Probabilmente lo spettacolo più rappresentato al mondo
Puntata numero ottantanove
“La notte acuisce, intensifica ogni sensazione
L’oscurità agita e risveglia l’immaginazione.
Silenziosamente i sensi abbandonano le loro difese.
Lentamente, dolcemente, la notte dispiega il suo splendore,
Afferralo, sentilo, tremulo e tenero.
Distogli il viso dalla luce sgargiante del giorno.
Distogli i tuoi pensieri dalla luce fredda e insensibile,
E ascolta la musica della notteChiudi gli occhi e abbandonati ai tuoi sogni più oscuri.
Purifica i tuoi pensieri dalla vita che conoscevi prima.
Chiudi gli occhi, lascia che il tuo spirito inizi a volare,
E vivrai come non hai mai vissuto prima.”
Con queste parole il “Fantasma dell’Opera” si rivolge alla sua amata, Christine, per convincerla ad abbandonarsi al potere della “Musica della Notte”, nel musical “The Phantom Of The Opera” di Andrew Lloyd Webber.
Era parecchio tempo che volevo dedicare una puntata al musical. L’occasione mi si è presentata con l’allestimento, qui a Milano, della prima produzione, possiamo dire, italo-inglese, di questo bellissimo spettacolo che è stato composto appunto da Andrew Lloyd Webber.
Il musical, qui in Italia, è stato spesso considerato con una sorta di diffidenza. I melomani appassionati dell’opera lo ritengono uno spettacolo di serie B, mentre gli amanti della musica leggera lo vedono come qualcosa di artificioso, esagerato, e soprattutto da un punto di vista scenico, poco realistico.
In effetti il musical è un tipo di rappresentazione di tradizione tipicamente anglosassone. E’ nato infatti negli Stati Uniti agli inizi del 900 per poi godere di una seconda giovinezza, se così si può dire, in Inghilterra a partire dagli anni 60.

Non fa quindi parte della nostra cultura e della nostra tradizione e in effetti non ha mai avuto, da noi, una grande popolarità, tranne sparute eccezioni, fino agli anni 90.
Soprattutto all’inizio della loro storia i musical avevano delle trame abbastanza leggere, a volte frivole. Erano un genere di puro intrattenimento. Le vicende raccontate dovevano essere già conosciute al grande pubblico, e presentare, possibilmente, un “happy ending”. Questo perché essendo uno spettacolo prodotto da privati, l’importante , per i finanziatori, era rientrare dalle spese effettuate per l’allestimento attirando il maggior numero di spettatori possibile.
Fino agli anni 50 gli attori protagonisti dovevano essere in grado di cantare, ballare e recitare perché, per uno spettacolo di successo, era richiesta una certa bravura in ognuna di queste discipline artistiche.

Poi, dagli anni 60, le cose cominciano a cambiare.
I musical cominciano ad essere prodotti, come detto, anche in Inghilterra, e soprattutto grazie all’inglese Sir Andrew Lloyd Webber, diventato baronetto per meriti artistici, il filone inglese diventa altrettanto, se non più importante, di quello americano. Ad oggi i centri di produzione più rilevanti sono Broadway per gli USA ed il West End londinese per l’Inghilterra.

Per dare un’idea dell’importanza di Andrew Lloyd Webber basterà citare i titoli di alcuni degli spettacoli che ha scritto: Jesus Christ Superstar, Cats, Evita, Starlight Express, Sunset Boulevard, e appunto The Phantom of The Opera.
Da noi, come detto, i musical di un certo spessore sono approdati abbastanza tardi, verso gli anni 90.
Purtroppo, l’approccio produttivo e organizzativo che abbiamo avuto nei confronti di questo tipo di spettacolo è stato abbastanza approssimativo, improntato ad una certa improvvisazione, e del tutto carente dal punto di vista della programmazione.
Abbiamo preso in considerazione solo i titoli più famosi, che magari erano stati anche film di successo. I ruoli principali sono stati affidati ad attori italiani famosi che però non avevano ne l’esperienza, ne, soprattutto, le capacità per affrontare delle parti così impegnative. Abbiamo inoltre puntato, se così si può dire, sull’evento unico, “una tantum”, realizzando anche teatri tenda dalla grande capienza per ospitare un numero molto limitato di rappresentazioni. Il tutto senza considerare che il musical è, per definizione, uno spettacolo “long running”, che punta cioè ad avere un grande numero di repliche.
Siamo arrivati anche a fare cose abbastanza aberranti come tradurre in italiano non solamente i dialoghi, che magari in qualche caso ci poteva stare, ma perfino i testi delle canzoni.
L’esempio più assurdo in questo senso è stata una produzione di Jesus Christ Superstar. Ora io penso che tutti conoscano sia la storia rappresentata che il suo svolgimento, e ritengo che non ci sia nessuna giustificazione per tradurre i testi delle canzoni di questo spettacolo in italiano, tranne quella di avere una scarsissima considerazione del pubblico pagante.

