Love and Angst

Edvard Munch

Un autoritratto in musica

Puntata numero settantasette

In un saggio redatto a Parigi nel 1882, il compositore francese Charles Gounod ebbe a scrivere:

Berlioz fu, come Beethoven, una vittima illustre del triste privilegio di essere un’eccezione; pagò cara questa pesante responsabilità.

Fatalmente le eccezioni devono soffrire e, fatalmente, devono far soffrire Era un uomo tutto d’un pezzo, senza concessioni ne compromessi”.  

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Oggi la nostra storia comincia nel 1828. quando arrivò a Parigi, per la stagione teatrale,  la compagnia inglese del famoso impresario William Abbot, per presentare al pubblico della capitale una serie di capolavori del teatro inglese, in particolare quelli di William Shakespeare.

Hector Berlioz

Il giovane compositore Hector Berlioz, allora venticinquenne presenziò, insieme ad alcuni artisti suoi amici tra i quali Vigny, Dumas, Gautier, praticamente lo zoccolo duro del movimento romantico francese, alla prima rappresentazione di “Amleto”.

Berlioz rimase folgorato dalla recitazione e dalla avvenenza dell’interprete di “Ofelia”, l’attrice irlandese Harriet Smithson.   Non conosceva per nulla l’inglese e, di conseguenza, non capì una parola di tutta la rappresentazione. Rimase però sconvolto e si entusiasmo per la forza drammatica del poeta inglese e per la forza interpretativa di Harriet.

Hariett Smithson

In pratica presenziò a tutte le rappresentazioni della compagnia e la sua infatuazione per l’attrice irlandese crebbe a dismisura. Cercò di comunicarle in tutti i modi i propri sentimenti ma non venne mai corrisposto.

L’attrazione si trasformò dapprima in passione e, successivamente, in una ossessione, una sorta di “idea fissa”. Nonostante i continui rifiuti non smise di coltivare questa passione, questa “idea fissa” che lo spinse, due anni dopo, nel 1830, a comporre la sua opera probabilmente più importante, la “ Symphonie fantastique: Episode de la vie d’un artiste en cinq parties”.

La traduzione italiana, “Sinfonia Fantastica”, non rende esattamente il senso voluto da Berlioz perché più corretta sarebbe la definizione “Sinfonia Immaginaria”.

Berlioz era un compositore che potremmo definire un po’ “sui generis”. È stato uno dei pochi, ovviamente della sua importanza, a non eccellere come capacità tecnica su alcuno strumento.

Sapeva suonare discretamente la chitarra ma era abbastanza carente, ad esempio, come pianista.

Questo fatto, lungi dal rappresentare un ostacolo, si è rivelato, forse, la sua arma vincente. Infatti, era costretto, in questo modo, a pensare la musica, fin dall’inizio, in funzione dell’orchestra, del suono dell’orchestra.

L’orchestra, e il suo suono in primo luogo, erano il  mondo nel quale si trovava perfettamente a suo agio. E’ stato un compositore fondamentale per quello che riguarda la ricerca di soluzioni timbriche, il gusto per i colori orchestrali, le audaci ed innovative combinazioni tra i vari strumenti. Potremmo definirlo quasi un caposcuola da questo punto di vista. Un esempio che poi è stato studiato ed imitato da molti compositori a lui succeduti.

La “Symphonie fantastique” è di estrema importanza anche perché è uno dei primi esempi di quella che è stata definita “musica narrativa “ o “musica a programma”.

In pratica si tratta di una musica che cerca di raccontare una storia.

La storia che Berlioz racconta in questa composizione è, in pratica, la sua stessa storia. E’ la storia della sua infatuazione per Harriet Smithson e di tutti i risvolti psicologici e gli sbalzi d’umore che questo sentimento gli aveva causato negli anni.

Quando si parla di “musica a programma” solitamente si aprono delle discussioni molto accese tra coloro che apprezzano questo genere musicale e chi invece sostiene la maggiore importanza   della cosiddetta “musica assoluta”, quella che basta a sé stessa e non ha alcuna funzione narrativa.

Questi ultimi sostengono da sempre che la musica che si prefigge lo scopo di raccontare qualcosa sia di qualità inferiore perché deve piegare il proprio linguaggio per soddisfare esigenze esterne ad essa.

