Un brano in cui il suono si fa drammaturgia
Puntata numero novantuno
“ Mi sembrava di avere davanti agli occhi tutti i miei colori. Davanti a me si formavano linee disordinate, quasi assurde”.
Questo fu quanto scrisse il pittore russo Vasilij Kandinskij dopo aver assistito, a Mosca, ad una rappresentazione del “Lohengrin” di Richard Wagner.
La settimana scorsa, mentre stavo preparando la puntata su “Clair de Lune” di Debussy, ho avuto l’occasione, per l’ennesima volta, di riflettere sull’importanza del suono nella nostra percezione di un brano musicale.

Il suono è la prima cosa che arriva, in musica. E’ ciò che crea la prima impressione, come quando incontriamo una persona per la prima volta. Perché prima ancora di capire di che tipo, o di che genere di musica si tratti, quello che colpisce la nostra sensibilità è il suono.
Il suono è la porta attraverso la quale entriamo nel mondo della musica. È il suono, spesso, che racconta, che si fa drammaturgia, soprattutto per la nostra sensibilità odierna.
Ma non è sempre stato così.
In un passato non recente era si un elemento importante, ma non così fondamentale.
Il discorso che sto per fare è delicato e va preso un po’ con le pinze.
Se noi pensiamo, ad esempio, alla musica di Johann Sebastian Bach, gli elementi fondamentali sono la struttura, il movimento delle voci e delle linee melodiche, il susseguirsi degli accordi, la tecnica contrappuntistica. La sonorità è un elemento spesso secondario perché molte composizioni bachiane possono essere, e spesso vengono, suonate con diverse combinazioni strumentali. I brani non perdono, a causa di questo, la loro bellezza o le loro principali caratteristiche perché gli elementi costitutivi fondamentali rimangono. Gli ascoltatori potranno preferire un’esecuzione fatta con un determinato ensemble orchestrale piuttosto che un altro, ma il brano, in se, funziona ugualmente bene.

Facciamo degli esempi così il discorso diventa , forse, più chiaro.
Prendiamo un brano di cui abbiamo parlato nella puntata n.16, le Variazioni Goldberg.
Di questa composizione possiamo trovare esecuzioni fatte con strumenti diversi. Ovviamente non possono mancare quelle suonate col clavicembalo, lo strumento per il quale Bach le aveva composte.
Questa è una delle numerose esecuzioni del primo brano delle “Variazioni”, l’Aria dalla quale tutte le variazioni successive prendono spunto.
Si può trovare la stessa composizione eseguita anche col pianoforte, strumento non ancora nell’uso comune all’epoca di Bach. Ricordo, infatti, che il pianoforte, anche se inventato anni prima, troverà la sua definitiva affermazione solamente alla fine del XVIII secolo e nei primi anni di quello successivo.

Questo è lo stesso brano eseguito, col pianoforte, da Glenn Gould di cui abbiamo parlato proprio in quella puntata
Qualcuno potrà obbiettare che clavicembalo e pianoforte siano due strumenti, e qui mettiamoci mille virgolette, abbastanza simili (cosa che, in realtà non è), pertanto il brano può reggere in entrambe le versioni.
Esiste però anche una registrazione effettuata da un ensemble totalmente diverso, un trio composto da violino, viola e violoncello, guidato da quel formidabile violoncellista che è Mischa Maisky.

La loro versione di questo brano, che ovviamente ha una sonorità totalmente diversa, è la seguente
Si può preferire un’esecuzione rispetto alle altre. Si potrà, a ragione, obbiettare che solo una di queste è corretta da un punto di vista filologico. In ogni caso però, la composizione mantiene intatto il suo valore e il suo fascino e non risente eccessivamente di questi cambiamenti.
Questo preambolo serve per capire che il brano di cui ci occuperemo oggi, il Preludio del Lohengrin di Wagner, funziona in modo radicalmente diverso.

In questa composizione, del 1850, assistiamo a qualcosa che diverrà sempre più importante negli anni successivi e, soprattutto, nel XX secolo.
Il suono diventa un elemento costitutivo del brano stesso e ne costituisce una caratteristica imprescindibile. Modificare il suono significherebbe modificare radicalmente la composizione.
Wagner non è stato il primo compositore a fare ciò ma qui il concetto viene sviluppato in modo approfondito, e per tutta la durata del brano.
Per capirci, il Preludio del Lohengrin, suonato col pianoforte non solo non rende assolutamente l’idea, ma proprio non sta in piedi. Quando cominceremo a parlarne in modo più dettagliato tutto risulterà, spero, più chiaro.
Abbiamo già incontrato Wagner in una delle prime puntate, la numero cinque, riguardante l’ “Isolde Liebestod”, quasi agli inizi del nostro viaggio.

