Senza titolo
dal “Flauto Magico” di Mozart
Puntata numero quarantasette
Il direttore d’orchestra Pietro Mianiti ha affermato recentemente durante un’intervista:
“Io credo che Mozart sia il maestro di tutti noi. Quindi Mozart va eseguito e ascoltato sempre. Mi ricordo di una persona che diceva “Io ascolto Mozart quasi tutti i giorni”, ed io gli ho risposto “Male, perché andrebbe ascoltato tutti i giorni”.
Il trenta settembre 1791 andava in scena a Vienna presso il Theater auf der Wieden, chiamato anche Freihaus-Theater auf der Wieden la prima rappresentazione di “ Die Zauberflote”, in italiano “Il Flauto Magico” di Mozart al quale successivamente è stato assegnato il numero di catalogo K620.
In pratica una delle sue ultime composizioni tenuto conto che Mozart morirà poi due mesi dopo, nella notte del 5 dicembre dello stesso anno, lasciando incompiuta la sua ultima composizione, il famosissimo Requiem il cui numero di catalogo è K626.

L’accenno al luogo dove si è svolta la prima del Flauto Magico è di estrema importanza perché è fondamentale essere a conoscenza del fatto che il Theater auf der Wieden era un teatro situato in quella che allora era la periferia di Vienna e, soprattutto era un teatro popolare. Ha avuto una vita molto breve, solo quattordici anni, ma è stata una vita intensa perché molte sono state le rappresentazioni che ha ospitato e, fra queste, numerose repliche dell’opera di Mozart.

Era situato in un quartiere particolare che, in virtù di un editto imperiale di un secolo e mezzo prima, era sostanzialmente una zona franca, esentasse diremmo oggi. Una specie di Livigno in pratica.
Di conseguenza molte sono state le attività commerciali che si sono sviluppate in quel quartiere e la vita economica e culturale era molto vivace.
Il Flauto Magico viene spesso definito un’opera ma, in realtà, è più corretto denominarlo con un termine tedesco, “Singspiel” cioè una forma di teatro musicale, tipicamente in lingua tedesca, che si differenzia dall’opera italiana, sia quella seria che quella buffa, perché prevede sia parti musicate che recitate, contrariamente a quanto avviene nell’opera italiana dove, oltre alle parti più melodiche come le arie, l’azione viene portata avanti attraverso i recitativi o il “recitar cantando”.
Nel singspiel la vicenda viene raccontata attraverso la recitazione, come accade, ad esempio nell’operetta oppure, più vicino a noi, in alcuni musical.

Questa mancanza di recitativi, unita a una struttura molto agile che prevedeva al massimo due atti, rendeva questo genere musicale perfetto per il teatro popolare. Va ulteriormente specificato che il testo era non solo in tedesco, ma spesso in una forma di dialetto tipica di Vienna, abbastanza diverso dalla lingua ufficiale. Un po’ come, da noi, la lingua napoletana è sostanzialmente diversa dalla lingua italiana.
Il Flauto Magico rappresenta, in pratica il primo esempio di quella che diventerà l’opera tedesca che si differenzierà molto da quella italiana che, al tempo di Mozart, rappresentava ancora il modello più conosciuto da pendere come esempio.
In realtà Mozart aveva già scritto un altro singspiel , di grande successo, un decennio prima , il “Ratto del Serraglio” che era stato però rappresentato nel Teatro Nazionale su commissione dello stesso imperatore Giuseppe II, quindi per un pubblico completamente diverso e, senza ombra di dubbio, più nobile.

Invece il Flauto Magico è stato concepito dagli autori, che sono Mozart per la parte musicale , e il capocomico Emanuel Schikaneder per quanto riguarda il testo anche se , ultimamente, si pensa che , in realtà, il libretto non sia tutta farina del suo sacco, per un pubblico, appunto, di estrazione sociale più popolare.
La gestazione dell’opera è stata abbastanza particolare perché, in quel teatro, i lavori venivano svolti in modo quasi collettivo in quanto gli autori si riunivano in un edificio adiacente lavorando collettivamente e rimaneggiando in continuazione il libretto dell’opera che risulta, per questo motivo, un po’ discontinuo come stile e qualità.
Mozart stesso ha composto la musica in un periodo abbastanza lungo per i suoi standard, circa sei mesi. Un po’, come si dice, a spizzichi e bocconi, mentre portava a termine anche altri lavori che non poteva rifiutare vista la precaria condizione economica.
Vorrei insistere su queste origini, diciamo così, popolari del Flauto Magico perché, in realtà, alla luce dell’odierna situazione cultural-musicale, mi sembra un fattore decisamente importante.

