Il Pittore spagnolo Josè Ortega, nato nel 1921 a Arroba de los Montes, a lungo imprigionato durante la dittatura di Francisco Franco a causa delle sue idee politiche, ha lasciato questo scritto che esprime quella che è la sua idea sull’arte e su quello che dovrebbe essere l’impegno di un artista:
“ Un’arte che esprima. Impregnata della concreta realtà dei popoli. Lo dico perché ci sono momenti nella vita dei popoli in cui gli artisti sentono che un’arte di contenuto rivoluzionario è una necessità. E noi oggi, artisti, poeti, musicisti, pittori, ci troviamo in questa situazione. Creatori d’arte. Contro coloro che, in questi momenti decisivi, predicano il disimpegno o l’evasione, alziamo la fiaccola. Contro ogni ostacolo, contro ogni tipo di pressione, bisognerà produrre ed elaborare un’arte che corrisponda alle condizioni concrete del proprio luogo e del proprio tempo. Un’arte c he non sia riflesso passivo della realtà, ma una realtà interpretata, giudicata dall’artista, e rivolta ad una migliore comprensione della vita e dell’uomo, come essere sociale.”
Queste parole mi sono ritornate alla mente qualche giorno fa riascoltando un brano musicale tratto dal primo album di un gruppo il cui nome è “Rage Against The Machine” pubblicato nel 1992.
Già il nome “Rage Against The Machine” (d’ora in avanti RATM) lascia intuire quello che è il manifesto ideologico di questo gruppo. “Rage” significa collera, ira , furore, “Against the Machine”, contro la macchina intesa come il sistema, come qualcosa che ti opprime e che detta le linee guida della tua vita spesso senza il tuo consenso.
Questa è la missione di questo gruppo formatosi a Los Angeles nel 1991 la cui line up comprende:
Zach de la Rocha – voce
Tom Morello – chitarra
Tim Commerford – basso
Brad Wilk – batteria
Zach de la Rocha
I RATM hanno avuto subito successo pur non avendo mai suonato dal vivo, all’inizio . L’unica loro esibizione si era tenuta infatti a casa di un amico del bassista e vista la risposta positiva dei presenti decisero di chiudersi in sala prove producendo una cassetta (allora erano ancora d’uso comune) con dodici brani che cominciarono a vendere ad amici e conoscenti. Le cassette girarono in città fino a giungere nelle mani di alcuni dirigenti di case discografiche e una di queste, la Epic Records, decise di metterli sotto contratto e di produrre il loro primo album, omonimo, intitolato appunto “Rage Against The Machine” che venne pubblicato alla fine del 1992.
L’album ha rappresentato un vero e proprio shock per il panorama musicale di quegli anni , per parecchi motivi.
Copertina del disco
Innanzitutto la copertina che è una delle più crude e impressionanti della storia del rock. E’ tratta da una celebre fotografia scattata da Malcom Browne nel 1963 che raffigura un monaco buddista vietnamita che si da fuoco in segno di protesta contro la presidenza del suo paese e la politica oppressiva che questa attuava nei confronti della sua confessione religiosa. E’ un’immagine che colpisce direttamente lo stomaco perché si vede questo monaco , in fiamme, che affronta serenamente una morte così atroce.
L’altro aspetto dirompente è l’impatto dal punto di vista musicale. E’ forte, violento, una massa di suono a volte devastante che non lascia scampo.
I RATM son solamente un quartetto, un classico quartetto rock, voce, chitarra, basso e batteria, ma il loro suono è pieno e avvolgente e per sottolineare ed enfatizzare questo loro caratteristica erano soliti apporre su ogni disco un etichetta :” No samples, keyboards or synthesizers used in the making of this recording” cioè “nessun campionamento, tastiere o sintetizzatori sono stati usati per la registrazione”
Tom Morello
Il merito di tutto ciò va anche attribuito al fonico presente in sala di registrazione, quel Andy Wallace lo stesso, per intendersi dei Nirvana e di altri gruppi che andavano per la maggiore in quel periodo.
Lo stile dei RATM è molto particolare perché è l’unione di due generi che non potrebbero sembrare più lontani tra loro per tradizione e cultura: il rock e il rap. Il gruppo infatti suona rock, e che rock, mentre Zack de la Rocha che non è un vero e proprio cantante, ma più un performer, si ispira molto ai rapper come modo di eseguire le melodie e di stare sul tempo.
Anche coloro ai quali il nome RATM può non dire nulla in realtà potrebbero aver già avuto un incontro con la loro musica perché uno dei brani del primo album dal titolo “Wake Up” è stato scelto dalle sorelle Wachowsky come colonna sonora di una delle ultime scene di un film cult , pietra miliare della moderna cinematografia, uscito nell’anno 1999, che si intitola “Matrix”
Wake Up
Matrix
Già da questo assaggio ci si può rendere conto della potenza e dell’impatto sonoro di questo gruppo. E non è una questione di volume quanto di un suono che, pur essendo pieno e gonfio, è sempre molto ben delineato , chiaro e definito, un suono che caratterizza tutto i brani di questo album.
