Cielo Attrazione fatale

Umberto Nannelli

Un amore appassionato ma incompiuto

Puntata numero 41

Certe volte mi chiedo se noi che cantiamo insieme e per il pubblico non siamo rimasti per caso un club di signorine romantiche che giocano a pallamano fra le mura di un giardino di melograni, mentre fuori la gente si sbrana”.

“Tutte le sere quando finisco un concerto desidererei rivolgermi alla gente e dire loro: Tutto quello che avete ascoltato fino adesso è assolutamente falso, così come sono assolutamente veri gli ideali e i sentimenti che mi hanno portato a scrivere queste cose e a cantarle”. Ma con gli ideali e i sentimenti si costruiscono delle realtà sognate, mentre la realtà quella vera ci aspetta fuori dalle porte del teatro”.

Queste sono alcune frasi dalle quali traspare chiaramente il pensiero che sta alla base delle azioni e delle canzoni di uno dei più grandi musicisti, poeti, cantanti e cantautori italiani, Fabrizio De André.

Ascolta il Podcast

Abbiamo già parlato di lui in uno degli articoli precedenti riguardante il brano” Questi posti davanti al mare”, scritto da Ivano Fossati e  cantato assieme a Francesco De Gregori e de André, appunto. Quel brano è stato scritto composto e registrato verso la fine degli anni 80, nel periodo che passa tra realizzazione di un  capolavoro della musica italiana ed europea come” Creuza de Ma”, e la registrazione di un altro disco,  capolavoro anche questo della musica italiana ed europea, uscito agli inizi degli anni 90 intitolato” Le Nuvole”. Entrambi gli album sono a firma di Fabrizio De André.

Metto insieme questi due dischi, abbastanza diversi tra loro, perché il brano di cui ci occuperemo oggi, “Monti di Mola”, fa parte dell’album “Le Nuvole” ma per come è stato pensato, concepito e realizzato, avrebbe potuto tranquillamente far parte di “Creuza de Ma” sei anni prima.

Verso la metà degli anni 80 De André ha operato una svolta molto significativa nel suo modo di scrivere le canzoni che  è stata da lui perfettamente spiegata in un’intervista nella quale si è espresso con le seguenti parole :

Non se ne poteva più della musica in quel periodo, e soprattutto della musica importata dall’Inghilterra e dall’America, che faceva piuttosto schifo. Allora ci siamo detti, beh, non capire per non capire, almeno che la musica sia sopportabile”.

Quindi decise di fare qualcosa di completamente diverso, qualcosa che richiedeva un gran coraggio per un artista conosciuto per il suo modo forbito di scrivere e per i suoi testi pieni di significato con molti riferimenti letterari. Compose un intero album in una lingua del tutto incomprensibile, praticamente sconosciuta anche agli abitanti del luogo da cui quella lingua proveniva, un disco in lingua genovese arcaica.

In realtà questo album avrebbe dovuto avere i testi in una lingua inventata che doveva riunire in se un po’ tutti gli idiomi delle popolazioni che si affacciano sul Mediterraneo. Poi decisero, lui e il coautore in pratica di quel disco, il musicista Mauro Pagani, di scriverlo in lingua genovese.

Mauro Pagani è il deus ex machina” che ha aiutato De André ha realizzare un prodotto completamente innovativo rispetto alle tendenze del momento, e che andava contro anche ai desideri e alle aspettative dei discografici, preoccupatissimi di un disco di questo tipo. Uno di loro disse infatti a prodotto finito,

Beh, speriamo almeno di venderne qualche copia a Genova”.  Un’ulteriore esempio di quanto spesso l’industria discografica italiana sia povera di inventiva e succube di tutto ciò che arriva dall’estero.

De André e Mauro Pagani

 I fatti, però, diedero ragione a De André e a Pagani perché il disco ebbe un successo incredibile sia di vendite che di critica al punto tale che, uno dei musicisti più importanti di quel periodo, David Byrne, dei Talking Heads, lo definì uno dei dieci dischi più importanti degli anni 80 a livello mondiale.

Creuza de Ma rappresenta  la realizzazione di un esperimento trasversale  tendente a unire tutte le culture e tutta la musica del Mediterraneo. De André e Pagani hanno impiegato mesi nella ricerca di sonorità, di strumenti e di idee per poterlo assemblare e, alla fine, il prodotto rappresenta un mix veramente interessante di strumenti etnici tipici delle culture del Mediterraneo, uniti ad un solido impianto di musica rock europea con una ritmica di basso batteria e tastiere, l’uso di una lingua dalle sonorità inusuali  e l’introduzione di uno dei gli strumenti musicali  più innovativi per il periodo, il sintetizzatore Synclavier.

Bouzouki

Il risultato è un progetto del tutto originale, completamente diverso dai dischi che andavano per la maggiore in quel periodo.

La sonorità globale  si evince già dall’ascolto del primo brano che è questo

Creuza de Ma

Come detto in precedenza per un cantautore così importante come lui ci voleva veramente un coraggio da leone. E’ necessaria, infatti, una personalità artistica molto forte per guidare le cose e non farsene trascinare seguendo le mode le convenzioni,  e lui l’aveva eccome questa personalità.

