Separation
Edvard Munch
Una passione totalizzante raccontata attraverso le note.
Puntata numero settantotto.
“Vi sono tanti tipi di amore! Quello ch’io sento è il vero grande amore poetico. L’ho riconosciuto dal primo giorno, e non v’è nulla di più bello. E con l’entusiasmo dell’arte non v’è altra divinizzazione del cuore umano: il mondo allora s’illumina, gli orizzonti diventano immensi, tutta la natura si colora e vibra d’armonie senza fine, e si ama finalmente!… Si ama!“
“Hector Berlioz”
Questa è la seconda parte del nostro racconto riguardante la “Simphonie Fantastique” di Berlioz.
Oggi parleremo del terzo, del quarto e del quinto movimento, che rappresentano il clou della composizione e che l’hanno resa così famosa e popolare.
Prima però è il caso di fare il punto sulla posizione sociale e sulla vita che Berlioz conduceva in quegli anni a Parigi.

Nel 1830 c’era stata la prima esecuzione della “Symphonie”. La composizione non aveva avuto, però, un successo clamoroso. Berlioz si trovava quindi in un momento cruciale della sua carriera. Decise che era il momento di guadagnarsi la stima generale come compositore importante e di livello.
Partecipò quindi, per l’ennesima volta, dopo aver fallito altri tentativi, al “Prix de Rome”, il prestigioso concorso che era in grado di dare fama e successo ai musicisti . Per il vincitore era previsto infatti un viaggio premio di due anni a Roma con la garanzia di avere commissioni lavorative e importanti concerti. Quell’anno riuscì a vincere ottenendo così il primo premio.

Nel frattempo la sua vita sentimentale era giunta ad una svolta. Accettato il fatto di non veder corrisposto il suo amore per Harriet Smithson, Berlioz intraprese una relazione amorosa con una giovane pianista, Camille Moke, della quale divenne ben presto promesso sposo. Ma, mentre soggiornava a Roma, in seguito alla vittoria del premio, gli giunse la notizia che la ragazza aveva rotto il fidanzamento per sposarsi con il famoso costruttore di pianoforti Pleyel.
Impulsivo com’era, e col carattere perfettamente in linea col periodo romantico, saltò immediatamente in carrozza con lo scopo di arrivare a Parigi e di farsi giustizia da solo. Arrivato a Genova cambiò, improvvisamente idea e si tuffò in mare con l’idea di farla finita. Per fortuna venne salvato da un pescatore e l’evento traumatico gli fece, in pratica, svanire la passione amorosa facendolo rinsavire.

Tornò infine a Parigi. Qui la musica riuscì, si può ben dire, a fargli ottenere quello che più desiderava: l’amore di Harriet.
Per cominciare decise di dare una nuova “premiere” della “Symphonie” che, nel frattempo, aveva rivisitato e sistemato in alcune sue parti.
Poi non solamente invitò Harriet a teatro, ma le procurò anche i posti migliori in modo che fosse su un palco vicinissima all’orchestra e ben visibile a tutto il pubblico.
La musica, e non il libro, come fu invece per Paolo e Francesca, si dimostrò, questa volta, “galeotta”.
Ma procediamo con ordine.
Per rinfrescarci la memoria e per ricordarci come il motore principale della composizione, come abbiamo detto nella scorsa puntata, sia la famosa melodia da lui stesso definita “idee fixe” che rappresenta proprio la sua amata, direi che è il caso di riascoltarla un momento così come è stata esposta la prima volta…..
Il titolo e il programma del terzo movimento sono i seguenti:
“Scena nei campi – Una sera d’estate, vagando tra i campi, egli ascolta due pastori che cantano una nenia alpina. Questo dialogo pastorale, unito al lieve mormorio degli alberi scossi dal vento, contribuisce a rendere al suo cuore una strana calma e a rivestire le sue idee d’un colore più sereno. L’idea fissa riappare, il suo cuore si stringe, presentimenti dolorosi lo turbano. Uno dei pastori riprende la serena melodia, ma l’altro non risponde più. È il tramonto. Un lontano brontolio di tuono. Solitudine. Silenzio…”
È un movimento calmo, apparentemente. Sembra tranquillo ma, in realtà, scopriremo ben presto che non è esattamente così.
Comincia in modo estremamente evocativo. C’è un ricordo di infanzia, una melodia che lui ascoltava quando, da piccolo, viveva vicino alle alpi francesi. Era suonata con quei strumenti particolari chiamati “Corni delle Alpi” o “Alpenhorn”, con il tubo lunghissimo appoggiato a terra.

