La Morte e la Fanciulla

Egon Schiele

Puntata numero cinquantasette

Le mie creazioni sono frutto delle mie conoscenze musicali e del mio dolore. Quelle frutto soltanto del dolore sono quelle che il mondo apprezza di meno.

Quando volevo cantare l’amore esso si trasformava, per me, in dolore, e se allora avessi voluto cantare solo il dolore, esso diveniva amore. Così amore e dolore si sono divisi la mia anima”.

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Schubert è un altro di quegli artisti che ci hanno lasciato molto giovani. Per quello che riguarda la musica i primi due che mi vengono in mente sono Pergolesi, morto a soli ventisei anni, e Mozart che di anni ne aveva trentacinque.

Schubert ha vissuto solo trent’un anni essendo nato nel 1797 a Vienna dove è morto nel 1828, solamente un anno dopo Beethoven che pure era nato quasi trent’anni prima di lui.

Nella sua breve vita ha però composto una quantità di brani nettamente superiore a quella di tanti altri compositori che magari hanno goduto di vite più lunghe e più felici della sua.

Franz Schubert

Si è cimentato in molti generi musicali ma, probabilmente, è stato soprattutto con la musica cosiddetta “da camera” che ha raggiunto i risultati più notevoli.

Infatti raramente nella sua carriera si e trovato a esibirsi in concerti teatrali davanti ad un grande pubblico, mentre invece la sua attività musicale si svolgeva frequentemente nelle case di amici o nobili, in quelle famose riunioni serali che venivano chiamate, in suo onore, “Schubertiadi” nelle quali lui dilettava gli astanti eseguendo, al pianoforte, soprattutto Lieder, ma anche sonate , trii, tutta musica, insomma, per piccoli “ensemble” in una atmosfera molto intima e raccolta.

“Schubertiade” Moritz von Schwind

Questo fatto, unito alla sua breve vita, fa si che Schubert difficilmente venga considerato alla stregua dei tre grandi monumenti della musica europea, Bach, Mozart e Beethoven. In realtà, se solo la sua vita fosse durata qualche anno in più, un posto d’onore accanto a questi tre mostri sacri, lo avrebbe avuto di diritto.

Ha vissuto trent’anni  contemporaneamente a Beethoven ma era un musicista completamente diverso dal genio di Bonn sia da un punto di vista artistico che per le idee che professava.

Tanto Beethoven era legato agli ideali dell’Illuminismo, che si rispecchiavano perfettamente nella sua musica, tanto Schubert faceva, a tutti gli effetti, parte del secolo successivo in quanto precursore del Romanticismo e di un’idea completamente diversa della vita e del ruolo di un artista.

Ludvig Van Beethoven

Questa diversità è sancita, oltre che dalla musica, anche dal pensiero dello stesso Schubert che nel suo epistolario e nei suoi scritti afferma a un certo punto:

Fantasia sei il tesoro più prezioso degli uomini. Fonte inesauribile alla quale attinge l’artista come lo scienziato. Rimani fra noi anche se pochi ti rispettano e ti onorano. Preservaci da quel mostro scheletrico ed esangue che chiamano Illuminismo”.

Questa frase è stata scritta nel 1824, lo stesso anno in cui vedeva la luce la “Nona” di Beethoven che, tra le altre cose, era anche un inno agli ideali illuministici.

Due artisti profondamente diversi pur essendo vissuti, praticamente, entrambi a Vienna.

Dicevo grandissimo e prolifico compositore di musica da camera e, soprattutto, di “Lieder”.

Il “Lied”, singolare di Lieder, è un tipo di composizione strettamente legato alla cultura germanica. Il termine, in effetti, è intraducibile in italiano. Spesso viene definito “canzone” ma i due generi sono abbastanza diversi.

Il lied, generalmente, ha un organico molto ridotto, quasi sempre una voce e un pianoforte, e anche una forma abbastanza semplice visto che sovente la struttura è costituita da due o tre parti che, spesso, vengono ripetute.

Per darvi un’idea di quanto sia radicata nella cultura tedesca questa forma vi riporto una definizione che ne da Friedrich. von Schlegel, filosofo e critico tedesco vissuto anch’egli tra la fine del 700 e i primi decenni del secolo successivo:

Enigmatica per l’intelletto, chiara al sentimento, la voce del Lied risuona dalle misteriose profondità dello spirito e della poesia”.

Il Lied è la canzone sono diversi per alcuni motivi.

Innanzitutto i  Lieder sono sempre basati, a differenza delle canzoni, su testi poetici. Gli argomenti sono tra i più vari: personaggi mitologici, paesaggi, stati d’animo, anche animali (uno bellissimo di Schubert è intitolato, ad esempio, “La Trota”). L’aspetto emotivo inoltre può essere sentimentale, malinconico, drammatico, religioso.