In un periodo come l’attuale, infatti nel quale molto spesso ci si lamenta, giustamente, di come la televisione, le radio e i mass media in generale trascurino, nella loro programmazione , gli eventi di un certo spessore culturale, come spettacoli teatrali, concerti o balletti è interessante rilevare come Mozart abbia superato il problema affrontandolo alla radice creando cioè uno spettacolo, il Flauto Magico, appunto, che magicamente, possiamo dire, parla a livelli diversi ad un pubblico molto vasto, utilizzando linguaggi via via comprensibili a tutti i ceti sociali con formazione culturale diversa, parlando un linguaggio universale ricercando una visione del mondo in cui tutte le classi sociali possano ritrovarsi unite con i medesimi diritti e le stesse possibilità di fruire di una rappresentazione.
Questo denota una profonda convinzione illuminista filtrata anche attraverso il credo massonico di Mozart e Schikaneder, entrambi affiliati ad una delle Logge viennesi.

L’influenza delle convinzioni massoniche è molto presente in questo singspiel che è disseminato di molti indizi che ci fanno risalire a quelli che erano gli ideali tipici della massoneria.
Questi diversi linguaggi e generi musicali attraverso i quali il Flauto Magico ci parla ancor oggi, vengono messi in evidenza fin dall’inizio da Mozart.
Già nell’ouverture abbiamo l’utilizzo di uno stile musicale molto alto, forse il più complesso e astratto possiamo dire, la “fuga” genere nel quale una voce propone un tema che poi viene ripreso e variato dalle altre voci in modo sempre più complesso.
All’inizio abbiamo tre accordi che chiariscono subito l’influenza dei simboli massonici visto che il numero tre è molto importante per gli “iniziati”, che sono i seguenti
Sono tre accordi, pieni, solenni che stabiliscono un’atmosfera molto particolare e, subito dopo questa introduzione lenta, comincia la fuga
Dopo questo linguaggio che è musicalmente il più alto ,abbiamo, nella prima scena, già un livello diverso quello, in pratica, dell’opera seria in stile drammatico.
Infatti il protagonista, il principe Tamino, entra in scena inseguito da un serpente, altro simbolo massonico che rappresenta l’eresia e il peccato, e sentite come Mozart rappresenta musicalmente questo momento
Subito dopo Tamino sviene e arrivano tre dame che si scoprirà essere al servizio della famosa “Regina della Notte” che sconfiggono il serpente. Immediatamente, guardando Tamino si accorgono che è un giovane principe estremamente avvenente e, di conseguenza, parte una querelle tra di loro in quanto ognuna vuole mandare le altre due a comunicare alla regina il ritrovamento di Tamino , solo per poter restare da sola con il principe
Ne nasce un battibecco, potremmo dire tra zabette, che viene raccontato da Mozart utilizzando un linguaggio e degli stilemi propri dell’opera buffa
Questa è una scena veramente tipica dell’opera buffa.
Poi la musica cambia ancora linguaggio.
Infatti entra in scena un altro dei personaggi principali, il cui nome è già tutto un programma: Papageno.

In pratica è un uccellatore. Vive nei boschi e cattura uccelli per portarli alla Regina della Notte. E’ un personaggio fiabesco, dal carattere estremamente semplice, probabilmente lui stesso metà uccello e metà uomo.
Rappresenta l’uomo comune del popolo e tutto quello che lo riguarda tradisce la sua origine popolare. Anche la musica a lui dedicata è, sempre, semplice. Le sue arie assomigliano molto a delle canzoni da osteria tanto è vero che all’inizio si pensava che Mozart avesse preso dei veri canti popolari, ipotesi poi del tutto smentita quando ci si è resi conto che erano tutti originali di Mozart.
Questo fatto permetteva a chiunque, anche ai popolani meno avvezzi alle cose della musica, di cantare le sue arie. Papageno, infatti , si presenta così
Ricapitolando già in queste prime scene abbiamo l’utilizzo di stili e modi di comporre musica del tutto diversi. Lo stile più alto e, se vogliamo intellettuale, quello della fuga, lo stile tipico dell’opera seria e drammatica cui il pubblico viennese di un certo livello era abituato, lo stile leggero e comico dell’opera buffa che incontrava sempre più favore in larghi strati della popolazione e quello popolare, della canzone, apparentemente senza pretese.
In pratica Mozart, circa 230 anni fa, aveva già risolto la problematica cui accennavo in precedenza, confezionando uno spettacolo che, come tutte le vere opere d’arte, riusciva, e riesce tutt’ora, a parlare linguaggi diversi a seconda del livello e della conoscenza delle persone che a quello spettacolo assistevano.
E la cosa più eclatante è che ha fatto tutto questo senza mai cadere nel banale o nello scontato come potevano suggerire quelle che, anche allora, erano le leggi del mercato.
Non è qui il caso di raccontare la trama del Flauto Magico, che è abbastanza complessa. Quello che è importante sapere è che, come in un thriller che si rispetti, il pubblico, fino a metà spettacolo , crede, semplificando molto, che i buoni siano alcuni e i cattivi gli altri, per scoprire, nel secondo atto , come le cose siano esattamente all’opposto.