In pratica noi abbiamo agito in modo opposto rispetto a quello che hanno fatto gli americani quando, agli inizi del 900, hanno deciso di promuovere negli USA l’opera, che è un tipo di spettacolo tipicamente europeo e, soprattutto, italiano. Hanno invitato in America i migliori cantanti e i direttori d’orchestra più famosi, creando così una scuola e un movimento culturale ed artistico. Il risultato è che oggi, le produzioni operistiche americane non hanno nulla a che invidiare a quelle europee e, spesso, sono ugualmente importanti.
Ovviamente , come detto, per i musical il concetto di programmazione è fondamentale.
Parlando di “The Phantom” ad esempio è utile snocciolare una serie di dati. Insieme a “Les Miserables”, altro titolo meraviglioso, è lo spettacolo più visto al mondo. Dal 1986 ha totalizzato, solo a Londra, 14000 repliche “sold out” con oltre 140 milioni di spettatori. 14000 repliche vuol dire una media di nove alla settimana, tutte le settimane di tutti gli anni. Le sue produzioni in tutto il mondo sono innumerevoli, e ha ricevuto più di 70 importanti premi teatrali, tra cui sette premi Tony e quattro premi Olivier.

Per fortuna nell’ultimo decennio, la situazione è cambiata anche da noi. Ci sono state infatti produzioni di spettacoli interessanti e ben fatti, che hanno lavorato sulla continuità e sul numero delle repliche, con la giusta programmazione.
Ne è esempio la produzione di “The Phantom” presente in questi giorni a Milano. E’ di una una compagnia italo-inglese. Il libretto è in lingua originale, l’orchestra suona dal vivo e tutti i protagonisti sono di prim’ordine. Essendo una produzione del tutto nuova, rispetto a quella classica londinese, lo spettacolo è stato rodato per più serate, quest’estate, a Trieste in modo da essere pronto e ben “oliato” prima di affrontare il suo percorso in Italia e, successivamente, all’estero.
Questo è l’esempio che anche da noi, con la giusta mentalità, le cose si possono fare bene e con grande professionalità.
Ciò contribuirà, non dubito, a rilanciare questo genere di spettacolo perché, secondo me, i musical, se prodotti ed eseguiti alla perfezione, non hanno nulla da invidiare a molte delle opere che vanno per la maggiore. Sono, ovviamente, generi diversi e richiedono approcci diversi , ma risultano ugualmente interessanti.

L’importante è avvicinarsi a questo tipo di spettacolo con una mentalità aperta. Spesso il pubblico, soprattiutto quello amante della musica leggera, non è sempre pronto a lasciarsi coinvolgere dalla “finzione teatrale” soprattutto all’inizio della rappresentazione.
Ovviamente vedere e sentire una storia raccontata da personaggi che cantano, e ancor di più in inglese, indubbiamente può essere straniante. E’ fondamentale pertanto che la musica abbia una sua coerenza stilistica. Non è importante che l’ambientazione sonora rispecchi il tempo storico nel quale si svolge la vicenda. Lo stile e il genere possono essere i più vari ma è fondamentale che non cambino all’interno dello spettacolo. Questo aiuta lo spettatore ad entrare nel giusto clima senza essere ogni volta “svegliato” dalla finzione scenica a causa di un ambiente sonoro diverso rispetto a quello ascoltato fino a quel momento.
Da questo punto di vista Lloyd Webber è veramente un compositore fuori categoria. Tutti i suoi musical, ovviamente diversi l’uno dall’altro, mantengono, al loro interno una notevole coerenza stilistica.

Ad esempio, la caratteristica principale, di “The Phantom Of The Opera” è quella di essere, probabilmente, il musical più operistico. Sfrutta infatti molte di quelle che sono le caratteristiche dinamiche dell’opera.
Ci sono sentimenti molto forti, amori contrastati, amori non corrisposti, la morte, una lotta tra protagonisti e antagonisti, una storia d’amore al contempo romantica e drammatica, mistero e suspence. Dal punto di vista musicale poi c’è una commistione tra musica leggera-rock e musica operistica. E’ quasi tutto suonato perché i dialoghi sono pochissimi.
Anche musicalmente sono presenti molti degli stilemi tipici dell’opera, come i “leit motiv” ricorrenti. Sin dall’overture, nella quale viene stabilito il clima musicale che sarà poi mantenuto per tutto lo spettacolo, sono presenti i temi principali che poi caratterizzeranno personaggi e situazioni. Ci sono arie accattivanti, molto ricercate da un punto di vista melodico. L’orchestra è mista nel senso che sono presenti sia strumenti classici come archi e fiati che moderni come le tastiere.
Ma la caratteristica principale riguarda, forse, il tipo di vocalità richiesta agli interpreti.