Tutti i più importanti musicisti tedeschi hanno affrontato questo tipo di composizione. Oltre allo stesso Schubert che ne ha composti più di seicento arrivando, in alcuni periodi, a scriverne anche sei o sette al giorno anche Schumann, Mendelssohn, Brahms , Liszt, Wagner, Mahler, Richard Strauss,  Schoenberg si sono cimentati in questo tipo di composizione. Inoltre, è questa forse la differenza più importante rispetto alle canzoni così come noi le intendiamo, la parte del pianoforte non è quasi mai un semplice accompagnamento della voce, ma riveste un ruolo attivo, quasi fosse un personaggio al pari di quello rappresentato dalla voce. Questo fatto contribuisce ad esaltare ed enfatizzare lo sviluppo drammaturgico del brano, sottolineando alcune atmosfere, proponendone altre, in una sorta di dialogo paritario con la voce stessa, come vedremo più avanti.

Nella canzone ciò non avviene. La musica delle canzoni ha , quasi sempre, solo un ruolo di accompagnamento teso a stabilire, tuttalpiù un’atmosfera emotiva generale. Non ha un valore drammaturgico, che, solitamente, viene lasciato quasi esclusivamente al testo o, al massimo, alla linea melodica sulla quale il testo viene cantato.

Questo, sia ben chiaro, non vuole essere un giudizio di merito. Le canzoni possono essere belle o brutte per tanti motivi, così come i Lieder, solo che da un punto di vista delle caratteristiche musicali dell’accompagnamento, raramente sono importanti. Se dovessi indicare due canzoni significative anche da un punto di vista della drammaturgia musicale le prime due che mi vengono in mente sono la classica “Donna Cannone” di De Gregori oppure la più recente “Diego ed Io “ di Brunori Sas. Ce ne sono senz’altro di più ma queste sono alcune tra le più significative da questo punto di vista.

Nei Lieder di Schubert c’è una perfetta compenetrazione tra testo e musica. La parola poetica evoca la melodia ed è esaltata da quest’ultima.

Vi parlo dei Lieder perché il brano di cui ci occuperemo in questo racconto, nello specifico il secondo movimento di un quartetto per archi di Schubert, prende spunto da un Lied che ha lo stesso titolo “La Morte e la Fanciulla” composto da Schubert nel 1817 su un testo di Matthias Claudius, poeta tedesco vissuto in quegli anni. Il titolo tedesco è “”Der Tod und das Mädchen”.

Nel 1824 Schubert scrive appunto questo quartetto per archi, una delle più importanti  composizioni della musica da camera europea, riprendendo non solo il titolo ma utilizzando molti elementi strutturali del Lied stesso, per estenderli e svilupparli nella nuova composizione e, soprattutto nel secondo movimento che prende esattamente spunto dal tema principale del Lied .

I personaggi del Lied sono, ovviamente due, la fanciulla e la morte.

Inizia la fanciulla esclamando:

Va’ via! Sta’ lontano! Tu scheletro orrendo. Sono giovane ancora. Non toccarmi, ti prego!”

Risponde la morte:

Su dammi la mano, dolce e bella creatura Ti sono amica e non ti porterò pena. Su fatti coraggio! Non sono poi così dura, Fra le mie braccia potrai dormire serena”

Come tutte le traduzioni anche questa non rende pienamente l’atmosfera anche perché in tedesco “Der Tod” è maschile e il senso e l’atmosfera globali cambiano un po’.

Per dire dell’importanza che ha la parte questo Lied comincia con il pianoforte che espone il tema della morte stabilendo subito il clima emotivo del brano

Introduzione pianoforte

È un inizio auto esplicativo.

Come prima cosa abbiamo la presenza di un metro ritmico particolare, il Dattilo, che è costituito dal susseguirsi della figurazione di note lunga-breve-breve. Abbiamo già incontrato questo ritmo, tipico della poesia elegiaca e religiosa, nelle puntate riguardanti il secondo movimento della “Settima” di Beethoven ( numero 34 e 35). L’andamento diventa quindi solenne e questo ritmo diventerà il motore principale di tutto il secondo movimento del quartetto in quanto sarà presente, come vedremo, in tutte le variazioni.

Ritmo Dattilo

L’altra caratteristica importante è che, da un punto di vista melodico, il tema è praticamente fermo, quasi su una sola nota. Questo fatto, unito anche alla tonalità minore crea un clima di attesa carica di tensione.

