Una melodia immortale scritta per una tipologia di cantante che oggi non esiste più
Ventiseiesima puntata
Nel 1994 esce nelle sale cinematografiche un film di Gerard Corbiau, di produzione italo -francese, vincitore di un Golden Globe e che ha avuto anche una nomination agli Oscar, , che attraverso il racconto della vita di un personaggio importante come il cantante Carlo Broschi, più conosciuto con il nome d’arte di Farinelli (1705-1782) , racconta anche, con molto realismo, di uno degli aspetti più controversi e di difficile comprensione oggigiorno della storia della musica, cioè quello riguardante i cantanti cosiddetti castrati.
Questo è stato un fenomeno molto importante e, passatemi il termine “di moda” per tutto il periodo barocco e fino alla fine del XVIII secolo.
Il film si intitola “Farinelli voce regina” e al suo interno uno dei momenti emotivamente più coinvolgenti si ha quando il protagonista intona l’aria “ Lascia Ch’io Pianga” composta da Georg Friedrich Haendel che è l’oggetto di questo episodio.
Per cercare di capire il caso dei cantanti castrati bisogna calarsi nella realtà del tempo cercando di evitare il giudizio su quanto è avvenuto nei secoli passati alla luce della mentalità e delle convinzioni dei nostri giorni perché, altrimenti, un fenomeno del genere risulterebbe molto difficile da capire.
Intanto bisogna premettere che la parola “castrato”, per il significato spregevole che poteva assumere, fu spesso sostituita da altre locuzioni, come “cantori evirati“, “musici” o “soprani naturali”.
I cantori evirati divennero in alcuni casi veri e propri fenomeni mediatici. A loro si devono le prime manifestazioni di divismo.
Erano adorati dalle folle e potevano permettersi qualsiasi tipo di capriccio come, ad esempio, sostituire un’aria di un’opera che non gradivano con un’altra che secondo loro era più adatta alle loro capacità vocali.

Furono impiegati da molti operisti e compositori soprattutto nel XVII e XVIII secolo, sia nelle opere che nei cori polifonici della chiesa che poi, verso la metà dell’Ottocento, bandi definitivamente questi artisti.
Per capire il fenomeno bisogna rendersi conto che, a quel tempo, la carriera di cantante era una delle poche possibilità che i ragazzi di famiglie povere avevano per cercare di costruirsi una vita economicamente dignitosa e , per questo motivo, i cantori che da bambini avevano una voce bianca interessante venivano castrati, per impedire la “muta della voce” e per cercare di mantenere inalterate le qualità vocaliche li caratterizzavano.
Asportando chirurgicamente i testicoli, la mancata produzione di testosterone faceva sì che la voce mantenesse quel timbro infantile anche da adulti.
Le loro famiglie infatti facevano verificare ad un maestro di cappella o a un organista se il ragazzo avesse il talento e la voce per essere sottoposto all’operazione, nella speranza che, cosi facendo, potessero raggiungere il successo e progredire nella scala sociale e nella considerazione popolare. A volte era la famiglia che procedeva direttamente a far castrare il ragazzo, altre volte provvedeva il conservatorio presso il quale i bambini prestavano la loro attività.
Nel caso di Farinelli fu molto probabilmente il fratello Riccardo, musicista anch’esso e compositore, a far in modo che Carlo fosse sottoposto a questa operazione.
Ogni anno circa 4.000 ragazzi europei venivano castrati, soprattutto in Italia e, ovviamente, solo una piccola parte di loro raggiungeva poi il successo e la fama. Gli altri finivano per condurre una vita ancora più grama di quella che avevano prima.
Da quello che possiamo sapere dai trattati e dai racconti dell’epoca le caratteristiche vocali di questi personaggi erano veramente notevoli.
Avevano un’estensione molto ampia cha andava dalle note più gravi fino ad un registro da soprano verso l’acuto, e questo era importantissimo nelle opere in cui molto spesso i personaggi femminili erano interpretati da uomini, appunto, stante il divieto per le donne di calcare il palcoscenico.
Ma il loro punto di forza era una capacità polmonare incredibile che permetteva loro di sostenere note con una durata inarrivabile agli altri cantanti.
Questa capacità di tenere le note lunghe è stata anche quella che permetteva a Farinelli di vincere le numerose sfide sia con altri cantori sia con suonatori di strumenti a fiato, che spesso ingaggiava in pubblico, e una delle scene principali del film mostra, appunto, una di queste sfide, avvenuta in una piazza di Napoli, con un trombettista che alla fine viene sconfitto e umiliato.
Alla fine della scena il popolo che assisteva da a Carlo Broschi il soprannome di Farinelli perché era abitudine per tutti i cantanti avere quello che oggi si direbbe un nome d’arte. In realtà l’origine del nome Farinelli rappresenta un omaggio alla famiglia di Napoli, la famiglia Farina, che aveva preso sotto le sue ali protettrici il ragazzo mantenendolo agli studi.
Oggi noi non sappiamo esattamente come fosse il suono della voce di un castrato anche se, in realtà, esiste una registrazione audio dei primi del 900 dell’ultimo dei cantanti castrati, Alessandro Moreschi (1858-1922) conosciuto come “l’Angelo di Roma”. Questa registrazione però non è del tutto fedele sia per la scarsa qualità dell’audio sia perché all’epoca il Moreschi era alla fine della sua carriera e, in ogni caso, non raggiunse mai, a quanto si sa, i livelli tecnici e stilistici dei cantanti più famosi.
Nel film lo svolgimento delle vicende è caratterizzato dal rapporto molto conflittuale che ci fu tra Farinelli appunto e uno dei compositori più importanti di quel periodo che è Georg Friedrich Haendel tedesco poi naturalizzato inglese tanto è vero che il suo cognome si può trovare scritto in molti modi come Handel con la umlaut oppure Haendel o ancora semplicemente Handel.