Abbiamo due personaggi principali, la Regina della Notte e Sarastro che all’inizio sembrano , rispettivamente, il buono e il, diciamo così, cattivo che ha rapito la figlia della Regina stessa, per poi scoprire come , in realtà , le cose stiano esattamente al contrario.
L’aspetto sul quale volevo porre l’attenzione è che, all’interno di tutti questi vari generi musicali, Mozart riserva un’attenzione veramente particolare alle voci.

In questo spettacolo abbiamo due personaggi cui ho appena accennato, La Regina della Notte e Sarastro, il sacerdote, che rappresentano due vocalità veramente particolari e quasi estreme da un punto di vista dell’estensione. Le loro arie sono molto complesse e di notevole difficoltà esecutiva. Risultano, però, accattivanti ed entusiasmanti all’ascolto. In pratica all’interno di uno spettacolo concepito per il popolo ci sono questi due personaggi che cantano delle cose tecnicamente quasi trascendenti come complessità.
Al solito Mozart ci propone queste difficoltà in modo tale da farle sembrare quasi semplici e naturali.
La prima aria della quale ci occupiamo è quella della Regina della Note. Aria conosciutissima che tutti voi, immagino, avete sentito almeno una volta. Come tutte le arie d’opera prende il titolo dai primi versi: “Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen”, ma da noi è conosciuta ,più semplicemente, come l’aria della Regina della Notte.
Mozart mette qui a durissima prova il soprano che la affronta. L’aspetto particolare è che, al solito, Mozart l’ha scritta avendo bene in mente le qualità dell’interprete della “prima”, la cantante Josepha Hofer, che era sua cognata, una soprano in possesso di una vocalità particolarmente agile e in grado di padroneggiare in modo efficacissimo il registro più acuto.
L’inizio è tipico dell’opera drammatica. E’ molto concitato perché lo scopo del personaggio è fornire un pugnale alla figlia per costringerla ad uccidere il Sacerdote Sarastro. L’atmosfera è bella tesa
Anche se non si comprende il tedesco è evidente come la Regina sia, per così dire, incavolata di brutto. Nella versione che vi propongo questo ruolo è interpretato da una soprano tedesca veramente spaziale, Diana Damrau, di una bravura eccezionale come dimostra subito dopo questa introduzione, nel momento che tutti attendono e da tutti conosciuto, che è il seguente
Questo passaggio, per un soprano è come vincere una gara alle olimpiadi stabilendo contemporaneamente il record mondiale perché richiede un’agilità e una resistenza fuori dal comune, qualità che spesso sono in contrasto tra loro.
L’estensione massima cui arriva quest’aria è un fa, il fa cinque, per la precisione che vi faccio sentire com’è
Oltre al problema di estensione esiste anche un problema legato al fraseggio perché la gran parte di quello che avete sentito finora, soprattutto nelle note più acute, è eseguito con la tecnica dello “staccato” nella quale ogni suono viene leggermente separato dagli altri ma, subito dopo, la musica richiede una padronanza del “legato” una tecnica con la quale le note vengono eseguite senza soluzione di continuità tra loro. Il passaggio è questo
Noi non conosciamo Josepha Hofer, cognata di Mozart, ma se quest’aria è stata scritta apposta per la sua voce, doveva essere una gran cantante.
In questa versione Diana Damrau è spaziale in quanto , oltre a quanto detto, ha anche una precisione nell’intonazione di tutte le note che ha dell’incredibile.

Poco prima di questo, che è forse il momento più conosciuto, abbiamo un’altra aria bellissima con la quale Mozart prende la voce umana e la fa scendere, passatemi l’espressione, in cantina, verso i limiti estremi del registro grave.
L’aria di Sarastro, il sacerdote il cui nome allude al profeta persiano Zoroastro, che si scopre nel secondo atto essere il saggio rappresentante della setta degli “Iniziati”, è uno dei brani più solenni dell’intero lavoro ed è inserita in una scena estremamente importante per Mozart. Questa scena rappresenta, infatti, la preghiera recitata da un “supremo” votato al culto del sole, da cui il titolo “O Isis und Osiris”, per ottenere assistenza per i due aspiranti discepoli, Tamino e la principessa Pamina, nel superamento delle difficili prove per poter essere ammessi al tempio da lui governato.
Anche questa è stata scritta per le caratteristiche dell’interprete della “prima”. E’ evidente come in quel periodo, a Vienna, i cantanti fossero veramente notevoli.