E’ stato uno dei compositori, soprattutto per quello che riguarda le opere, più importanti del XIX secolo. Se dovessimo ridurre a due nomi il contributo dato dai compositori all’opera in quel secolo questi sarebbero Wagner e Giuseppe Verdi.

Il loro dualismo è stato, e spesso è ancora, molto sentito, non tanto tra i due quanto tra i rispettivi, spesso accaniti, sostenitori. E in effetti la loro musica, come la loro personalità, hanno caratteristiche radicalmente diverse.
Wagner era un personaggio estremamente complesso, una personalità che ha sempre fatto discutere.
Aveva una visione globale e totalizzante del suo lavoro e del suo rapporto con la musica.
Ha teorizzato il cosiddetto “Wort Ton Drama” cioè uno spettacolo unitario che fosse un insieme di parole, musica e scena.
Per poter realizzare questo suo ideale riuscì anche a farsi costruire un teatro strutturato secondo le proprie indicazioni a Bayreuth, nella Baviera settentrionale, dove ogni anno, ancor oggi, si tiene un festival a lui dedicato, con la rappresentazione delle sue opere.

È un teatro particolare, costruito per favorire al massimo la concentrazione degli spettatori.
Anche l’orchestra, per non costituire elemento di disturbo è situata sotto al palco, invisibile dalla sala, al punto che i musicisti possono suonare vestiti in modo casual perché tanto non si vedono. Tutto l’ambiente è spartano e anche gli arredi sono ridotti all’essenziale.
Wagner scriveva da solo anche tutti i libretti delle sue opere, proprio per favorire al massimo il rapporto tra musica e testo.
Altra sua caratteristica peculiare è l’importanza che dava all’orchestra, e al suo ruolo, da un punto di vista drammaturgico.
L’orchestra, per Wagner, è un personaggio tanto quanto gli altri. Non si limita a commentare l’azione, ma si fa essa stessa azione. E’ un’orchestra che suggerisce, propone, rappresenta, a volte sottolinea sia la vicenda che gli stati d’animo o i dialoghi.

La prima rappresentazione del Lohengrin risale al 1850 ed è, in pratica, la sua ultima opera romantica.
Senza voler raccontare la storia è necessario però chiarire alcuni degli accadimenti.
Lohengrin è un misterioso cavaliere di cui non si conosce il nome, che si palesa su una barca, trainata da un cigno, per soccorrere la duchessa Elsa di Brabante. Elsa è stata ingiustamente accusata di aver ucciso il fratello per ottenerne il trono. L’accusatore sfida Elsa a duello e lei deve cercare un campione che possa salvarne l’onore.
In questo frangente arriva Lohengrin che prende le difese di Elsa, combatte e vince per lei, ne salva l’onore, ed è disposto a sposarla. La condizione però è che Elsa non dovrà mai sapere il suo nome perché altrimenti il cavaliere sarà costretto ad allontanarsi abbandonandola. Ovviamente come sempre succede sia in questi racconti mitologici che in fiabe di questo tipo, Elsa non resisterà e continuerà a chiedere il nome del cavaliere. Lohengrin sarà costretto a rivelarlo aggiungendo, e questo è l’aspetto più importante, di essere figlio di Parsifal, uno dei custodi del Santo Graal.

Tutta la poetica e la mistica del Graal pervade l’opera. E questo è evidente già nel preludio che , in pratica, rappresenta in musica non solo l’arrivo di Lohengrin ma anche la discesa del Graal sulla terra e la sua conseguente risalita verso il cielo.
Questo brano è, lasciatemelo dire, un capolavoro di una bellezza indescrivibile.
Molti artisti importanti hanno speso parole di ammirazione per questa composizione.
Hector Berlioz, di cui abbiamo parlato nelle puntate 77 e 78, lo ha descritto come:
“Un capolavoro da ammirare in ogni suo aspetto”.

Charles Baudelaire ne parla come della “visione di un sogno” e così racconta :
“Mi sentii liberato dai legami di pesantezza e ritrovai la straordinaria voluttà che circola nei luoghi alti. Dipinsi a me stesso lo stato di un uomo in preda ad un sogno in una solitudine assoluta, con un immenso orizzonte e una larga luce diffusa. Un’immensità con il solo sfondo di sé stessa. Allora concepii l’idea di un’anima mossa in un ambiente luminoso, ondeggiante al di sopra e molto lontano dal mondo naturale”.
Thomas Mann ha affermato che “Il Lohengrin è la quintessenza di un’opera romantica. È l’apoteosi del Romanticismo”.
Anche un critico come Gualtiero Petrucci nel suo “Manuale Wagneriano” così si esprime:
” Poche pagine sinfoniche producono fin dal primo momento un’impressione così profonda e così nettamente determinata. Nella letteratura sinfonica , prima di Wagner, non c’è nulla che possa paragonarsi al preludio di Lohengrin.»
In questo brano l’orchestra ha un ruolo fondamentale, il suono ha un ruolo fondamentale perché si fa elemento fondante del brano stesso.