Il dialogo iniziale prevede due strumenti a fiato, un corno inglese ed un oboe che “parlano” tra loro. Il primo propone una melodia e l’oboe, che di solito viene sistemato in quinta o nei palchi lontano dall’orchestra, risponde e commenta.
Una precisazione. Non fatevi ingannare dal nome, il corno inglese non è un corno e non è nemmeno inglese. E’ stato chiamato così probabilmente per un errore nella traduzione. In pratica è il fratello maggiore dell’oboe rispetto al quale ha un suono più grave e ancora più evocativo.
L’inizio è strepitoso
E’ veramente una scena agreste. Tutto il movimento ricorda, a tratti, la sinfonia “Pastorale” di Beethoven sia per l’atmosfera che per alcuni richiami timbrici. Stando a quanto affermato dallo stesso Berlioz questo è il movimento che più gli è costato fatica e molte volte lo ha abbandonato e ripreso perché non ne era completamente soddisfatto.
L’atmosfera sembra calma ma, nella mente del protagonista, cominciano ad insinuarsi dei dubbi con conseguente inquietudine crescente. “Forse l’amata si sta allontanando”.
” Forse si sta innamorando di un altro”.
L’atmosfera si carica, man mano, di una tensione che diventa evidente quando ricompare “l’idee fixe”. È però una riproposizione carica di sonorità un po’ dissonanti e di disturbo. Sono soprattutto gli archi gravi a creare tensione mentre l’oboe e il flauto ripropongono la melodia. A un certo punto si ascolta quasi una lotta tra due melodie e il tutto avviene intorno al minuto 7 e 30” sempre tenendo conto della diverse velocità delle varie esecuzioni.
E’ evidente che la paranoia del protagonista ha preso il sopravvento.
Il movimento che era cominciato in modo così bucolico, agreste, finisce in modo inquietante.
Il corno inglese ripropone il suo richiamo ma l’oboe, che rappresenta l’amata, non risponde. Al suo posto ci sono i quattro suonatori di timpano che eseguono dei “rulli” minacciosi che non lasciano trasparire niente di buono, come se nuvole minacciose si affacciassero all’orizzonte.

Da questo momento comincia la parte finale della composizione nella quale la psiche disturbata del nostro protagonista prende il sopravvento.
Questo è il finale del terzo movimento
Con il quarto movimento si entra nel tunnel e nel lato più oscuro dell’inconscio del nostro protagonista.
Berlioz ha affermato di aver scritto questo movimento in una sola notte. In realtà alcune parti erano già state utilizzate per altre composizioni , ma, evidentemente, la rapidità nella scrittura deriva anche e soprattutto dal fatto che questa musica sia la rappresentazione di uno stato d’animo che lui provava veramente.
Il titolo e il programma sono del tutto auto esplicativi:
Marcia al supplizio – Sapendo che il suo amore non è ricambiato, egli si avvelena con l’oppio. Ma la dose non è sufficiente e cade in un sonno profondo. Egli sogna di aver ucciso la donna amata e di essere stato condannato a morte. Si vede condotto al patibolo. Il corteo avanza al suono di una marcia ora cupa e feroce, ora brillante e solenne. Un sordo rumore di passi succede, senza transizione, agli scoppi più fragorosi. Alla fine riappare l’idea fissa come un ultimo, rapido pensiero d’amore interrotto dal colpo fatale.”

Già questo da un’idea di quella che sarà l’ambientazione sonora. Il movimento inizia in modo veramente cupo e drammatico
Tutta questa parte è pervasa da un’atmosfera sinistra. Anche nel momento in cui sentiamo una marcia che può sembrare più brillante, abbiamo una sonorità che assomiglia a quella delle bande che accompagnavano i condannati, tra gli applausi della gente, alla ghigliottina durante la rivoluzione.
L’effetto, pensando al programma e alla spiegazione della scena è sinistro
In questo movimento abbiamo l’utilizzo dell”idee fixe” nel modo forse più drammatico.
Verso la fine, infatti, questa marcia si placa e un clarinetto inizia l’esposizione della melodia quasi come se il protagonista, prima della fine, avesse una rimembranza dell’amata. Ma la melodia viene praticamente soffocata sul nascere da un pieno orchestrale che rappresenta la discesa della scure della ghigliottina sulla testa del nostro protagonista. E’ un momento veramente drammatico, in un contesto già drammatico di suo
Il quinto e ultimo movimento si intitola “Sogno di una notte di Sabba”
“Egli immagina d’essere al Sabba, tra un gruppo di streghe, stregoni e mostri orribili d’ogni genere, qui riuniti per i suoi funerali. Strani rumori, lamenti, risate, grida lontane, cui altre sembrano fare eco. La melodia dell’amata riappare, ma ha perduto ogni carattere di nobiltà e di pudore. Non è più se non un ignobile e triviale motivo di danza. È lei che viene al Sabba e si unisce all’orgia diabolica. Campane funebri, parodia burlesca del Dìes irae, ridda infernale… ».

