Il sontuoso album di esordio di una pianista, cantautrice e cantante estremamente talentuosa
Puntata numero ottantasette
“Eseguiva alla perfezione le sonate di Beethoven. ma poi si stancava e attaccava le sue canzoni rock. Così chiamavo i miei figli ad ascoltarla. Rimanevano tutti estasiati.”
Pat Springer, insegnante di pianoforte, così parlava della sua allieva Tori Amos.
Molti sono, ovviamente, i parametri che ci permettono di capire se un musicista, un cantante, un interprete, un compositore sia veramente valido o meno.
Uno di questi, spesso abbastanza sottovalutato, è la capacità di utilizzare la Dinamica.
In musica si intende col termine dinamica tutto il lavoro che viene fatto sui volumi e sul modo in cui questo influenza le frasi musicali. Dinamica riguarda l’utilizzo del “forte”, del “piano”, e di tutte le sfumature che si possono ottenere tra questi due estremi. Nella musica definita “classica” soprattutto quella dei secoli più vicini a noi, ad esempio si indicano con piano, pianissimo, mezzo forte, forte, fortissimo, per citarne solo alcune, tutte queste sfumature. Ovviamente, come abbiamo già detto, queste indicazioni, non essendo possibile avere un a scala precisa di valori, dipendono dal periodo storico, dal tipo di musica e dalle scelte che fa l’interprete.

Quando frequentavo il Conservatorio il mio maestro soleva ripetere :
“Stai attento a come questo musicista utilizza la dinamica, così potrai capire molte cose”.
La dinamica influenza tutta la composizione. Influenza l’arrangiamento e determina il “feeling” col quale l’autore o l’interprete portano al pubblico la propria creazione o esecuzione. Ovviamente anche il modo col quale le persone percepiscono il brano musicale è grandemente influenzato dalla dinamica.
Più volte, in questi racconti, abbiamo sottolineato come la musica sia un linguaggio e che, come il linguaggio parlato ad esempio, abbia determinate regole, scritte o meno, e consuetudini. La dinamica fa parte di queste regole e costituisce un parametro fondamentale attraverso il quale la musica fa arrivare le emozioni.
Come esemplificazione di questa comunione tra il linguaggio parlato a quello musicale voglio farvi ascoltare un frammento di una cosa che, apparentemente, sembrerebbe non c’entrare molto con la musica ma, in realtà, ha caratteristiche simili e uguale espressività.
Si tratta del monologo di una delle ultime scene di un film molto conosciuto intitolato “Scent of a Woman”, interpretato da quello straordinario attore che si chiama Al Pacino.

La scena si svolge nell’aula magna di un college americano. Al Pacino interpreta un ex generale dell’esercito, divenuto cieco, che difende un ragazzo, col quale aveva stretto amicizia, allievo di quell’istituto. Non vi racconto la storia, ovviamente, ma l’accusa per il ragazzo è di non aver voluto rivelare i nomi di alcuni suoi compagni che si erano resi colpevoli di un atto punibile dal punto di vista disciplinare.
Questo è un frammento del monologo
Il monologo prosegue e vi consiglio caldamente di guardare tutta la scena, e anche il resto del film ovviamente.
Nella versione italiana il doppiatore è Giancarlo Giannini, ottimo attore, ma qui Al Pacino è a un livello veramente notevole.
Nel discorso parlato la dinamica è, come avete potuto sentire, fondamentale. Pensate ad un oratore o a un conferenziere che si esprimesse sempre con lo stesso volume e tono uniforme di voce. Tutto risulterebbe estremamente monotono e poco efficace ai fini della comprensione da parte del pubblico.

Nella musica leggera queste escursioni dinamiche presenti nella scena del film vengono in parte viste come qualcosa da contenere, da limitare. Esistono delle apparecchiature chiamate “compressori di dinamica”, il cui compito è quello di livellare questi sbalzi di volume. Il loro compito è di alzare le frasi che risultano troppo basse e abbassare quelle troppo forti. Lo scopo è quello di far fruire la musica anche in tutte quelle situazioni, all’aperto, in auto, in un locale, nelle quali i volumi troppo contenuti sarebbero praticamente inudibili.
Per esemplificare meglio vi faccio sentire un frammento di una composizione famosissima che ha, anche nella dinamica, uno dei suoi punti di forza. Si tratta del “Bolero” di Maurice Ravel il cui inizio può essere ascoltato solo in un ambiente silenzioso perché l’indicazione è “pianissimo”
Per farvi capire l’importanza dell’escursione dinamica in musica vi faccio ascoltare le ultime battute dello stesso brano quando suona l’orchestra al completo
Il Bolero di Ravel senza la dinamica perderebbe, ovviamente, tantissimo del suo fascino.
Tutto questo discorso serve evidentemente per introdurre in maniera adeguata il, o meglio la, protagonista del racconto di oggi.

