Una canzone che è un viaggio nella capsula del tempo.
Puntata numero novantadue
Nell’autobiografia del famoso direttore d’orchestra Riccardo Muti, “Prima la Musica, poi le Parole”, edita da Rizzoli, c’è una frase che sintetizza mirabilmente un concetto che mi trova completamente d’accordo:
“Sopravvivono sempre le nostalgie, il ricordo di interpreti intoccabili, miti da non adombrare. Qualcuno preferisce conservare il mito piuttosto che farsene un altro. Non c’è dubbio che in ambito culturale un atteggiamento del genere è illegittimo: non si può fermare la storia”
A volte è capitato, all’inizio di queste “Molliche”, che io affermi : “questa è una puntata speciale”.
Sarà successo cinque o sei volte, penso. Ebbene questa è veramente una puntata speciale. Oggi non parliamo di brani storici ne di quelli più recenti come nei racconti dedicati a Billie Eilish, o Nick Cave, o alla colonna sonora di Interstellar.
Quello di oggi è un argomento di cronaca. In questi giorni, infatti, è stato pubblicato quello che è stato definito “l’ultimo brano dei Beatles”. Il suo titolo è “Now and Then”.

Anche nella congiuntura attuale, cioè in un momento nel quale notizie veramente inquietanti ci arrivano da più parti del mondo, questa “news”, meno importante di altre, ma comunque musicalmente rilevante, ha fatto molto rumore.
Il brano, infatti, non è stato recuperato, come a volte accade, da un polveroso cassetto, dove era finito negli anni 60, come “scarto” perché non aveva trovato collocazione in qualche album del quartetto. E’ invece il risultato di una sorta di “viaggio temporale”, come più avanti vedremo, che è durato quasi cinquanta anni, dalla metà degli anni 70 ad oggi.

Questa nuova uscita è stata commentata in vari modi. Si sono sprecati sia giudizi entusiastici che recensioni negative. La canzone è stata sviscerata e analizzata in tutte le sue componenti: la sua realizzazione, la produzione, la sonorità globale, lo stile esecutivo.
Pochi però hanno posto l’attenzione su un elemento che, per me, è di estrema importanza.
La pubblicazione di questa canzone si inserisce perfettamente nel contesto attuale. In questi anni , da un punto di vista musicale, molte delle “nuove” produzioni hanno la caratteristica di rivolgersi sempre più spesso al passato. Oggigiorno gli artisti, i loro fan e anche i produttori guardano ai “bei tempi andati” per proporre qualcosa che spesso assomiglia “all’usato sicuro”. Stili, mode, sovente interi brani dei decenni scorsi vengono riproposti, rimessi a nuovo e tirati a lucido, in una sorta di “operazione nostalgia” che sembra colpire quasi tutti.

Spesso si è arrivati anche ad eccessi, anacronistici e grotteschi, come il recente concerto degli ABBA realizzato con gli ologrammi che li rappresentavano com’erano quaranta anni fa.
Mentre altre forme artistiche , come accade ad esempio per il cinema, cercano di proporre nuove produzioni o nuovi percorsi come quelli intrapresi dalle serie televisive, la musica pare aver esaurito la sua spinta innovativa, la sua carica propulsiva.
Le cose sembrano, specialmente in Italia, ferme e rivolte, appunto, sempre all’indietro. E’ ovvio che tutto ciò è molto consolatorio. Il passato è conosciuto, dà sicurezza. Il passato non pone problemi di critica ed analisi che spesso sono già stati sviscerati e sono dati per scontati. Produrre cose nuove e diverse dalla moda corrente richiede coraggio, apertura mentale, qualità che scarseggiano nel panorama attuale. Il nuovo, infine, spesso mette un po’ di ansia, come tutto ciò che non si conosce.
Spesso accade che quando qualcuno propone musica diversa, alternativa al mainstream, sono proprio i fruitori di musica che se ne escono con frasi del tipo:” La vera musica era quella degli anni 60, oppure 70, o 80” e via dicendo a seconda della generazione di appartenenza.
Da sempre le generazioni non più giovani hanno il rimpianto della musica che c’era nel periodo della propria adolescenza ma, ultimamente, queste nostalgie stanno assumendo contorni sempre più rilevanti.