L’andamento è solenne, calmo e posato, sia per il significato del testo sia perché la qualità vocale, che è quella di un basso profondo, richiede un trattamento completamente diverso rispetto a quella di un soprano.
Qui siamo agli estremi del registro umano all’opposto rispetto a prima
Alla fine di questo momento Sarastro tocca, quasi di sfuggita la nota più grave di quest’aria che è un fa 1 , la stessa che chiuderà l’aria stessa e che verrà sostenta molto di più.
Per farvi capire il fa uno è questo
Ovviamente il problema non è solo arrivare a prendere una nota così grave ma, soprattutto, quello di sostenerla e darle corpo. Questo alla fine dell’aria sarà chiaramente percepibile grazie all’interpretazione di questo meraviglioso basso che è Franz Josef Selig, uno degli interpreti, come gli altri ascoltati finora, di un’edizione veramente spaziale di quest’opera.
Prima di arrivare a sostenere questa nota alla fine dell’aria, Sarastro ha uno slancio melodico e sembra inerpicarsi, per il tipo di voce, verso l’acuto, sempre con molta calma e solennità in questo punto
Io sono un po’ di parte in questo caso perché questa è una delle arie e delle musiche che amo particolarmente. Trovo bellissima la linea melodica, eccezionale la scrittura di Mozart, ovviamente, e notevolissima questa esecuzione. Sentire una voce coì grave muoversi in questo modo, arriva direttamente alle viscere e a me, personalmente commuove.

A ulteriore dimostrazione dell’incredibile varietà di situazioni, serie, spiritose, drammatiche, di speranza, solenni, racchiuse in quest’incredibile esempio dell’ingegno umano, volevo chiudere facendovi sentire un duetto.
Lo troviamo verso la fine che si svolge fra Papageno e quella che, dopo averla bramata per tutto lo spettacolo, si rivela essere la donna che cercava, cioè Papagena.
Solamente un genio come Mozart poteva ricavare da questi due nomi e da questi personaggi che vengono rappresentati spesso somiglianti a un gallo e una gallina, lo spunto per creare una musica di questo tipo

Quando un artista è un genio, e Mozart fa parte senza ombra di dubbio di questa categoria, riesce a scrivere un lavoro che parla veramente a tutti i livelli ed è comprensibile a chiunque indipendentemente dalla preparazione, dalla conoscenza, dalla ricchezza, dalla saggezza, dall’estrazione sociale. Mozart riesce a comunicare con tuttia questa variopinta umanità per unirla, idealmente , in un mondo e in un modo di vivere, dominati dalla luce e dalla conoscenza contro il buio dell’ignoranza e del pregiudizio.
Per chi avesse ancora di Mozart una visione solamente di un ragazzo prodigio, un po’ superficiale e a volte burlone, il Flauto Magico, come gran parte delle opere che ha scritto, rappresenta una smentita clamorosa, perché lascia intravedere come il suo ideale di vita, per se stesso e per l’umanità tutta, fosse qualcosa di molto elevato, un ideale che oggigiorno noi stiamo ancora ricercando e chissà se, e quando, riusciremo a ottenerlo.
Veramente eccellente! Adoro Mozart, adoro il Flauto magico e ho apprezzato molto la narrazione che ha fatto dell’opera. Grazie mille.
Ringrazio molto e, se non è un problema, il “tu” andrebbe benissimo. Il Flauto Magico è veramente un capolavoro immortale .
Sì, Sandro, hai proprio ragione ☺️ (io mi chiamo Marina)
Centellinata ogni parola come gocce di un ottimo distillato; conosco bene perché ascoltata parecchie volte ma questi dettigli che hai soffuso sono davvero preziosi. Grazie. 😀
Anch’io, per preparare il racconto , riascoltando questi brani ho scoperto cose nuove. Mozart si presta sempre a diversi livelli di lettura. Grazie del commento
“Se si mettesse un bel lucchetto sulla bocca di chi dice bugie, non più odio, calunnia o sangue amaro ci sarebbe, ma un buon fraterno amore!” “…e sii forte, silenzioso, paziente e vincerai da uomo.” “…se tutti avessero questi campanelli, ecco che sarebbero come fratelli! Solo l’amicizia porta armonia e non c’è letizia senza simpatia!” “Se si spargono giustizia e virtù, i mortali sono simili agli dei…” “Con la potenza della musica camminiamo sereni attraverso la notte della morte.” “Abbiamo attraversato il fuoco, proteggici anche dai flutti…” “I raggi del Sole dissipano il buio, annullano i poteri ingannatori…” ” La virtù incorona la bellezza e la saggezza, per sempre!” 🙂
Esattamente. Brava.
🙂