In realtà molti sostengono, giustamente secondo me, che questa diatriba lasci il tempo che trova.

Infatti se non si conosce il “programma” narrato da un determinato brano musicale non si può negare che quel brano possa funzionare lo stesso, sia da un punto di vista formale che, più importante, emotivo. Magari l’ascoltatore non comprende appieno quello che il compositore voleva dire ma il brano “sta in piedi” ugualmente e fa arrivare comunque le emozioni.

Per converso anche la musica cosiddetta “assoluta” finisce per provocare emozioni che l’ascoltatore poi riferisce a sentimenti o stati d’animo particolari.

È difficile, pertanto, pensare in termini assoluti alla musica.  Noi, in genere, tendiamo sempre a “spiegare” la musica. La vediamo spesso come una rappresentazione di qualcos’altro. Abbiamo bisogno di crearci immagini, storie, situazioni. In definitiva sentiamo quasi sempre l’esigenza di descriverla.

Questa distinzione quindi spesso è puramente accademica perché entrambi i generi sono del tutto validi e quello che conta, alla fine, è la qualità della musica stessa e non le elucubrazioni, a volte eccessive, che siamo portati a fare su di essa.

In ogni caso è indubbio che la “Symphonie fantastique” di Berlioz rappresenti il trionfo del racconto e dell’espressione. Da questo punto di vista è un capolavoro assoluto. È anche un chiaro esempio di quel romanticismo musicale così di moda in quegli anni.

Molte sono le caratteristiche che rendono questa composizione particolare ed unica.

Una delle principali, come detto prima, è l’introduzione di combinazioni orchestrali, e l’utilizzo dei timbri dei vari strumenti in modi fino ad allora poco usuali.

Organico della Symphonie Fantastique

Notevole è anche l’organico strumentale che serve per poterla eseguire. E’ una compagine quasi incredibile per il periodo. Abbiamo infatti la presenza di un notevole numero di fiati, due flauti, due oboi, due clarinetti, un clarinetto piccolo, quattro fagotti. Ci sono molti “ottoni”, quattro corni, due trombe, due cornetti, tre tromboni. Ci sono strumenti oggi desueti come “l’oficleide” di cui parleremo più avanti. Ampia è anche la sezione delle percussioni con la presenza di ben quattro suonatori di timpani, poi la grancassa, vari tamburi, piatti e due campane da chiesa. Ovviamente la sezione degli archi è molto nutrita, violini primi e secondi, viole, violoncelli e contrabbassi, per poter “combattere” con la massa di suono prodotta da tutti questi fiati e, per finire, sono presenti anche due arpe, cosa del tutto inusuale per quei tempi.

Il timbro e il colore del suono diventano così, in questo brano quasi elementi costitutivi e sono comunque di grande importanza.

Notevole è anche il respiro drammatico e drammaturgico che Berlioz ha inserito in questa musica. Numerose sono infatti le suggestioni presenti.

Abbiamo citazioni letterarie, l’inserimento di musica di consumo come il valzer del secondo movimento. Non manca un clima tipicamente romantico con tutta la scena agreste del terzo movimento. Abbiamo la presenza di una marcia di stampo quasi rivoluzionario. Si può trovare anche una parte composta seguendo le regole di un genere molto complesso e in voga nel secolo precedente, come la “fuga”.

Infine, nel quinto movimento, troviamo anche una sequenza medioevale con la citazione-parodia del “Dies Irae”.

Questa composizione è un insieme di tantissimi sapori e colori tra loro diversi ma legati da una maestria non comune.

All’inizio, parlando di come è nata questa composizione, ho usato per due volte, e non a caso, l’espressione “idea fissa”.

Infatti uno degli elementi costitutivi più importanti di questa composizione è dato, appunto, dall’utilizzo di una “ida fissa” o meglio, “Idee fixe”, per dirla con Berlioz .

Si tratta della rappresentazione, in musica, che lo stesso Berlioz ha fatto, della donna per la quale lui provava questa passione.