Dopo il successo di questo album per circa cinque anni de André non ha più prodotto delle novità da un punto di vista musicale a parte la sua collaborazione in non un paio di brani di cui uno è stato appunto” Questi posti davanti al mare”.

Uno dei motivi risiede anche nel fatto che lui sosteneva di essersi stancato di cantare in italiano perché il fatto di utilizzare un idioma diverso dal solito e così strano gli aveva fatto scoprire o riscoprire le sue qualità di cantante, e non dovendo preoccuparsi di esprimere in modo intelligibile un testo molto classico e forbito poteva più facilmente concentrarsi sulla performance vocale.  Una delle sue caratteristiche principali infatti, spesso non giustamente valutata dal pubblico, è sempre stata quella di possedere un timbro vocale molto particolare . De André aveva una voce dal registro grave , piena ma al contempo estremamente definita e perfettamente intellegibile, cosa estremamente difficile a trovarsi.

E in questo periodo lui voleva essere più un cantante che è un cantautore, e da qui la sua resistenza a scrivere un altro disco in italiano come invece gli era stato chiesto più volte anche dallo stesso Mauro Pagani.

In ogni caso, come si evince dalle due frasi riportate all’inizio, De André è sempre stato un personaggio molto attento a tutto quello che succedeva nella società e anche molto attivo da un punto di vista dell’interesse politico in senso generale, nel senso migliore del termine. Lui si è reso conto, verso la fine degli anni 80, di come ci fosse bisogno di un intervento più preciso e più determinato degli artisti, per affrontare quelli che erano i problemi della società italiana.

il disco del 1990 “Le Nuvole”, nasce appunto da questa considerazione. Le nuvole, per De André, rappresentano tutto ciò che ci impedisce di vedere il sole. Praticamente sono una metafora del potere che non permette al sole, che rappresenta la verità e la luce, di arrivare fino a noi. Da qui la decisione di dividere il “long playing”, allora in commercio c’erano già i CD ma il supporto preferito erano ancora gli LP, in due facciate. La prima riguardava il potere, per cui tutti i personaggi si esprimono in italiano, e la seconda era riferita agli oppressi e tutti i protagonisti delle canzoni parlano in idiomi dialettali.  Infatti ci sono due canzoni in genovese, una in napoletano e ” Monti di Mola” appunto cantata i  gallurese arcaico, cioè in dialetto sardo.

Bubola e DE André

Per lavorare a questo album si è affidato non solo all’aiuto di Mauro Pagani ma anche a quello di altri due musicisti molto importanti, uno conosciutissimo come Ivano Fossati, e l’altro, col quale   aveva già collaborato ai tempi dell’album “Rimini“, il veronese Massimo Bubola.

 Per poter gustare appieno questo brano è molto importante ascoltarlo in condizioni ottimali,  con un buon impianto o delle buone cuffie, solo così si potranno godere appieno tutte le sfumature riguardanti il suono e l’ arrangiamento. Del resto, se ci pensate, la musica andrebbe ascoltata in una situazione ideale simile a quella che troviamo, ad esempio, quando andiamo in un museo per gustare una mostra. I quadri sono, ovviamente, situati in modo ottimale, con l’illuminazione corretta per poter apprezzarne appieno i colori e  la bellezza. Anche per la musica bisognerebbe ricreare una tale  situazione che permetta di assaporarne tutte le sfumature.

Ivano Fossati

In questo brano, ad esempio, non ci sono dei cambiamenti estremamente rilevanti tra una sezione e l’altra, ma sono presenti molte sonorità diverse, sfumature di pennellate di colore che vanno colte per poter arrivare all’essenza di questa canzone.

Mauro Pagani

La storia raccontata è una storia d’amore. Un amore che però non trova la sua giusta conclusione, nel senso che i due protagonisti non riescono a convolare a giuste nozze. È un racconto veramente appassionato e appassionante come si evince da alcuni versi che vi traduco in italiano:

Sui Monti di Mola la mattina presto un giovane Bruno e aitante stava tagliando rami,

e gli occhi si incontrarono mentre cercavano acqua,

e l’acqua sgocciolò dai musi insieme alle bave,

e lei aveva gli occhi color del mare, e a lui dalle narici usciva il maestrale”.

Questo loro  amore favorisce l’invidia perché  c’è una donna che li guarda ed è veramente gelosa della loro felicità:

Sul posto una brutta vecchia nascosta fra le frasche,

piangendo e guardando diceva tra sé con le bave alla bocca,

 beata lei mamma mia che bell’uomo, beata lei giovane e bruno,

beata lei io muoio da sola, beata lei me lo ricordo bene”.

A un certo punto i due protagonisti arrivano in paese perché, come dice il testo, in Gallura non passa un’ora senza che le notizie volino, e sono pronti per festeggiare il loro matrimonio, anche il prete è pronto, ma improvvisamente la cerimonia si ferma perché dai documenti si evince che questi due in realtà sono cugini di primo grado.