Per parlare di “Killing in The Name” , l’oggetto di questa mollica, che è il secondo brano dell’album di esordio , omonimo, dei RATM, partiamo da uno degli elementi più importanti , il testo.
Non è un testo discorsivo quanto, piuttosto, un insieme di frasi-slogan dure e di impatto, che vengono continuamente reiterate .
Inizia con :
” Some of those that work forces, are the same that burn crosses” .
”Alcuni di quelli delle forze di polizia sono gli stessi che bruciano le croci”.
Il riferimento è al fatto che, secondo i RATM alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine americane appartengono anche al Ku Klux Klan. A questo proposito va notato come in quegli anni a Los Angeles, e non solo, vi erano molte manifestazioni di protesta contro i metodi violenti che la polizia esercitava soprattutto nei confronti della popolazione di colore.
Josè Ortega – Manifestazione
Il testo prosegue con il :”Killing in the name of” . “Uccidendo nel nome di….” E un po’ alla volta si capisce a chi e cosa si riferiscono.
Poi :
”Now you do what they told ya “
“Adesso fai (sei costretto a fare) quello che ti dicono.
Tutte queste frasi vengono ripetute in un crescendo continuo di tensione fino ad arrivare allo slogan un po’ più criptico :
” Those who died are justified, for wearing the badge, they are the chosen whites”
“ Quelli che muoiono sono giustificati perché hanno il distintivo e sono i bianchi prescelti”. Una critica anche alla logica di guerra degli States che mandava a combattere e a morire i soldati in giro per il mondo perché sono i prescelti, i bianchi prescelti.
Queste quattro frasi vengono ripetute con alcune varianti. Ad esempio la seconda volta alla frase “Now you do what they told ya” una voce risponde “Now you’re under control” “Adesso ti controllano”.
Il tutto fino ad arrivare alla frase finale, oggetto di una drastica censura da parte di tutte le radio sia americane che inglesi per la presenza dell’espressione
“F***k you I won’t do what you tell me”
che viene ripetuta per ben sedici volte.
In pratica “Fottiti, non farò quello che mi dici”.
Fa sorridere il fatto che sia questa la frase censurata per la presenza di una parola giudicata sconveniente quando, a mio avviso, sono molto più toste, da un punto di vista della censura, tutte le frasi che vengono dette prima , soprattutto quelle sulla polizia. Ma è noto come , spesso ,gli americani siano più puritani per le cose cose banali e non sappiano valutare nel giusto modo altre che sono molto più importanti.
Tim Commerford
Si può obbiettare, giustamente anche, che fare una musica così violenta e così di protesta e poi affidarne la distribuzione ad una major discografica rappresenta una contraddizione.
I RATM hanno spiegato questo fatto dicendo che la Epic è stata l’unica casa discografica che non ha mai imposto a loro nessuna censura. E’ importante notare, comunque, che il rock, e questo avviene per qualsiasi altra musica o forma d’arte, per quanto alternativo e rivoluzionario possa essere, nel momento in cui entra in contatto con il mercato ne subisce, per forze di cose, le regole, che sono quelle del profitto.
E’ importante rilevare che questa casa discografica ha, in ogni caso, permesso ai RATM di portare la propria musica in giro per il mondo cosa che non sarebbero riusciti a fare altrimenti.
A scanso di equivoci I RATM sono sempre rimasti fedeli alle proprie idee e alle proprie convinzioni, anche con azioni eclatanti come quella volta che dovevano partecipare all’importante festival di Lollapalooza in una serata diventata famosa , così raccontata dal bassista Tim Commerford:
” Dovevamo suonare su uno dei palchi più importanti. Era il momento in cui cominciavamo a farci conoscere in America. Era la nostra grande occasione. Nello stesso periodo però, Tipper Gore, moglie dell’allora vice presidente Al Gore, aveva creati il “ Parents Music Resource Center” “Centro di Informazione Musicale per Genitori”, quello che mette gli adesivi “Parental advisor” sui dischi. Noi non eravamo d’accordo. Pensavamo che fosse davvero una cazzata. E così abbiamo scelto la protesta.
Siamo saliti sul palco ma, invece di suonare, abbiamo appoggiato le chitarre agli amplificatori creando così un feedback continuo, e siamo rimasto fermi e impalati davanti al pubblico. Dimenticavo, eravamo completamente nudi. Ognuno di noi aveva una lettera scritta sul petto a formare la sigla P.M.R.C. “Parents Music Resource Center”.
L’inizio di “Killing in The Name” è abbastanza auto esplicativo
Inizio
E’ rock allo stato puro. Ci sono questi quattro accordi ripetuti all’inizio, molto power, dopo questi l’entrata del basso e, infine, uno dei riff portanti del brano.