Questa “idee fixe” è un tema musicale che noi ritroviamo in tutti i cinque movimenti. Spesso è presente più di una volta nei singoli movimenti e viene riproposto sempre in forma mutevole, quasi a seguire i cambiamenti di stati d’animo e di umore che il protagonista ha nel vedere la donna amata. Questa melodia è il collante che unisce le varie parti della sinfonia dando a tutta la composizione una forte identità pur nell’estrema varietà delle situazioni musicali ed emotive.

Oggi come oggi non si può non pensare, quando si parla di “Idee fixe” al quel fumetto francese i cui protagonisti sono Asterix, Obelix e Idefix e chissà che il nome del cagnolino, “Idefix” appunto, gli autori non l’abbiano mutuato da Berlioz. Magari è un azzardo, senz’altro lo è, ma come suggestione è simpatica.

È lo stesso Berlioz a raccontarci di questa idea. Nel programma che lui voleva fosse consegnato agli ascoltatori prima della rappresentazione spiega l’intuizione che sta alla base di questo lavoro.

Il programma recita testualmente:

«Un giovane musicista di sensibilità morbosa e di immaginazione ardente, in un eccesso di disperazione amorosa, si avvelena con l’oppio. Ma la dose è troppo debole per dargli la morte e lo fa cadere in un sonno pesante, accompagnato da strane visioni, durante il quale le sensazioni del suo cervello malato si traducono in immagini musicali. La donna amata è divenuta per lui una melodia che, come un’idea fissa, ritrova e riode ovunque”

E’ chiaro che sta parlando di se stesso e che sta definendo la donna amata come una melodia, “un’idea fissa”, appunto.

Ma come è strutturata questa idea fissa?

È una melodia che Berlioz aveva già composto, in parte, qualche anno prima per una delle prove che aveva dovuto sostenere durante uno dei suoi tentativi di conquistare il famoso “Prix de Rome”, il prestigioso premio del quale sabbiamo già parlato nella puntata n. 37 dedicata a Lili Boulanger. Lo stesso Berlioz riuscì poi a vincere il premio proprio nel 1830, l’anno in cui venne eseguita per la prima volta la Symphonie Fantastique.

Il compositore riprese questa melodia, la sviluppò arricchendola in modo che rappresentasse al meglio l’idea che aveva di questa donna.

E’ strutturata in modo molto interessante. Sale verso l’acuto per poi precipitare in basso e salire ancora più in alto rispetto all’inizio. C’è un continuo sforzo nell’ascesa, passo dopo passo, cui segue sempre un ripiegarsi su sé stessa come se questo desiderio d’amore venisse poi continuamente frustrato (ovviamente consiglio di ascoltare il file audio sottostante per comprendere meglio di cosa si tratta).

Essendo un elemento costitutivo fondamentale di questa composizione ve la faccio ascoltare, isolata dal contesto, col solo pianoforte anche se così non rende completamente l’idea. È in ogni caso un modo per entrare in confidenza con questa melodia

“Idea fissa” al pianoforte

La composizione è strutturata in cinque movimenti ognuno dei quali è preceduto da una descrizione accurata fatta dallo stesso Berlioz. Ciascuno di questi presenta “l’idee fixe” almeno una volta al suo interno, se non di più.

Il tiolo del primo movimento è “Sogni-Passioni” e il programma così recita:

Egli (sempre il giovane musicista di cui sopra) ricorda il malessere dell’anima, l’onda di passioni, la malinconia e la gioia senza perché, provate prima d’incontrare la donna che ama; ricorda l’amore vulcanico ch’ella gli ispirò al primo sguardo, l’angoscia delirante, la gelosia furiosa, i ritorni di tenerezza, i conforti…”

La prima volta che possiamo ascoltare “l’idee fixe” è nel primo movimento intorno al minuto 5 e 15”, 5 e 30” secondo le esecuzioni. Viene suonata dagli archi e dal flauto insieme con il risultato di una sonorità morbida e calda

Prima esposizione

La stessa melodia subisce, nel corso della composizione, numerose mutazioni sia nella sonorità che nel fraseggio col quale viene suonata. Questo serve per sottolineare al meglio lo svolgimento della narrazione e le varie situazioni drammatiche.

