Una pietra miliare della cinematografia musicale
Ventitreesima puntata
Nel 1973 esce, nelle sale cinematografiche, una pellicola destinata a diventare un punto di riferimento per tutti i film cosiddetti musicali, cioè quelli in cui la musica non è solamente un commento più o meno riuscito nella colonna sonora, ma diventa il mezzo attraverso il quale la storia stessa viene portata avanti.
È un film di Norman Jewison intitolato Jesus Christ Superstar, trasposizione cinematografica di uno dei musical più famosi, scritto da due personaggi geniali che rispondono ai nomi di Andrew Lloyd Webber, compositore delle musiche, e Tim Rice, autore del libretto.
Il Musical è una forma di spettacolo molto in voga nei paesi di lingua anglosassone, essendo nato negli U.S.A. agli inizi del 900 sulle orme dell’ Operetta.
Le vicende rappresentate, specialmente nei primi periodi, erano quasi sempre “leggere” e, soprattutto , già conosciute al pubblico, con un prevedibile “happy ending” perché, essendo il musical prodotto da privati, era importante , per chi finanziava, assicurarsi un ritorno del denaro investito richiamando il maggior numero di spettatori possibile.
Soprattutto agli inizi i protagonisti dovevano essere in grado di recitare, cantare e ballare perché le caratteristiche di spettacolo popolare prevedevano un’unione di tutte queste discipline artistiche.
Durante gli anni 60 il musical comincia a essere scritto, con successo, anche da autori inglesi e, nonostante gli americano si siano sempre ritenuti i veri inventori del genere , soprattutto grazie ad Andrew Lloyd Webber il “filone inglese” diventa altrettanto, se non più, importante di quello statunitense tanto è vero che, oggigiorno , i centri di produzione fondamentali per il genere son due, Broadway per gli Stati Uniti e il West End londinese per l’Europa. Per darvi un’idea dell’importanza di Lloyd Webber come autore basterà citare alcuni spettacoli da lui composti come “Evita”, “Cats”, “Starlight Express”, “The Phantom of The Opera” e “Sunset Boulevard”. Col passare degli anni ha affiancato all’attività di autore anche quella di produttore al punto che oggi gestisce molti dei teatri londinesi dove si rappresentano i musical.
L’avventura della coppia Webber- Rice era cominciata qualche tempo prima l’uscita di Jesus Christ Superstar con una altro spettacolo prodotto, pensate un po’, per il saggio di una scuola primaria, intitolato “Joseph and the Amazing Technicolor Dreamcoat” una storia su Giuseppe, appunto, il padre di Gesù.
Il successo ottenuto convinse i due a cimentarsi in un’avventura di maggiori proporzioni affrontando, appunto, la composizione di J.C.Superstar, la cui genesi è stata molto travagliata soprattutto a causa delle varie congregazioni religiose che vedevano, nella rappresentazione della vita di Cristo in uno spettacolo leggero, qualcosa di blasfemo, anche perché tutta la vicenda viene vista, dagli autori, attraverso gli occhi di Giuda che considera Cristo non tanto il figlio di Dio quanto un semplice uomo e questo, ovviamente, accentuava il carattere “scandaloso” dell’opera stessa.

A causa di questo i due non riuscirono a trovare un produttore perché nessuno, per le ragioni che ho esposto precedentemente, voleva assumersi un rischio finanziario.
Questo fatto convinse gli autori a far uscire dapprima un disco doppio contenente tutte le canzoni chiamando, per le registrazioni, alcuni dei cantanti più in voga in quel periodo come Ian Gillan, già solista dei Deep Purple, nel ruolo di Gesù, e altri, che saranno poi presenti anche nella versione cinematografica come Yvonne Elliman nel ruolo di Maria Maddalena e Barry Dennen in quello di Pilato.

Il disco ebbe grande successo il che convinse gli autori a produrre uno spettacolo teatrale che cominciò ad affermarsi presso il pubblico il che portò, successivamente, alla ideazione e realizzazione del film.
J.C.Superstar viene spesso definito come una Rock Opera sia perché la musica, scritta tra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta periodo in cui il rock era molto in voga , ne subisce grandemente l’influenza, sia per l’ensemble che la esegue che prevede, accanto a una piccola formazione orchestrale la presenza, massiccia, di una rock band.
L’altro motivo per il quale viene definito opera è che in J.C.S. c’è solamente il canto, cioè l’azione viene portata avanti solo attraverso la musica, non esiste recitazione, tranne in qualche breve forma di “recitativo” accompagnato sempre però musicalmente, e la danza è presente solamente nella scena cantata da Simone Zelota, brano, tra l’altro, molte veloce e con ritmo sostenuto che richiede una notevole performance fisica all’esecutore.