Ciò è dovuto in parte proprio alla trama dello spettacolo. La storia infatti, che Webber e il paroliere Charles Hart, hanno mutuato da un romanza scritto nel 1909 da Gastone Leroux dal titolo omonimo, è un classico esempio di teatro nel teatro.
Durante lo spettacolo si parla infatti dell’allestimento di un’opera lirica da parte di una compagnia teatrale. La protagonista di quest’opera è, ovviamente, un soprano lirico, la “Prima Donna”, alla quale verrà poi dedicata un’aria speciale. Anche agli altri protagonisti, soprattutto i tre principali, il fantasma, Christine e il suo innamorato Raoul, sono richieste vocalità con tessiture particolari. Ci sono salti di registro, estensione sia verso l’acuto che il grave, tutte cose che richiedono una tecnica quasi lirica nel canto.
Questo determina una notevole complessità di esecuzione e fa si che lo spettacolo non sia alla portata dei tipici cantanti di musica leggera, come capiremo quando parleremo nel dettaglio dei singoli brani.
Prima di entrare nel vivo e parlare di alcuni momenti di questo musical volevo dirvi che farò sempre riferimento all’edizione teatrale. Non prenderò quindi in considerazione il film del 2004 di Joel Schumaker, che è una grande produzione dal punto dai vista cinematografico, ma che risulta abbastanza carente da quello musicale.
Cominciamo, ovviamente dall’overture. Come spesso accade nei musical di Lloyd Webber anche quella di “The Phantom” presenta molti dei temi che poi ascolteremo più volte durante lo svolgersi dello spettacolo. Da questo punto di vista l’accostyamento alle overture operistiche è evidente.
Il primo tema a comparire è quello del fantasma. Ha un andamento dapprima discendente e poi immediatamente ascendente, si potrebbe dire che percorre la stessa linea melodica al contrario
Per quanto riguarda le vocalità abbiamo, come detto, alcune caratteristiche peculiari.
Se prendiamo ad esempio il brano col quale Christine si presenta all’inizio, possiamo rilevarne subito alcune. La scena è quella in cui la “Prima Donna” abbandona le prove perché la produzione non rispetta le sue esigenze. Christine, che è una ragazza del corpo di ballo, viene incoraggiata da un’amica a farsi avanti per prenderne il posto. Lei, in realtà ha preso lezioni di canto da un misterioso grande maestro di cui nulla si sa.
La canzone, il cui titilo è “Think Of Me”, richiede una grande estensione vocale, una perfetta padronanza sia del registro acuto che di quello grave visti i molti salti presenti nella linea melodica. Questa sarà una caratteristica comune ai brani di tutti i protagonisti, come vedremo. Inoltre abbiamo la presenza di linee melodiche che, pur risultando abbastanza orecchiabili, sono, in realtà, complesse da intonare correttamente. (come si può notare seguendo il file audio)
Anche le “arie” degli altri protagonisti presentano caratteristiche simili. Le ho chiamate arie non a caso perché è vero che sono canzoni, ma somigliano molto a delle arie operistiche.
Ne è un esempio eclatante quello che, probabilmente, è il pezzo più importante dell’intero musical “The Music Of The Night” che viene cantato dal fantasma. Il testo che ho letto all’inizio fa parte proprio a questo brano. Sono liriche molto belle nelle quali, per sottolineare la natura del fantasma, vengono utilizzati anche termini ricercati e un po’ desueti. In questa scena Christine è praticamente in trance, ed è quasi succube di lui che cerca di circuirla per convincerla ad abbandonarsi al potere della musica della notte.