Tori Amos, infatti, sa sempre come utilizzare sapientemente la dinamica per rendere nel modo più efficace quello che vuole trasmettere con la sua musica.
Tori in realtà è un soprannome. Il suo vero nome infatti è Myra Ellen Amos. E’ nata nel 1963 in Carolina del Nord. E’ importante far notare come sia figlia di un Reverendo Metodista e di un’insegnate di origine indiane Cherokee. Soprattutto la figura del padre è fondamentale perché il loro rapporto si dimostra, da subito, estremamente conflittuale.
Possiamo definire anche lei una bambina prodigio e se facciamo mente locale potremmo renderci conto che, in questi ultimi racconti, abbiamo spesso incontrato personaggi di questo tipo: Fred Buscaglione, Renato Carosone, ovviamente Handel, e anche Pat Metyheny e Lyle Mais.
Tori Amos ha cominciato a suonare a tre anni, a quattro ha composto le sue prime musiche e a cinque è diventata la più giovane allieva del Conservatorio di Baltimora, un record, praticamente.

Lei però ha sempre amato profondamente la musica rock e, in particolare, i Led Zeppelin, Jimi Hendrix e i Doors. Del resto la frase del suo insegnante riportata all’inizio è molto significativa al riguardo.
Ha cominciato presto a lavorare, suonando nei locali anche quelli un po’ malfamati di Los Angeles. Purtroppo nel 1985, alla fine di un concerto viene violentata sulla strada di casa e questo evento segnerà indelebilmente, e non poteva essere altrimenti, tutta la sua vita e anche la sua musica.
Nel 1992 Tori Amos pubblica il suo primo album :”Little Earthquakes”.

In realtà qualche anno prima ne era uscito un altro. Il titolo, abbastanza strano in verità, è “Y Kant Tori Read “. Era stato però un vero fallimento dal punto di vista commerciale e lei stessa ne ha più volte preso le distanze.
Ma, come ha spesso dichiarato :
“Il fallimento è stato un grande insegnante per me. Quando io ho cominciato c’era la possibilità di sbagliare e di crescere. Oggi agli artisti non è data la possibilità di crescere. Penso che molti artisti possano trovare la propria voce proprio attraverso la sofferenza di momenti di crisi come quello che ho passati io.”
Conscia del suo valore, sia come musicista che come ”songwriter”, non si dà per vinta e arriva, come detto, a pubblicare il suo primo vero album nel 1992. Ironia della sorte vuole che anche in questo caso la sua casa discografica, all’inizio, non ne voleva sapere sostenendo che, testualmente, “A nessuno può interessare un album di una ragazza che suona il piano”.
Perché in questo lavoro, abbastanza vario dal punto di vista delle atmosfere sonore, accanto a brani più canonici e appetibili per il mercato, ci sono alcune ballate per voce e pianoforte che, a mio modo di vedere, ne costituiscono proprio la parte più interessante.

Tra i brani con un’orchestrazione più ampia “Crucify” è, senza dubbio, uno di quelli di maggior impatto . Il testo è un’analisi abbastanza cruda del suo conflittuale rapporto con la religione, determinato in parte dalla figura paterna. E non si capisce se si riferisca a Dio oppure proprio a suo padre.
“Ho cercato un salvatore in queste strade sporche. Alla ricerca di un salvatore sotto queste lenzuola sporche. Ho alzato le mani, piantato un altro chiodo. Proprio ciò di cui Dio ha bisogno, un’altra vittima. Perché ci crocifiggiamo ogni giorno? Mi crocifiggo e nulla di ciò che faccio è abbastanza buono per te. Mi crocifiggo, ogni giorno”.
In questo brano ci si può già fare un’idea sia della capacità di scrittura delle canzoni che della sua tecnica nell’utilizzare la voce. Bisogna far presente che in quegli anni non esistevano ancora software che potessero sistemare, ad esempio, l’intonazione pertanto tutto quello che si sente è reale e in presa diretta, ovviamente con le possibilità di ripetere le esecuzioni offerte dai registratori multitraccia.
Altro esempio di testo, ancora più crudo e toccante, lo troviamo nel brano “Me and a Gun”. Qui Tori Amos parla in modo esplicito della violenza subita e per rendere maggiormente le sensazioni esegue la canzone “a cappella”, cioè solamente con la voce senza nessun accompagnamento strumentale. L’effetto è veramente molto forte.
“Ero io e una pistola
E un uomo sulla mia schiena
E ho cantato Santo Santo
Mentre si sbottonava i pantaloni.Puoi ridere, è un po’ divertente
Le cose che pensi in momenti come questi
Come “Non ho visto Barbados”
Quindi devo uscire da questo”.
E’ evidente come Tori Amos, nella sua tavolozza espressiva, abbia molti colori per rendere le atmosfere e le emozioni.