Il “riff” come detto nella “mollica” su Whole Lotta Love dei Led Zeppelin è una frase solitamente di due o quattro battute, solitamente suonata dalla chitarra elettrica, con una forte valenza ritmico-melodica, che viene continuamente ripetuta e che costituisce uno degli elementi costruttivi più importanti di un brano rock.
Poi entra , per un attimo, la voce che scandisce il titolo del pezzo, e, subito dopo , parte un riff veramente pesante, forse il più importante del brano. Secondo Tom Morello questo riff è nato durante una lezione di chitarra in cui stava dimostrando ad un allievo delle nuove posizioni sullo strumento. Gli piacque talmente che interruppe la lezione per registrarlo per paura di dimenticarselo.
L’impatto di questo riff è dato anche dal fatto che, oltre alla chitarra, c’è il basso suonato col distorsore che riempie ancora di più ed è importante notare come questo effetto venga tolto nel momento in cui entra la voce per dare più spazio e presenza alla voce stessa
Riff sul primo cantato
E’ un suono che ti prende e ti torce le budella. In pratica sembrano i figli dei Black Sabbath di Ozzy Osbourne e Tony Iommi, gruppo hard rock degli anni settanta, con la stessa grinta e in più con un rapper che canta in maniera veramente tosta.
A questo punto, quando Zach de la Rocha pronincia la frase “Now you do what they told ya” il ritmo quasi si ferma perché la chitarra si limita a suonare degli accordi separati da pause in una citazione, ammessa dallo stesso Morello, di quello che è il primo brano inciso dai Led Zeppelin “Good Times Bad Times”.
Il loro discografico voleva togliere questa parte perché troppo evidente, secondo lui, il richiamo ai Led Zeppelin ma i RATM, dimostrando ancora una volta la loro autonomia di giudizio, hanno voluto mantenerlo e bisogna dire che il tempo ha dato loro ragione
Omaggio ai Led Zeppelin
E’ da notare che le ripetizioni non sono mai uguali a se stesse, ma tutte le volte vengono introdotti degli elementi nuovi, sia dal punto di vista dell’intenzione del cantante che aumenta la dinamica, l’espressività e la grinta,, che da quello dei musicisti che inseriscono delle variazioni che enfatizzano questi mutamenti nella vocalità. In questo caso, ad esempio, il chitarrista agiunge, un po’ alla volta, delle frasi stoppate, tra un accordo e l’altro, per creare ancora più tensione.
A questo punto compare un altro riff, possibilmente ancora più potente, ,che sostiene la frase “ Those who died are justified….”.
Il climax, introdotto da una rullata di batteria e da un fraseggio di chitarra , diventa quasi parossistico
Parte centrale
Dopo di questo il brano ripete lo schema praticamente dall’inizio. Volevo però farvi notare come il passaggio tra una sezione e l’altra sia sempre fluido in virtù dall’estrema bravura di questi musicisti che, pur suonando con impeto e in modo molto energico, hanno sempre un grandissimo controllo su tutto quello che fanno e, nello spezzone che abbiamo appena sentito, c’è un esempio eclatante di questo fatto. E’ una cosa che solamente i grandi musicisti riescono a fare. E questi sono, senza dubbio, grandi musicisti.
Al minuto 3 e 50 del brano inizia il solo di chitarra di Tom Morello che dimostra, come al solito, la sua costante ricerca di sonorità inusuali sullo strumento. In questo caso utilizza un pedale particolare che sdoppia le note suonate e che era stato introdotto per la prima volta, l’anno precedente in un loro brano, dagli U2
Solo chitarra
La fine del solo è, in pratica, il preludio al gran finale del pezzo.
Qui abbiamo una rullata praticamente infinita del batterista, una frase continuamente ascendente della chitarra, un pedale su una stessa nota del basso che aumenta la tensione e, su tutto questo, Zach de la Rocha canta la frase incriminata per ben sedici volte in un crescendo parossistico che arriva fino all’esplosione finale con un urlo che vi lascio tradurre da soli
Finale
Un brano che ha segnato un periodo.
Ha trent’anni, essendo del 1992, ma , come si suol dire, non li dimostra essendo molto attuale.
Brad Wilck
Soprattutto in un periodo come questo, in cui assistiamo, musicalmente parlando, ad un disimpegno generalizzato, ben vengano, ogni tanto, delle musiche e dei musicisti che risvegliano un po’ le coscienze. A questo proposito volevo finire citando una frase che il batterista Brad Wilck ha rilasciato durante un’intervista:
“Quando stiamo suonando in uno show , se qualcosa scatta nella mente di qualsiasi ragazzo del pubblico, e comincia quel cambiamento del processo che fa pensare con la propria testa, quello è il momento più importante che Rage against the Machina può avere come band”.