Haendel (1685- 1759)è stato coevo di Bach è considerato il più “italiano” dei compositori europei sia per i suoi numerosi viaggi nel “Bel Paese” sia per il suo gusto per la melodia e per il bel canto che sono sempre stati una prerogativa della musica italiana.
Ha composto molte opere tra cui il “Rinaldo” all’interno della quale vi è l’aria “Lascia Ch’io Pianga”.
Una delle prime cose da notare è che il ritmo di quest’aria è particolare. Si tratta infatti di una Sarabanda che è una danza lenta in ritmo ternario, danza molto comune all’epoca.
Una delle sarabande più famose di Haendel è quella che è stata utilizzata da quel eccellente regista cinematografico che risponde al nome di Stanley Kubrick in uno dei suoi film più significativi “Barry Lyndon” e che suona così
Tornando alla nostra “aria” bisogna dire che Haendel aveva composto il tema principale già anni prima, nel 1704, per un brano strumentale inserito nell’opera “Almira” la cui linea melodica è questa….

Non deve suscitare stupore il fatto che Haendel riutilizzasse temi o melodie già composte in precedenza per altre occasioni perché questa era una pratica molto diffusa all’epoca anche a causa della quantità enorme di lavoro cui i compositori erano costretti. Un esempio su tutti è quello di Rossini che molto spesso utilizzava interi brani spostandoli da un’opera all’altra per poter fronteggiare le pressanti scadenze che gli venivano imposte da chi gli commissionava il lavoro.
A questo punto è utile chiarire il procedimento che è stato adottato dal regista e da chi ha curato la parte musicale del film “Farinelli Voce Regina” per riprodurre il suono della voce del protagonista visto che, per fortuna, ai nostri tempi i castrati non esistono più.