L’uscita del nuovo brano dei Beatles, la scorsa settimana, si inserisce perfettamente in questo panorama.
Più sopra ho affermato che questa canzone costituisce una sorta di viaggio temporale. Cerchiamo di capire perché.
I Beatles sono stati, probabilmente, il gruppo più importante della storia della musica diciamo leggera. Sono stati i primi a valorizzare il concetto di gruppo. Prima di loro, negli anni 50, esistevano i solisti, stars come Elvis Presley, Little Richard, Chuck Berry o Bill Haley per fare qualche nome. Erano loro le figure importanti, quelli che muovevano le folle. I musicisti che li accompagnavano, per quanto bravi, non avevano molta rilevanza dal punto di vista della presenza e del sound in generale.
Con i Beatles tutto questo cambia.

Loro sono un gruppo formato da quattro elementi, ognuno con la propria personalità. Ciascun membro è di fondamentale importanza non solo dal punto di vista compositivo-esecutivo, ma anche per quello che riguarda la creazione del sound generale del gruppo.
Tutto questo si rivelerà fondamentale nella realizzazione di “Now and Then”.

I Beatles hanno guidato la mode, senza subirle. Hanno influenzato i gusti dei giovani degli anni 60. La loro evoluzione artistica, nel giro di dieci anni, si è rivelata sorprendente. Se prendete, ad esempio, le loro prime incisioni come “Love Me Do” o “She Loves You” e le confrontate con una delle ultime tipo “The Long And Winding Road” vi troverete di fronte a qualcosa di totalmente diverso. Gli ultimi Beatles sembrano i fratelli maggiori dei “ragazzini” che avevano cominciato la loro carriera dieci anni prima.

Sono stati anche tra i primi a mostrare interesse per la cultura e la musica indiana facendo conoscere a tutti i loro fan quel grandissimo musicista, suonatore di sitar, che era Ravi Shankar.
Uno dei loro meriti che, secondo me, viene poco enfatizzato, è quello di aver concluso il loro percorso, la loro carriera, nel momento migliore, tra la fine degli anni 60 e gli inizi dei 70.
Dico questo perché in quegli anni la musica stava radicalmente cambiando.
Agli inizi degli anni 70 infatti i musicisti hanno avuto, da un punto di vista tecnico, un’evoluzione notevolissima. La musica, anche quella definita leggera, diventava qualcosa di molto importante, per le giovani generazioni, soprattutto da un punto di vista culturale. Non costituiva più un mero passatempo e la forma canzone, così come conosciuta fino ad allora dai Beatles, praticamente aveva fatto il suo tempo. Da una parte si stava affermando il rock più duro e sanguigno, chiamato appunto Hard Rock, con i suoi “eroi elettrici”, musicisti dalla tecnica strumentale molto più evoluta rispetto a quella dei colleghi del decennio precedente.
Dall’atra parte c’era il tentativo di far assurgere anche la musica “leggera” al rango di forma d’arte. Gruppi come Pink Floyd, Genesis, Jethro Tull o Yes, per citarne alcuni, proponevano brani che erano vere e proprie “suite” di ampio respiro sia come durata che come sviluppo compositivo. Se i Beatles avessero continuato probabilmente sarebbero risultati come “pesci fuor d’acqua” in un mare che non era più il loro, magari rischiando di sopravvivere a se stessi.
L’aver terminato l’attività all’apice del successo e delle capacità creative li ha, per così dire, consegnati alla storia e all’ammirazione imperitura dei fan.
Che fossero legati al loro decennio, gli anni 60, è testimoniato anche dal fatto che nessuno di loro, da singolo artista, tranne qualche eccezione rappresentata da alcune canzoni di successo internazionale, ha più ripetuto i fasti e il successo continuo che avevano avuto, come gruppo, in quel decennio.

