleghi molti dei quali hanno dato dei miei pezzi delle versioni che io non avrei mai immaginato perché io non ci vedevo dentro tutto quello che ci hanno visto loro”.
Questa è la sintesi perfetta di cosa vuol dire fare musica e scrivere dei brani.
Volevo finire questa Mollica portandovi l’esempio di un tipo di cover completamente diverso ed estremo, se si può dire. E’ un brano che è diventato famosissimo per essere stato uno dei primi esempi di canzone a sfondo erotico alla fine degli anni Sessanta, che è “Je t’aime moi non plus” del duo Jane Birkin e Serge Gainsburg, che faceva così
Più o meno una trentina di anni dopo un gruppo tedesco dal nome impronunciabile “Einsturzende Neubauten” un ensemble molto importante per aver, tra le altre cose, fatto un uso creativo del rumore attraverso l’uso di strumenti del tutto non convenzionali tipo tubi di metallo e simili, ha fatto di questo brano una che non si può nemmeno definire esattamente una cover perché è una reinterpretazione, ma ve la faccio sentire tanto per capire cosa vuol dire lavorare su un pezzo in modo creativo. In questa versione il brano è strumentale e molto corto suonato con un uso minimalista dei mezzi ma con molta genialità. E’ questo
In realtà loro, per correttezza, hanno anche modificato il titolo che è “Jet’m”.
Che dire, questa versione può piacere o no, suscitare curiosità o ribrezzo, si può gridare allo scandalo ecc ecc , ma non si può dire che non ci sia un progetto, un ‘idea. Tutti i suoni che avete sentito, così crudi e distorti e la scansione ritmica apparentemente semplice che, ad un ascolto attento non si rivela per niente tale, fanno capire che questi sono veri musicisti e non gente “scappata di casa” come si suol dire.
E’ un prodotto molto interessante e un esempio di come non è detto che la musica debba sempre e solamente darci un piacere semplicemente estetico perché essa, come tutte le forme d’arte, del resto, a volte ci punzecchia, a volte ci punge, ci può mettere in difficoltà o porre di fronte alle nostre debolezze e ai nostri limiti e a volte , semplicemente ci può anche solo piacere.
Ma il nostro concetto di piacere deve variare a seconda dell’età, del grado di conoscenza, dalla curiosità perché è ovvio che come tutto quello che ci gratificava quando eravamo piccoli oggi non ci soddisfa più, non si capisce perché la musica dovrebbe avere su di noi un effetto sempre uguale nel tempo.
La musica, come tutte le altre arti, deve aiutarci a crescere, a diventare persone migliori e più consapevoli.
Finito questo “pippotto” che prima o poi, comunque avrei fatto, vi saluto e vi do appuntamento alla seconda parte di To Cover or not To Cover.
Come al solito…ciao a tutti e….. fate i bravi.
Elton John è un grandissimo compositore, ma è pur vero che i suoi brani (di solito) spiccano e trasudano tutta la loro “potenza” nel momento in cui vengono presi in mano da altri artisti e/o altri interpreti. Basti pensare a “Crocodile Rock” nella versione dei Beach Boys o, più semplicemente, a tutte le canzoni scritte appositamente per le colonne sonore (come per “Il re leone”) o i musical (“Aida”).
Sono perfettamente d’accordo. Io, ma questa è un opinione personale, ho spesso preferito i suoi brani cantati da altri. Sul disco di cui parlo ( Two Rooms…) ,ci sono molte interpretazioni che superano gli originali. Ovvio le canzoni sono belle di loro altrimenti c’è poco da interpretare….. Grazie per il tuo intervento.