 Il testo termina in questo modo:

E lei ragliava incantata ea ea ea e ,

e lui rispondeva pronunciando male ae ae ae a”.

Questo perché lei, in realtà, non è una donna ma un’asina.

E’ una storia originale, interessante ed estremamente particolare.  L’atmosfera,  le vicende  e l’andamento  della vita in Gallura, vengono perfettamente delineate dalla musica, con un inizio che parla da solo

Inizio

Qui abbiamo praticamente uno strumento a percussione che assomiglia a delle maracas, che sottolinea un andamento ritmico costante e lento. Poi c’è un bouzouki, strumento tipico greco

che esegue una melodia molto semplice fatta di pochissime note. Questa melodia però ha una caratteristica ritmica  molto evidente in quanto la seconda nota enfatizza un cosiddetto tempo debole, cioè il levare, dando senso di rotondità e ciclicità alla melodia stessa.

Dopo questo inizio c’è l’entrata del, come lo chiama Mauro Pagani, solido impianto rock, e ovviamente della voce di De André

Quello che voglio sottolineare è che questo brano è stato scritto e arrangiato avendo ben chiare quelle che sono le caratteristiche e le sonorità della musica popolare, essendo basato, in pratica, solamente su tre accordi che sono gli accordi più importanti della musica folk occidentale , quelli sulla prima nota, sulla quarta e sulla quinta nota della scala. Ve li faccio sentire al pianoforte.

Accordi al piano

 Praticamente se non fosse un brano in gallurese e non fosse stato scritto da de André potrebbe tranquillamente essere una forma di blues oppure, meglio, un qualsiasi canto popolare europeo o extraeuropeo.

Come detto, a rendere ancora più bello e particolare il tutto è, in realtà, la cura dei suoni.  L’arrangiamento che è stato costruito su questo scheletro così semplice è qualcosa di delicato sottile ed estremamente significativo.

La prima” botta di suono” particolare arriva ovviamente con la voce di De André

Prima strofa

Dopo queste strofe entra il coro eseguito da lui stesso, da Pagani, e dal cantante dei “ Tazenda”, gruppo sardo molto importante , purtroppo recentemente deceduto. È un coro che sottolinea il canto dell’asina che chiama il suo amato con il richiamo ea ea ea e, al quale lui risponde, non capendo esattamente, ae ae ae a

Primo coro

A questo punto si riprende la strofa con una piccola ma significativa variante , l’aggiunta della fisarmonica, altro strumento popolare, suonata da un grandissimo musicista come Flavio Premoli, che movimenta un po’ l’arrangiamento arricchendone  ulteriormente la sonorità

entrata fisarmonica

Per sottolineare la cura con cui è stato realizzato questo brano notate come il suono della fisarmonica sia sotto, appena udibile, ma sufficiente per enfatizzare e dare un ulteriore spunto alla strofa rimarcandone il sapore popolare ed etnico, molto prima che la musica etnica diventasse un fenomeno di moda.

Un altro momento significativo lo troviamo quando il coro ha una parte ancora   più incisiva. Qui bisogna notare   l’impasto delle voci  perché, se fate caso, sul canale sinistro potete sentire la voce di De André eseguire dei bassi profondissimi e veramente di sostegno, che fanno somigliare questo coro ad un canto di pastori sardi

Coro con voce bassa De André

 Significativa, inoltre, è la sezione rappresentata dalla melodia solista, eseguita da un flauto , con una sonorità molto soffiata e volutamente non precisissima dal punto di vista dell’intonazione che contribuisce  ad arricchire ulteriormente la tavolozza timbrica di questo brano

Sezione col flauto

Dopo l’esecuzione della melodia il flauto assume una funzione prettamente ritmica dimostrando, ancora una volta, come spesso  sia sufficiente aggiungere poche note per creare un andamento ancora più movimentato.

In realtà il segreto, chiamiamolo così, di questo e la presenza di una parte ritmica che rimane invariata praticamente attraverso tutte le varie sezioni, e gli elementi sovrastanti cambiano costantemente creando situazioni diverse, non in modo eclatante bensì con delle sfumature, come farebbe un pittore che, dopo aver predisposto praticamente quasi tutto quello che deve esserci sulla tela, lavora agli ultimi ritocchi con le sfumature di colore.

In questo brano gli ultimi ritocchi sono le entrate dei vari strumenti, il lavoro sulle varie sonorità, e l’affresco risultante è molto interessante e vario anche in presenza di un motore ritmico sottostante  che continua imperterrito per tutto il brano.

Monti di Mola

 Ovviamente questa canzone   va gustata senza soluzione di continuità, facendosi  trasportare in questo mondo, sopra questi Monti di Mola in Gallura, per apprezzare il quadro che Fabrizio de André  e Mauro Pagani ci dipingono. E alla fine  potremmo  affermare che l’unico rammarico , purtroppo, è che questo giovane e aitante pastore e questa bellissima asina, non siano riusciti a coronare il loro sogno d’amore convolando a giuste nozze per il banale motivo  che, dai documenti, risultavano cugini di primo grado.