Venendo al film c’è da dire che è stato quasi interamente girato in Israele, nel deserto del Negev ed le riprese sono state effettuate, stranamente rispetto al solito, in sequenza cioè nello stesso ordine in cui sono accaduti gli eventi e nello stesso tempo, ossia nel giro di una settimana dal lunedì alla domenica il che, tenendo conto della trama, che racconta dell’ultima settimana della vita di Gesù, fa si che i tempi siano molto appropriati.
La scena iniziale si chiama Overture e qui Webber mutua un procedimento che è prassi nell’opera cioè quello di far sentire molti dei temi musicali che saranno presenti in tutto il resto del film.

Questo fa si che il pubblico venga in contatto subito con il materiale tematico più importante, in modo tale che quando, nello svolgersi della vicenda, si troverà di fronte allo sviluppo di quei temi e di quelle melodie, sia portato ad assimilarle meglio in quanto già sentite in precedenza e quindi già conosciute.
Nel film la scena dell’Overture è rappresentata da una corriera che arriva, polverosa, dal deserto, dalla quale scendono i protagonisti che, come in una compagnia teatrale, si vestono dei costumi che dovranno tenere per tutta la settimana e fanno scendere anche la croce. l’Overture finisce con la figura di Giuda che si allontana come metafora di quanto sta per accadere.
I temi principali sono:
- Al secondo 58 la chitarra esegue uno dei temi che ritroveremo tantissime anche nel la scena del processo davanti a Pilato
- A 1’ e 16’’ il tema di Hosanna Superstar
- A 1’ e 27’’ un altro tema del processo, il dialogo tra Pilato, Cristo e la folla
- A 3’ e 04’’ il famoso tema delle trentanove frustate con il famoso “riff” di chitarra elettrica
- A 4’ e 26’’ il tema forse più conosciuto che è quello su cui verranno intonate le parole Jesus Christ Superstar
Praticamente, in cinque minuti, è condensato tutto il materiale musicale principale del film.
Un altro dei motivi che ci fanno definire J.C.S. un’opera rock è che, come nell’opera, ai vari protagonisti vengono assegnati dei registri vocali diversi.
Gesù e Giuda sono tenori, Pilato è un baritono, i due sacerdoti Hannah e Caifa sono, rispettivamente un contraltista e un basso profondo e Maria Maddalena è un mezzosoprano.
Questo procedimento, tipico dell’opera, aiuta la creazione di scene con duetti, trii o concertati d’insieme, in cui i vari protagonisti sono facilmente distinguibili e possono esprimere al meglio la propria personalità.
Una scena in cui l’utilizzo di registri diversi è evidente è quella del duetto tra Hanna e Caifa le cui vocalità esprimono caratteri antitetici ma complementari. Tra l’altro le rovine tra le quali è stata girata questa scena sono proprio quelle originali del Palazzo dei Sommi Sacerdoti.
Un’altra caratteristica che rende questo film così particolare è che Lloyd Webber sa perfettamente come far risaltare l’azione e soprattutto i dialoghi utilizzando la musica in modo creativo.
J.C.S. è pieno di dialoghi, di scontri verbali, di contrapposizioni tra i vari protagonisti. Questi scontri vengono rappresentati forzando la musica ad adattarsi al ritmo delle parole sia utilizzando piccoli frammenti melodici che , come tanti mattoncini, vengono assemblati, ripetuti a piacere, tagliati, favorendo così l’incalzare dell’azione, sia facendo ricorso a tempi non comuni e convenzionali come il tempo in sette nel brano di Giuda “Heaven on Their Minds” o il cinque quarti che troviamo spessissimo in tutto il film sia nei brani più melodici tipo la famosissima “I Don’t Know How to Love Him” di Maria Maddalena sia in questa scena, ad esempio, che è quella dello scontro tra Gesù e Giuda, magistralmente interpretato da quel grandissimo cantante che è stato Carl Anderson, che avviene nell’orto degli ulivi.
– A 2’48’’ il ritmo diventa cinque quarti
A 3’ e 26” comincia lo scontro tra Gesù e Giuda
A 4’00’ il ritmo ritorna in quattro quasi a sottolineare la “beata incoscienza” degli apostoli che sembrano non aver capito nulla di quanto sta accadendo.
In questa scena è evidente come l’utilizzo di un tempo dispari come il cinque quarti favorisca il fatto che le risposte alle varie affermazioni arrivino molto velocemente senza aspettare i “tempi morti” che di solito caratterizzano le melodie delle canzoni.
Nelle canzoni, belle o brutte che siano, infatti, non succede nulla dal punto di vista dell’azione. Sono la rappresentazione di sentimenti e di stati d’animo. E’ evidente che quando la musica deve sottolineare un’azione che si sviluppa rapidamente deve trovare il modo di assecondare la velocità dell’azione stessa.
Un altro esempio di questo modo di procedere l’abbiamo nella famosa scena del processo che è un serrato dialogo tra tre protagonisti, Cristo, Pilato e la folla e che è un capolavoro di quello che vuol dire azione in musica.
- A 0’52” parte un recitativo di Pilato
- A 1’ e 23” dialogo cantato tra Pilato e Gesù con una frammento melodico che continua a ripetersi e che da impulso all’azione
- A 2’ 47” duetto tra Pilato e la folla che incalza
- A 3’ e 25” parte il famoso “riff” delle trentanove frustate.
Un ultimo motivo che avvicina questo lavoro all’opera è che anche qui ci sono le cosiddette “Arie” cioè i momenti lirici in cui i protagonisti parlano di sé e dei propri sentimenti e stati d’animo.
Quella più importante è senza dubbio l’aria del Getsemani (I only want to say) che Gesù canta nella notte prima di essere consegnato ai sacerdoti.
Nel film questa scena viene rappresentata con Cristo, impersonato da Ted Neeley che sale su una collina. Il cantante voleva eseguirla dal vivo, contrariamente a tutte le altre scene in cui la musica preregistrata veniva mandata in playback ai cantanti, ma, dopo un paio di tentativi, è stato costretto a rinunciare vista la difficoltà di cantare salendo su per una montagna. Per cui anche in questa la musica è in playback eccettuata l’ultima parte quando arriva in cima che è stata registrata in presa diretta.
In quest’aria il protagonista ha una serie di cambiamenti psicologici molto importanti che vanno da un’analisi di quello che è stato il suo percorso fino a quel momento, a un momento fi forte rivendicazione e rabbia per il fatto di sentirsi usato, alla accettazione rassegnata del proprio destino.
Tutto questo richiede un interprete sensibile e Ted Neeley si dimostra veramente all’altezza della situazione.
- L’inizio è quasi sommesso
- A 0’ e 53” diventa un pò più aggressivo
- A 1 ‘ e 34” cambio di ritmo e inizio della rivendicazione
- A 2 e 04” altro cambio di ritmo
- A 2’ e 22” aumenta la dinamica e la rabbia con uno dei famosi acuti da tenore leggero
- A 3’ e 28” tempo in cinque su immagini di dipinti per creare un “ponte” per l’ultima parte
- A 4 ‘ e 10” grande intenzione sulle parole “sad and tired”
- A 4’ e 44 inizia l’accettazione del proprio destino
Questo brano dimostra in modo palese quanta sia la differenza tra il cantare le note e, invece, cantare le parole dando un senso alle stesse.
Questo è uno di quei film di cui si dice che è “invecchiato” bene perché pur essendo un po’ datato e, per certi versi, tipicamente anni Settanta per quanto riguarda le scelte ad esempio dei costumi, è stato fatto con leggerezza e con un gusto che lo rendono ancora attuale. Anche le scene particolari come quelle in cui compaiono due caccia dell’aviazione israeliana o quella dei carrarmati che inseguono Giuda reggono bene il passare del tempo.