Arriviamo, a questo punto, a parlare di “Now and Then”. Immagino voi tutti sappiate come la separazione dei Beatles non sia stata certo indolore, e non poteva essere diversamente. Vivere a stretto contatto per dieci anni e poi separarsi per motivi sia musicali che extramusicali non è certamente una cosa facile.
Verso la fine degli anni 70, passati un po’ di anni, soprattutto le due personalità più in conflitto, cioè John Lennon e Paul McCartney, stavano lentamente cominciando a riavvicinarsi.
In quegli anni Lennon, nel suo appartamento di New York, incide una cassetta con una serie di brani registrati in presa diretta, voce e pianoforte insieme. Su questa cassetta scrive qualcosa che si riferisce a Paul come se fosse destinata a lui. Ovviamente la qualità tecnica delle registrazioni si rivela deficitaria sia dal punto di vista del suono che, in qualche caso, anche della performance vocale. Del resto è una demo casalinga che contiene quelli che si potrebbero definire appunti musicali. Vi dovete immaginare John Lennon seduto al piano nel suo appartamento che canta, accompagnandosi al pianoforte, utilizzando un registratore a cassette di quelli in voga in quegli anni.
Nel 1980 purtroppo John Lennon muore, assassinato, praticamente sulla porta di casa, da uno psicopatico.

Il sogno di molti di vedere una reunion dei Beatles svanisce così definitivamente.
Della cassetta si perdono le tracce fino alla metà degli anni 90 quando Yoko Ono, inaspettatamente, la consegna a McCartney. Paul, ovviamente, la fa subito ascoltare agli altri Beatles. La decisione unanime è quella di cominciare a lavorare su tre brani presenti nel nastro.
I tre Beatles prendono i due pezzi più utilizzabili, “Free as a Bird” e “Real Love”, li rielaborano sistemandoli, pulendoli e suonandoci sopra, e li pubblicano come “bonus” inseriti in due antologie “Beatles Antology 1 e 2”. Provano ad utilizzare anche “Now and Then” che è il terzo brano presente nella cassetta, ma si scontrano con problemi tecnici insormontabili.
La canzone infatti era , da un punto di vista tecnico, veramente di scarsa qualità. La voce di John Lennon risultava “affogata” nel suono del pianoforte al punto da sembrare in secondo piano. Lo stesso pianoforte risultava abbastanza scordato, e quindi non utilizzabile. Ma il vero problema risiedeva in un fastidiosissimo ronzio di fondo causato dall’impianto elettrico dell’appartamento che, probabilmente non aveva una messa a terra adeguata.

I Beatles provano a lavorare su questo brano, registrando le loro parti strumentali, ma George Harrison, ad un certo punto si arrende sostenendo che il tutto non era accettabile da un punto di vista tecnico. Visto che una delle principali caratteristiche del gruppo era sempre stata quella di prendere tutte le decisioni all’unanimità, venendo a mancare il via libera di Harrison il progetto viene abbandonato ed il nastro ritorna ad essere chiuso in un cassetto.
Qualcuno di voi, a questo punto, si starà domandando come suona questo nastro.
Suona così
Essendo una demo non finita in tutte le sue parti ci sono, ovviamente, anche alcune problematiche dal punto di vista della performance vocale che non è sempre perfetta dal punto di vista dell’intonazione, ad esempio. Bisogna tenere conto del fatto che, alla metà degli anni 90, i software per correggere queste imperfezioni non erano ancora in commercio. Per intendersi il famoso, e oggi anche famigerato, Autotune sarebbe entrato in uso solo qualche anno dopo.
A causa di tutto questo “Now and Then” viene, come detto, riposta in un cassetto, che immaginiamo polveroso, e li rimane.
Nel 2001 poi anche George Harrison, purtroppo, ci lascia. È una perdita che taglia le ali ai due Beatles restanti come dichiarato dallo stesso Paul McCartney.

L’idea di utilizzare in qualche modo questo ultimo brano rimane però sempre tra i desideri di Paul, soprattutto per la stima e l’antica amicizia che lo avevano sempre legato a John Lennon.
Arriviamo così al 2022 quando i due Beatles incontrano il regista Peter Jackson, che aveva diretto una miniserie televisiva sui Beatles intitolata “Get Back”. Per realizzare questa serie era stato fatto un lavoro non indifferente, dal punto di vista sonoro. L’audio dei vecchi brani del quartetto di Liverpool era stato, per così dire, rimesso a nuovo. Il regista quindi rivela che, con la tecnologia ormai a disposizione, risulta possibile separare, nella registrazione della cassetta, la voce di John Lennon dal pianoforte.
E’ sufficiente, si fa per dire, far ascoltare il nastro ad un software programmato con algoritmi simili a quelli dell’intelligenza artificiale oggi tanto discussa e di moda. Il software stesso impara le caratteristiche della voce riuscendo così ad isolarla da tutti gli altri suoni e rumori presenti sul nastro.