A questa fissità, a questa atmosfera, si ribella la fanciulla quando inizia il suo canto dando alla composizione una “sferzata” carica di velocità e angoscia. La musica sottolinea magistralmente lo stress emotivo di chi non vuole arrendersi al fato

La Fanciulla

Ripete per due volte l’ultima frase “Non toccarmi ti prego” che viene poi ripresa per la terza volta dal pianoforte.

A questo punto canta la Morte ed esegue in pratica la melodia che all’inizio era stata suonata dal pianoforte cercando di dare di se una visione rassicurante come sottolineato dal testo

Finale Lied

In questi due minuti e mezzo abbiamo una storia, una drammaturgia compiuta, con un testo e una musica che “raccontano” di pari passo.

Il quartetto composto come dicevo sette anni dopo, è una composizione molto più ampia, in quattro movimenti, Allegro-Andante con moto-Scherzo-Presto (ricordo che sono indicazioni di velocità non di carattere del movimento), che sviluppa, appunto tutti gli elementi tematici e ritmici del Lied.

Nella sua forma più classica il quartetto d’archi è composto da due violini, una viola e un violoncello, un ensemble che riesce a coprire un ampio spettro sonoro dalla qualità da soprano del violino, passando per il timbro da contralto-tenore della viola per arrivare a quella da baritono- basso del violoncello.

Quartetto d’Archi

Il fulcro della composizione è il secondo movimento, quello di cui ci occuperemo.

Questo movimento riprende la melodia principale del Lied variandola successivamente per cinque volte, tenendo sempre come motore la figurazione ritmica del lied il metro “dattilo” appunto.

L’inizio del movimento richiama, con la sonorità quasi glaciale degli archi, in modo evidente l’inizio del Lied stesso

Tema iniziale

L’atmosfera, con questo ritmo e questi suoni così “pallidi”, risulta così carica di tensione.

Finita l’esposizione del tema comincia la prima variazione con il secondo violino e la viola che espongono ancora  il tema, seppur leggermente variato. Il ritmo è lasciato al violoncello che lo esegue in “pizzicato”, sempre lunga-breve-breve, mentre il primo violino crea delle variazioni melodiche che danno una certa leggerezza all’atmosfera perché hanno la caratteristica di iniziare sempre non sul tempo forte come nel tema ma in “levare” contribuendo così ad alleggerire il clima

Prima Variazione

Nella seconda variazione il tema passa al violoncello che lo esegue con un timbro, ovviamente, più caldo e scuro mentre il ritmo dattilo è proposto dalla viola al doppio della velocità rispetto alla prima variazione. E’ un pò difficile da sentire ma cercate di farci caso. I due violini ricamano ulteriori variazioni melodiche che contrappuntano il tema suonato, appunto, dal violoncello

II Variazione

La terza variazione è quasi una cavalcata perché il ritmo dattilo viene eseguito ed enfatizzato da tutti gli strumenti al quadruplo della velocità. Sembra quasi che la morte dopo aver fatto vedere la sua faccia più benevola decida veramente di far sentire tutta la sua presenza e la sua importanza

III Variazione

Segue la quarta variazione che è l’unica in tonalità maggiore. L’atmosfera si fa più chiara e il ritmo ritorna quasi alla stessa velocità dell’inizio. Ascoltate come il fatto di suonare in “maggiore” crei un alleggerimento molto evidente dell’atmosfera che è il preludio alla conclusione del movimento stesso

IV Variazione

L’ultima variazione ripropone il tema dell’inizio accorciato, con il ritorno dell’atmosfera minore e tragica dell’inizio come se si fosse compiuto tutto il viaggio. La cosa veramente interessante è che alla fine, quasi per testimoniare  l’ineluttabilità del compiersi del destino con la fanciulla che deve arrendersi al richiamo della morte, il movimento termina, in modo inaspettato, ancora in maggiore, come a ricreare un senso di calma, di pace e di abbandono, dopo un ultimo momento concitato

V Variazione e Finale

Il risultato di tutto questo è  una composizione meravigliosa scritta da un autore di grandissimo spessore.

C’è una frase dello stesso Schubert che può definire al meglio la sua levatura artistica. Lui, in vita, l’aveva rivolta al grande Beethoven ma penso che non si arrabbierebbe se gli la rubassimo riferendola a lui:

“Egli può fare tutto, ma noi non possiamo comprendere ogni cosa. E molta acqua dovrà scorrere sotto i ponti del Danubio prima che sia compreso appieno ciò che quest’uomo ha scritto

Direi che questa frase vale benissimo anche per Franz Peter Schubert, morto a soli trent’un anni, nel 1828, a Vienna.