E’, senza ombra di dubbio, il momento più famoso della Symphonie Fantastque. E’ stato anche utilizzato in parte, come dicevo nella scorsa puntata, come colonna sonora del film “A letto col nemico”, in originale “Sleeping with the enemy” del 1991 con Julia Roberts.

L’inizio è tutto un programma. E’ veramente un Sabba infernale durante il quale si possono chiaramente sentire risate, urla sguaiate e strane sonorità
Dopo un paio di minuti ricompare, per l’ultima volta, l’idea fissa che risulta però completamente stravolta. Viene eseguita da uno strumento con una sonorità molto penetrante e volutamente volgare in questo caso: il clarinetto piccolo. L’esposizione è piena di “notine” che tecnicamente sarebbero di abbellimento ma che finiscono per dare alla melodia una sonorità sguaiata, come se l’amata si rivelasse, essa stessa, una strega e partecipasse lei pure alla danza funebre
L’ultimo vero “coup de théatre” e rappresentato dall’utilizzo di due campane da chiesa che suonando dei rintocchi, introducono una parodia della sequenza medioevale del “Dies Irae”.

La melodia viene suonata dalla sezione grave degli ottoni e che danno una connotazione ancora più lugubre a questo Sabba infernale
Ovviamente tutta la Symphonie va ascoltata nella sua interezza e soprattutto questo movimento va seguito attentamente fino alla fine perché si conclude con una “fuga” veramente spettacolare e molto emozionante.
Per stemperare un po’ il clima volevo dirvi che la sequenza del “Dies Irae” era stata pensata all’inizio per uno strumento oggi desueto che si chiamava Oficleide. Era il predecessori della Tuba. Un incrocio tra un fagotto e u sassofono che si suonava appoggiando alle labbra un bocchino simile a quello utilizzato dagli ottoni. Ma l’invenzione, avvenuta proprio in quegli anni, nel 1835, delle valvole per gli strumenti di ottone causò il rapido declino di questo strumento che oggi è praticamente sparito.

Finita la rappresentazione del 1832 cominciò per i nostri due protagonisti la vita reale.
Harriet Smithson si rese conto che tutto quello che aveva sentito era dedicato a lei, che lei era la protagonista.
Berlioz le chiese, per l’ennesima volta, di sposarlo. Lei non rifiutò come al solito ma si mostrò comunque titubante. Lui allora fece un gesto degno del protagonista della Symphonie. Si avvelenò veramente, davanti a lei, con l’oppio. Scossa e in preda al panico Harriet promise di sposarlo. Lui allora prese da un’altra tasca l’antidoto e si salvò anche se stette male per parecchi giorni.
In seguito a questo fatto si sposarono e vissero serenamente per alcuni anni. Berlioz si diede molto da fare per rilanciare la carriera della moglie, ma la volubile Parigi ormai seguiva altre mode e la carriera di Harriet subì un rapidissimo declino. Lei divenne sempre più irascibile e gelosa del successo di Berlioz.
Finirono per separarsi anche se lui non la abbandonò mai del tutto e sempre fu grato ad Harriet riconoscendola come la musa ispiratrice della svolta artistica della sua carriera e del suo successo.
Verso la fine della sua vita, quasi volgendosi indietro ripensando a tutti questi trascorsi tumultuosi formulò una frase molto significativa riguardante sua visione delle cose e della vita:
“ Il tempo è un grande maestro, si dice. Sfortunatamente è un insegnante disumano che uccide tutti i suoi studenti”.
Interessante, grazia
Grazie a te per averlo apprezzato.
Bellissimo articolo.
Grazie mille. Sono contento ti sia piaciuto.