Detto fatto. Paul McCartney prende il nastro, lo fa ascoltare alla macchina che riesce ad estrarre perfettamente la voce.
Per fugare ogni dubbio è meglio precisare che il software non ha ricreato artificialmente la voce di John Lennon ma l’ha semplicemente, si fa per dire semplicemente, estratta dalla vecchia registrazione.
In questo modo è stato possibile, come ha dichiarato lo stesso McCartney, lavorare su quella traccia vocale come fosse un normale, tra molte virgolette, missaggio.
Quella traccia vocale si è così trasformata, attraverso il contributo di tutti e quattro, in una canzone dei Beatles.
John Lennon è presente con la sua voce e con l’idea compositiva.

Paul McCartney ha reinciso le parti di basso, ha aggiunto delle chitarre e suonato la parte del pianoforte.
Ringo Starr ha reinciso le parti di batteria.

George Harrison è presente con le tracce di chitarra registrate a metà degli anni 90 che erano state conservate e sono state aggiunte al missaggio finale.

“Now and Then”, il brano concepito quasi cinquanta anni fa e realizzato attraverso tutte le vicissitudini appena narrate che lo fanno sembrare uscito dalla sceneggiatura di un film di fantascienza, è stato definitivamente portato alla luce la settimana scorsa.
Si potrà obbiettare, e qualcuno lo ha fatto, che tutta questa sembra essere un’operazione un po’ forzata e artificiale.
Bisogna però tenere conto del fatto che i Beatles sono sempre stati attentissimi allo sviluppo di nuove tecnologie e hanno spesso usato, nei loro brani, tutte le possibilità che l’innovazione tecnologica forniva loro.
Abbiamo parlato di questo aspetto nella puntata n. 25, dedicata a Strawberry Fields Forever. La canzone infatti sarebbe stata completamente diversa se il quartetto non avesse fatto ricorso a quelle che allora sembravano “diavolerie” tecnologiche, sfruttando le quali George Martin, soprannominato il “quinto beatle”, riuscì a fondere due composizioni, con caratteristiche di velocità e intonazioni dissimili, in una sola.
Oltre a questo, in molti brani i Beatles hanno fatto ampio ricorso a tutta una serie di effetti per modificarne il suono, fino ad arrivare, ad esempio, a far girare il nastro registrato al contrario per creare sonorità inusuali.
L’utilizzo della tecnologia a scopo creativo è sempre stato un” must” per i Beatles. Sottolineo l’aggettivo “creativo” per distinguere i loro interventi sulla musica da quelli cui siamo purtroppo abituati oggi. Ai nostri giorni, invero, spesso le risorse della tecnica vengono impiegate per rimediare a deficit esecutivi da parte di molti artisti o pseudo tali.
Scendendo un po’ nel dettaglio bisogna rilevare che il brano è stato modificato, rispetto all’originale, nella struttura. Non c’è, infatti, una parte di raccordo che Lennon aveva inserito tra le strofe e il ritornello, della quale non aveva completato il testo.
Nell’incisione finale la canzone passa direttamente dalla strofa al ritornello.
E come suona, alla fine, questa nuova versione del 2023?
Suona così
Ci sono altre cose da rilevare.
Le voci del coro di sottofondo sono prese da vecchie canzoni dei Beatles riadattate per questo brano. Verso la fine poi ci sono due assoli di chitarra. Uno è di George Harrison mentre l’altro, eseguito con una sonorità tipo “steel guitar” è di Paul McCartney che l’ha suonato nello stile di George come per fare un omaggio all’amico.
Infine esiste una parte orchestrale di archi che è stata composta, orchestrata e diretta da Giles Martin, guarda caso il figlio di George Martin. In questo modo il cerchio si chiude e il viaggio nel tempo è completo.