Ma è soprattutto nelle ballate voce e pianoforte che si possono apprezzare maggiormente le qualità di scrittura e di esecuzione di Tori Amos.
Uno dei momenti topici, da questo punto di vista, è “Silent All These Years”. L’introduzione del pianoforte sembra musica “colta” (passatemi il termine ma è per capirci) del 900 ed è veramente inconsueta per una canzone di musica leggera. L’arrangiamento è ridotto all’osso in quanto voce e pianoforte sono supportati solamente da una sezione d’archi che suona in modo minimale ma molto efficace.
Per quello che riguarda la sua maestria nell’uso della dinamica un brano, in particolare, è degno di nota. Il titolo è “Winter” ed eseguito in modo spettacolare. E’ dedicato al padre. Il testo descrive una bambina che si prepara ad uscire d’inverno, per poter giocare con la neve. C’è un dialogo toccante tra padre e figlia. Lui fa capire che nulla durerà per sempre, che le cose cambiano piuttosto velocemente e le offre dei consigli. Del resto le cose erano cambiate anche nella realtà tra Tori Amos e suo padre, che si erano riavvicinati di molto. Il reverendo Amos, infatti, arriverà a rivalutare la figlia esprimendosi in modo realmente lusinghiero nei suoi confronti :”Mia figlia è geniale. E’ il Mozart femminile dei nostri tempi”. Ora il paragone è indubbiamente azzardato ma la genialità di Tori Amos non si discute.

Su questo disco “Winter” è una bella canzone resa molto bene, con un arrangiamento ridotto all’essenziale che ne mette in risalto tutte le sfaccettature. Io però volevo porre la vostra attenzione su una versione dal vivo di questo brano, che potete facilmente trovare su YouTube. Ascoltandola tutto il discorso fatto all’inizio sulla dinamica vi risulterà ancora più chiaro. L’esecuzione è solamente per voce e pianoforte e entrambi gli strumenti vengono utilizzati in modo estremamente musicale ed efficace.
Verso la fine del brano c’è un altro momento spaziale per quello che riguarda l’utilizzo dei colori e della dinamica
Bisogna sottolineare come contemporaneamente all’uscita di questo album, Tori Amos ha pubblicato anche un EP (extended play) contenente solo quattro pezzi di cui tre sono cover di brani famosissimi. Anche in questo caso l’esecuzione è in diretta, solo voce e pianoforte.
Una di queste canzoni è famosissima. Si tratta del “manifesto” del “Grunge” anni 90, “Smells Like Teen Spirit” dei Nirvana. La versione originale del gruppo di Kurt Cobain, che immagino molti di voi conoscano, è questa
Affrontare un brano del genere, vero inno del Grunge, con il solo ausilio di un pianoforte che accompagna la voce, richiede, ovviamente molto coraggio e consapevolezza.
La versione di Tori Amos, che molto probabilmente Kurt Cobain avrà avuto modo di ascoltare, perché siamo nel 1992 è, come direbbero gli inglesi “outstanding”. Anche l’esecuzione al pianoforte dimostra gusto e una capacità tecnica di tutto rispetto
Un’assoluta fuoriclasse.
Sempre in questo EP c’è un altro brano, “Thank You”, che è stato inciso dai Led Zeppelin nel 1969 nel loro secondo album, del quale abbiamo parlato nella puntata n. 22.
Tori Amos rende al meglio, con estrema delicatezza, il significato di un testo molto poetico, vero inno all’amore:
“Se il sole si rifiutasse di splendere, io ti amerei ancora.
E quando le montagne rotoleranno verso il mare, ci saremo ancora noi due.
Donna, ti do tutto quello che posso. Donna gentile, niente di più.
Piccole gocce di pioggia che sussurrano nel dolore.
Lacrime d’amore perse nei giorni passati.
Il mio amore è forte, e con te non c’è niente di male.
Insieme andremo fino alla morte.
Ispirazione è quello che sei per me. Ispirazione, guarda e vedi.
E così oggi il mio mondo sorride, la tua mano nella mia percorriamo chilometri.
Grazia a te sarà fatto. Tu per me sei l’unica”.
Dopo questi due Tori Amos ha pubblicato, nel corso degli anni ben 14 album in studio e due dal vivo confermandosi uno dei più grandi talenti della musica leggera dei nostri tempi.
Che bel viaggio, Sandro! Grazie mille!!!🌻🌻🌻🖤🤍❤️🔥
Veramente un personaggio da tenere in considerazione. Grazie a te Elena.
Grazie Sandro, un percorso molto bello che mi fa amare ancor più Tori Amos. Ed era difficile.
Sono contento di aver contribuito a rinnovare la tua passione musicale per questa grande artista. Grazie per il tuo commento.
Grazie per aver messo così bene illustrato la natura duttile e insieme la forza del dinamismo. Una mollica nutriente come non mai. 🙂 Bellissima la versione del brano dei Led Zeppelin!
Mi fa molto piacere che tu riesca sempre a cogliere il vero senso che sta dietro e dentro questi racconti, e anch’io ho un debole per la versione di “Thanks You”. Grazie per il tuo supporto.