La voce di Farinelli, che da un punto di vista attoriale è stato interpretato dall’attore italiano Stefano Dionisi, mentre il ruolo del fratello Riccardo è sostenuto da Enrico Lo Verso, è stata ottenuta artificialmente al computer miscelando due vocalità, quella di un soprano femmina e quella di un cosiddetto falsettista in modo da ottenere l’ampio registro tipico dei castrati. Per questo motivo la voce che voi sentirete non esiste in natura ma è ugualmente interessante
E’ un’aria che la protagonista dell’opera rivolge al proprio carceriere e il testo è il seguente :
”Lascia ch’io pianga mia cruda sorte, e che sospiri la libertà, e che sospiri la libertà”.
La strofa viene poi ripetuta secondo una prassi del periodo e, come vedremo, questo si rivelerà un aspetto molto importante.
Alla fine della seconda strofa c’è una parte strumentale che riprende la melodia principale. Finito questo momento di raccordo arriva la parte centrale dell’aria che utilizza questo testo :
”Il duolo infranga, queste ritorte (catene), dei miei martiri sol per pietà, dei miei martiri sol per pietà”
Alla fine della parte centrale c’è la ripresa della strofa iniziale.
Questo era il momento, secondo la prassi del periodo barocco, in cui il solista, il cantante in questo caso, “fioriva “ la melodia con variazioni, trilli , improvvisazioni melodiche e vari virtuosismi che mettevano in risalto le abilità tecniche e che rappresentavano un momento particolarmente apprezzato dal pubblico.

Nel film , in questo momento, mentre Farinelli è impegnato in queste variazioni, in uno dei palchi è presente l’autore del brano, Haendel appunto, che viene emotivamente travolto dalla bravura del cantante che sta eseguendo la sua aria al punto tale da avere uno svenimento.
Le variazioni che vengono eseguite sono queste
Ovviamente, alla fine di questi virtuosismi cosi spettacolari il pubblico, come ben rappresentato nella scena del film, andava in visibilio. In particolare l’acuto prolungato che viene tenuto alla fine era una delle caratteristiche principali, come detto, della vocalità dei castrati.
E’ lecito chiedersi come oggi si possano rappresentare le opere del periodo barocco che prevedevano la presenza dei castrati.
In genere ci sono due soluzioni.
Quella più semplice è di utilizzare voci femminili da soprano specializzate in questo tipo di repertorio.
La seconda soluzione, meno comune, ma molto interessante, è quella di utilizzare quelli che vengono chiamati “controtenori” che sono cantanti uomini che, attraverso uno studio della postura della mascella e di tutti gli organi di fonazione riescono a ottenere una qualità vocale molto simile non a quella dei castrati ma a quella, ad esempio, di un mezzosoprano femminile.
Hanno delle voci incredibili e se le si ascolta ci si rende conto a fatica che si tratta di uomini.
Uno dei più famosi e più bravi ai nostri giorni è il francese, di origine russa, Philippe Jaroussky il cui repertorio comprende anche quest’aria che, cantata da lui, suona così
E’ una vocalità bellissima e molto particolare e vi assicuro che vederlo cantare, su YouTube ci sono parecchi filmati, è veramente straniante le prime volte.

Tra l’altro , sempre su YouTube, trovate un’altra aria meravigliosa sempre di Haendel cantata da lui che si intitola “Ombra mai fu” tratta dall’opera “Serse” che ha un inizio di una bellezza sconvolgente quando sulla vocale “o” di “Ombra mai fu” Jaroussky esegue una nota tenuta con un suono veramente celestiale.
Eccola qua
Solo un piccolo accenno così, tanto per gradire.
In sostanza “Farinelli Voce Regina” è stato un film che, personalmente, ha aperto una finestra su un mondo che conoscevo poco e che mi è stato presentato in modo molto interessante.
E’ uno di quei film che non rinunciano allo spettacolo ma, nel contempo, danno anche sensazioni, emozioni ed informazioni facendo un’operazione culturale molto importante, cosa di cui c’è grande bisogno in questi tempi spesso così aridi.
Su YouTube ci sono solamente alcune scene ma lo potete recuperare tranquillamente a noleggio.
La scena di “Lascia Ch’io Pianga” la trovate facilmente e vale la pena di guardarla perché è uno spaccato di quella che era la vita nel mondo dello spettacolo in un periodo non così lontano dal nostro da un punto di vista temporale ma molto estraneo per quello che riguarda costumi e abitudini e modo di vivere.