Come dicevo le reazioni del pubblico e della critica sono state diverse. Generalmente la canzone è stata accolta favorevolmente ed è ovvio perché a molti ha fatto piacere risentire, e anche rivedere nel filmato che accompagna il brano, tutto il gruppo riunito. Non sono mancate però, ed era prevedibile, anche alcune critiche.
Una di queste, che devo dire mi trova d’accordo, è che il brano è quasi, passatemi il termine “over” prodotto. L’impatto sonoro è massiccio e non ricorda assolutamente quello dei Beatles. Le parti registrate quest’anno, pianoforte e batteria soprattutto, suonano molto moderne, molto compresse. Probabilmente, anzi sicuramente, questa è stata la volontà di chi ha prodotto la canzone. Il risultato è un insieme di sonorità diverse e forse non poteva essere altrimenti. Del resto riproporre il suono anni 60 non avrebbe avuto molto senso ma forse, parere del tutto personale, si poteva evitare di “spingere” così tanto la sonorità generale.
È in ogni caso una realizzazione importante. Ma anche questo brano si inserisce perfettamente in un momento come questo nel quale la musica, sempre alla ricerca di sicurezze e conferme, si rivolge costantemente al passato.
Non è un caso che, proprio quest’anno abbiamo avuto, oltre a “Now and Then”, anche altri eventi che confermano questa tendenza. Pochi mesi fa, infatti è uscito l’ultimo album dei Rolling Stones, guarda caso il gruppo che negli anni 60 costituiva l’alternativa ai Beatles stessi. Per non parlare della pubblicazione dell’ultimo album di Roger Waters, membro di un altro gruppo storico come i Pink Floyd, che ha “riscritto”, riveduto e corretto, un classico come “The Dark Side of the Moon” dei primi anni 70.

Di fronte a questa che si potrebbe definire “operazione nostalgia” mi ritrovo ad essere sempre più d’accordo con la frase di Riccardo Muti riportata all’inizio.
Dall’altra parte mi rendo perfettamente conto però che spesso siamo legati ai miti musicali, e non solo, della nostra adolescenza e giovinezza. Capisco anche che, col passare degli anni, sia sempre più difficile trovare la voglia e l’entusiasmo di cercare qualcosa di nuovo.
La fuori però qualcosa di nuovo c’è e, a volte, questa riproposizione di vecchi miti, può impedire l’affermazione di chi sta cercando, a fatica nuove strade.
Al riguardo è perfetta una frase pronunciata da un importantissimo musicista italiano, vissuto a cavallo tra cinque e seicento. Questi fu accusato di voler abbandonare la strada della musica del passato riconosciuta valida, per affrontare un percorso del tutto nuovo e sconosciuto ai più. E’ un chiaro esempio che la voglia di “restaurazione” non è una novità odierna, anzi.