Da un punto di vista tecnico il brano richiede una voce da baritono di prima categoria. Melodicamente vi sono continui salti verso il grave che devono essere sostenuti e resi espressivi, come ad indicare una discesa nel profondo dell’animo. La melodia si spinge anche verso l’estremo dell’estensione da baritono, con una nota difficile da intonare. Il protagonista la deve prendere, durante la prima strofa in modo suadente, e di piena potenza nella seconda. E’ uno dei brani più famosi di Webber e della storia dei musical.
I salti di cui parlavo sono proprio all’inizio.
Questo che avete ascoltato è uno dei molteplici colori vocali richiesti all’interprete. Nello stesso brano, durante la seconda strofa, le cose cambiano completamente. L’impatto è diverso, la vocalità si fa più aggressiva. Il fantasma è diventato quasi impaziente, e la stessa nota acuta di prima viene questa volta cantata in piena potenza.
E’ evidente la diversa intenzione, ed è evidente la difficoltà richiesta, all’interprete, dalla partitura, difficoltà che culmina nella frase “Let your soul take you where you long to be”. Notevole anche la dolcezza con cui, subito dopo, viene intonata “Only then can you belong to me”.
E’ importante sottolineare come, nei musical di questo livello, l’azione scenica viene portata avanti anche durante le canzoni. Le canzoni non sono solamente momenti di riflessione emotiva come spesso accade, ma servono anche a portare avanti la vicenda e questo, ovviamente, richiede una capacità compositiva di prim’ordine.
Queste due appena ascoltate sono prevalentemente canzoni, diciamo così, che parlano di sentimenti, ma nello spettacolo ve ne sono molte altre durante le quali la trama viene sviluppata e portata avanti.
Come in ogni spettacolo che si rispetti, anche in questo musical, oltre alle arie solistiche, ci sono duetti, trii e momenti di insieme.
“All I Ask Of You” è uno dei duetti più importanti, e i protagonisti sono Christine e il suo innamorato Raoul.
Anche in questo caso, nella parte di Raoul sono presenti i salti verso il registro grave. Notate anche( verso la fine del file), la soluzione adottata da Webber per evitare di cadere troppo in un clima “zuccheroso”.
In questo musical sono presenti anche dei “concertati”. Il concertato è un’artifizio tipicamente operistico nel quale tutti i protagonisti in scena cantano contemporaneamente. Ognuno però esegue la sua melodia sovrapponendo la propria voce a quella degli altri. Va da se che scrivere e cantare un concertato non è affatto facile, e questo va ad ulteriore merito sia di Lloyd Webber che degli interpreti.
Uno di questi momenti lo abbiamo nel brano intitolato “Prima Donna”. La scena è quella in cui i due gestori del teatro nel quale si deve allestire l’opera cercano di convincere la prima donna, appunto a tornare a calcare il palcoscenico.
Questo non è solo un esercizio di stile e capacità tecnica, ma anche, e soprattutto, un espediente molto efficace da un punto di vista narrativo e soprattutto emotivo, ed è un ulteriore esempio della bellezza e complessità di questo lavoro.
“Fluttuare, cadere, dolce ebbrezza.
Toccami, fidati di me, assapora ogni sensazione.
Lascia che il sogno abbia inizio, lascia che il tuo lato più oscuro si arrenda
Alla potenza della musica che scrivo.
Il potere della musica della notte.
Tu sola puoi far spiccare il volo alla mia canzone
Aiutami a scrivere la musica della notte”
Molto belli i testi che hai scelto. Penso che il soggetto del musical abbia contribuito non poco al successo dell’opera ( che purtroppo non ho mai visto). La dimensione notturna esercita, pur con i suoi fantasmi e i suoi mostri, un grande potere attrattivo, forse perché protegge isegreti. Grazie per l ‘efficace introduzione all’ascolto e visione
I testi delle canzoni di questo spettacolo sono molto interessanti e, come la musica del resto, mai banali. E la notte e’, in realta’ un luogo dell’anima e uno specchio che riflette cio’ che noi siamo. Sempre bello leggerti, grazie.
Premesso che non sono assolutamente in grado di fare dei commenti musicali, e che ho ascoltato questa Mollica sul musical solo perché dici sempre che bisogna essere aperti e non avere pregiudizi, ho trovato molto interessante ed efficace il testo di The Music of the Night con tutte quelle “s” sonore enfatizzate, che danno proprio l’idea dell’incantatore di serpenti. (Non so come faccia il serpente in italiano, ma in inglese fa “hiss hiss” 😁)
Sbaglio proprio se faccio un parallelo con i suoni della “Calunnia è un venticello” 🤭?
P. S. Questo brano comunque mi è piaciuto molto!
Caspita, devo dire che non ci avevo mai fatto caso ma, in effetti, il testo e’ pieno di “S” che rendono bene l’idea del cercare di ammaliare e circuire qualcuno. La stessa cosa e’ presente nell’aria di Rossini che hai citato e, anche se sono due mondi completamente diversi, un parallelo si puo’ fare da questo punto di vista. Come vedi sei perfettamente in grado di fare dei commenti sulla musica perche’ non e’ necessario scendere nel tecnico. Grazie per questo nuovo spunto di lettura che hai offerto.
L’ ho visto anni fa a Londra ed è stato colpo di fulmine.tutto bellissimo e la scena del candelabro da urlo
Ti capisco benissimo perche’ io l’ho visto la prima volta a New York e ho avuto le tue stesse sensazioni.
Grazie del tuo commento.