È un film che ha decretato il successo planetario di questo musical che, da allora, è stato rappresentato in tutto il mondo da decine di compagnie diverse e che viene spesso anche in Italia dove, purtroppo, a volte c’è la brutta abitudine di tradurre i testi o quella, ancora peggiore, di cantare le canzoni in italiano come se fosse indispensabile per capire lo svolgimento della trama.
Un’ultima cosa da dire, che più che altro è un aneddoto, è quanto raccontato qualche anno fa da Ted Neeley in un’intervista nella quale ha affermato che anche Paolo VI, il Papa di allora, dopo aver visionato il film ha espresso il suo apprezzamento ritenendolo utile come mezzo per divulgare la conoscenza della figura di Cristo in tutto il mondo.
La Santa Sede, ovviamente, non ha mai confermato l’episodio ma anche questo è un’ulteriore testimonianza dell’importanza che questo film ha avuto anche nella storia dell’evoluzione dei costumi e delle abitudini e l’influenza su tutti i film musicali prodotti successivamente.
Un paio di settimane fa ho visto a teatro JCS con Ted Neeley, che ha una voce ancora sorprendentemente bella.
Grazie Alessandro. Ted Neeley è un raro esempio di longevità artistica. Un grande professionista che ha saputo amministrarsi intelligentemente e, probabilmente, il miglior interprete del ruolo.