Sempre nel primo movimento troviamo una seconda esposizione della melodia in una forma diversa intorno all’ottavo minuto. In questo caso viene eseguita dagli strumenti a fiato, i cosiddetti legni, e viene contrappuntata da un continuo pulsare delle sezioni gravi degli archi quasi a rappresentare il battito di un cuore angosciato. Il risultato è ovviamente più drammatico rispetto alla prima esposizione anche grazie a un crescendo orchestrale. Forse questo momento rappresenta l’inizio del mutamento dei pensieri del nostro protagonista nei confronti della donna amata

Seconda esposizione del tema

Per avere un’idea della complessità dei sentimenti che l’autore prova, ad un certo punto, in questo movimento, l’atmosfera sembra strutturarsi su due piani.

Gli archi eseguono una melodia che appare più serena e distesa sotto la quale, però, c’è un sommesso rullare dei timpani che crea tensione. Questo per far capire, forse, che le persone e le situazioni non sono mai così semplici come appaiono ma spesso nascondono notevoli complessità

Piani sovrapposti

E per rispettare il programma di questo movimento che parlava di “, l’angoscia delirante, la gelosia furiosa, i ritorni di tenerezza, i conforti…” abbiamo, nel finale, anche il momento di conforto.

Il nostro protagonista sembra trovare, momentaneamente., una pace quasi religiosa nella quale tutto pare placarsi e trovare una dimensione che si può definire spirituale

Finale primo movimento

Nel secondo movimento tutto cambia perché ci troviamo nel pieno di una scena di ballo:

Un ballo – Egli ritrova l’amata in una festa da ballo, tra il gaio tumulto delle coppie danzanti…”

Qui abbiamo l’introduzione di una musica di consumo, quasi una musica leggera del tempo, con gli archi che eseguono una tipica melodia di valzer

Valzer del secondo movimento

Anche qui, ovviamente, ritroviamo “l’idea fissa”. In questo caso subisce delle mutazioni ritmiche dovendosi adattare al tempo in tre tipico del valzer. Risulta, quindi, quasi spumeggiante anche se all’inizio, in realtà, viene contrastata dalla sezione grave degli archi che crea momenti di disturbo. Successivamente la melodia si libra sopra tutto, accompagnata da un controcanto, e diventa quasi allegra e leggiadra, ben adattandosi, in questo modo, al clima di festa. E’ uno dei pochi momenti di serenità dell’intera composizione

Idea fissa nel secondo movimento

La parte finale di questo movimento rappresenta proprio la fine di questa scena di ballo. La velocità aumenta simulando quasi un vortice, sempre più veloce ed intenso, a chiudere le danze

Finale secondo movimento

Ovviamente per parlare di una composizione così complessa, strutturata su cinque movimenti, una sola puntata non basta.

A questo punto mancano il bellissimo terzo movimento, il quarto e quello probabilmente più famoso, il quinto, nel quale troviamo anche la rivisitazione del “Dies Irae”. Questa musica è stata usata anche nella colonna sonora di una delle scene più importanti del film “A letto col nemico (Sleeping with the Enemy)” del 1991, con una giovanissima Julia Roberts.

Scena di “A letto col nemico”

Per questo motivo vi do appuntamento al prossimo racconto.

Nel frattempo volevo lasciarvi con una considerazione fatta anni dopo la prima rappresentazione, nel 1855, dallo stesso Berlioz. E’ un ulteriore elemento di riflessione rispetto al discorso dell’inizio riguardante il dibattito tra musica “assoluta” e musica “a programma.

Il compositore affermò parlando di un concerto che prevedeva l’esecuzione sia della Symphonie Fantastique che di un’altra sua composizione, il monodramma “Lelio”:

Il seguente programma dovrebbe essere distribuito al pubblico ogni volta che la Symphonie fantastique viene eseguita drammaticamente e quindi seguita dal monodramma “Lelio” che conclude e completa l’episodio della vita di un artista.

Se la sinfonia viene eseguita da sola come pezzo da concerto, si può anche rinunciare a distribuire il programma e mantenere solo il titolo dei cinque movimenti. L’autore spera che la sinfonia fornisca da sola un interesse musicale sufficiente indipendentemente da qualsiasi intenzione drammatica”.

E se lo dice Berlioz stesso………..