Questo musicista, il cui nome è Claudio Monteverdi, così rispose alle accuse:
“Preferirei essere poco elogiato per il nuovo stile che molto per quello per quello comune”.
Secondo me i Beatles non sono superati..È un ritorno al passato ascoltare Mozart? Così è per i Beatles: nel loro spirito creativo sono stati e saranno sempre i più grandi.
Dopo Mozart è stata scritta altra musica classica anche molto diversa e anche bella, ma lui non è mai stato né uguagliato e tantomeno superato.
Lo stesso vale per i Beatles.
La questione non e’ se i Beatles siano superati. E’ ovvio che il passato e’ importante e va conosciuto e apprezzato, ma dovrebbe essere uno stimolo in più’ per affrontare il futuro. Mozart a un certo punto ha capito( lui che era un genio) che doveva studiare Bach per migliorarsi Beethoven ammirava Handel ma questo non gli ha impedito di scrivere, soprattutto alla fine, musica che era avanti di un secolo. Mahler ha traghettato la musica nel XX secolo inserendo nella nona sinfonia forme musicali che guardavano a Bach eppure i giovani compositori dell’avanguardia avevano grande ammirazione per lui. I Beatles, come ho scritto, sono stati fondamentali per la musica moderna e vanno ascoltati, capiti ed amati, ma come loro avevano un sguardo verso il futuro cosi’ dovremmo averlo noi.
Grazie per il tuo contributo.
Bellissimo e approfondito articolo! I capolavori resteranno sempre tali.
Grazie per i complimenti. Sono contento ti sia piaciuto.
Ciò che conta nell’arte, in tutte le arti, inclusa soprattutto la musica, sono le emozioni che essa accende e che, allo stato anche minimale, colpiscono (quasi) ogni essere umano, anche bambino. L’evoluzione delle forme artistiche è
un concetto molto insidioso perché sembra riguardare soprattutto la critica d’arte professionalizzata, imparentata, sè dicente, con la cultura, e poi con l’apparato commerciale. La musica “moderna” post anni ’80, con qualche rarissima eccezione (discorso lunghissimo…) non ha toccato i livelli d’arte dei 2 decenni precedenti…inutile fare nomi, soprattutto odierni
Volevo solo aggiungere che evoluzione, in arte, non significa necessariamente migliorare, ma anche cercare nuovi percorsi. Io, ad esempio, penso che Ennio Morricone sia un mago nel suscitare emozioni nell’ascoltatore e lo amo molto, ma la colonna sonora che piu’ intrigante per me, ultimamente e’ quella di “Spencer” di Jonny Greenwood (membro, tra l’altro dei Radiohead e dei The Smile) che, per dirla col compianto Pierangelo Bertoli ha ” un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro”.
Grazie per il tuo contributo.
Sicuramente l’aver rispolverato questo brano e’ stata un’operazione commerciale. Sicuramente si e’ stravolta la musicalita’, essendosi avvalsi di tecnologie superlative e, nondimeno, in molti si scateneranno per le leve nostalgiche e forse, superate, di questa canzone. Cio’ non toglie che Now and then, emoziona. E se il fine giustifica i mezzi, allora ne e’ valsa la pena. Poi le critiche ci sono e ci saranno sempre. Non and then.
Che emozioni e’ fuori di dubbio e se si guarda il video che accompagna il brano l’impressione e’ ancora piu’ forte. Solo non penso che l’abbiano fatto per una questione economica essendo Paul McCartney e Ringo Starr due tra i piu’ ricchi musicisti. Sono convinto che cio’ che li ha spinti sia stata la voglia di “ritrovarsi” ancora una volta insieme. Grazie per il tuo commento.
Articolo bellissimo
Sono d’accordo in quasi tutto
L’unica cosa che mi trova perplessa e’ l’affermazione che i Beatles si siano sciolti al momento giusto perche’ negli anni 70 si sarebbero trovati come pesci fuor d’acqua.
La maggior parte delle innovazioni dei gruppi a venire erano gia’ state anticipate proprio dai Beatles
Grazie comunque
Grazie per il tuo intervento. La mia osservazione era riferita soprattutto al fatto che, negli anni 70 il livello tecnico dei musicisti ha avuto un’impennata veramente notevole e il pubblico, di conseguenza, voleva vedere i virtuosi sulle chitarre, tastiere e su tutti gli strumenti.
Solo questo. Grazie ancora.
Questa mollica è uno spunto interessante per riflettere sul passato e futuro.
Io penso che ľimprinting sia fondamentale.
Prendiamo ad esempio l’inno di Mameli: bello o brutto che sia, credo sia difficile che non smuova qualcosa di profondo dentro di noi.
E se consideriamo la pubblicità radiotelevisiva notiamo come questi ultimi anni faccia largo uso delle musiche dei “bei tempi”.
Forse perché il potere decisionale delle agenzie pubblicitarie è nelle mani di persone di una certa età?
O perché le canzoni di una volta erano più orecchiabili e fischiettabili?
O, come dici tu, semplicemente perché ľusato è sicuro?
Guarda caso, ľultimo spot di Amazon è accompagnato dalle note di “In my Life” dei Beatles.
I quali comunque, come dici, hanno uno sguardo dritto e aperto nel futuro: “these memories lose their meaning when I think of love as something new”
Hai centrato l’aspetto più importante. La mollica voleva appunto far riflettere un pò su una tendenza che c’è sempre stata e che ultimamente sta diventando sempre più generalizzata e pressante , cioè quella di cercare e trovare conferme sempre guardando all’indietro. Penso che il compito di un artista, in tutti i campi, sia quello di indicare e far vedere prospettive diverse, senza rinnegare ciò che è stato ma prendendone spunto e indicazioni per guardare avanti. Poi le persone storicamente hanno sempre fatto un pò di fatica, giustamente, a seguire alcune correnti. La musica, da questo punto di vista, è, forse, più penalizzata di altre arti perché per la sua natura e per l’influenza che ha sulla nostra sfera emotiva è vissuta, quasi sempre, come un qualcosa che ci deve dare un piacere immediato e che non ci deve mettere troppo in difficoltà, altrimenti ci sentiamo “traditi”. (Questo è un discorso un pò lungo che magari sarà oggetto di una prossima puntata). Poi è vero che, spesso, le canzoni di una volta erano più orecchiabili anche perché, l’offerta era più limitata e venivano proposte e “consumate” più lentamente.