Il suono si fa drammaturgia. Questa preludio sembra precorrere i tempi, anticipare qualcosa che poi diventerà più comune nei decenni che verranno e, soprattutto , nel secolo successivo.
Ciò è subito evidente. Fin dall’inizio abbiamo soltanto dei violini, che vengono divisi in modo da eseguire linee melodiche diverse, tutte molto acute. A sostenerli, esclusivamente nelle prime battute, piccoli accenti di flauti e oboi. La sonorità risulta tersa, leggera ed evocativa al massimo. Poi i fiati spariscono, praticamente subito, e rimangono solo, nuovamente, i violini. Questo è un accorgimento geniale. Gli archi acquisiscono così ancora più importanza. Del resto i grandi compositori, e i grandi artisti in generale, preferiscono togliere qualcosa, piuttosto che aggiungere elementi, per dare maggiore risalto a ciò che rimane.
Il suono è sempre in un registro acuto, In pratica non c’è vibrato. La sonorità è purissima. Praticamente è inespressiva, o meglio, espressiva al massimo. Tutto questo sembra farci intravedere, da lontano, come in mezzo ad una foschia che lentamente si dirada, l’arrivo del Graal
In questa atmosfera così eterea, sospesa, celestiale, i violini eseguono una piccola frase discendente alla fine della quale ritornano gli strumenti a fiato, flauti, oboi e fagotti. Questo aumento di sonorità sembra rappresentare l’avvicinarsi progressivo del Graal che si palesa sempre di più alla vista. L’entrata di questi strumenti che pur eseguono delle frasi delicate, contribuisce a rafforzare progressivamente la dinamica e la sonorità generale. Tutto il preludio è un continuo, quasi impercettibile crescendo di volume e di tensione emotiva, grazie alla successive entrate di nuovi strumenti.
Questo è il momento in cui compaiono per la seconda volta i fiati della famiglia dei legni
Interrompere un brano musicale è sempre un peccato mortale e, in questo caso, ancora di più. Vi prego, ovviamente, di avere pazienza.
Il suono, soprattutto la sua presenza più che il volume, aumenta progressivamente fino all’entrata degli ottoni. A questo punto il brano si avvicina al suo climax emotivo
L’apoteosi che segue rappresenta la discesa del Graal. Tutta l’orchestra lo accoglie. Se si pensa all’inizio ci si può rendere conto di quanto l’intensità sia aumentata. Wagner racconta mirabilmente questo arrivo così
Dopo essersi disvelato con tanta solennità, con un arrivo che assomiglia a una processione dal lento incedere, dopo essersi mostrato in tutta la sua potenza e bellezza, il Graal ritorna la da dove era venuto.
Il suono si asciuga e l’atmosfera, progressivamente sembra tornare quella dell’inizio. Rimangono, in pratica, solamente i violini. Il volume diminuisce rapidamente. La sonorità diventa sempre più eterea a mano a mano che il Graal si allontana, scomparendo alla vista
E’ un brano meraviglioso e il suono, non mi stancherò mai di dirlo, è veramente l’elemento centrale, racconta e dipinge senza bisogno di parole o colori. La semplicità, se vogliamo, dell’invenzione melodica è magnificamente compensata dalla straordinaria ricchezza sonora e da una mirabile tessitura orchestrale.
In questo modo l’ascoltatore, ovviamente se predisposto d’animo, viene preso e praticamente travolto da un turbine di sensazioni ed emozioni che gli arrivano da una marea sonora così evocativa.
Più sopra ho accennato alla reazione di Baudelaire all’ascolto di questo Preludio e vorrei concludere il racconto con una sua poesia, scritta prima di questa esperienza.
“Spesso è un mare, la musica, che mi prende ogni senso!
A un bianco astro fedele,
sotto un tetto di brume o nell’etere immenso,
io disciolgo le vele.
Gonfi come una tela i polmoni di vento,
varco su creste d’onde,
e col petto in avanti sui vortici m’avvento
che il buio mi nasconde.
D’un veliero in travaglio la passione mi vibra
in ogni intima fibra.
Danzo col vento amico o col pazzo ciclone
sull’infinito gorgo.
Altre volte bonaccia, grande specchio ove scorgo
la mia disperazione!”
Anche questa volta una mollica molto nutriente:) Una curiosità: c’è uno strumento di cui ami in particolare il suono? Io prediligo il suono della viola e del violoncello e quello del pianoforte non mi fa impazzire ( eh, si! 🙂 Buona serata e grazie
Devo dire che oltre, ovviamente, al mio strumento principale amo da sempre il suono del fagotto sia quando esegue parti comiche ( da brontolone) sia quando e’ piu’ lirico, tipo l’inizio del Sacre di Stravinskij. Ma gli strumenti sono, appunto, strumenti e tutto dipende da come vengono usati.
Grazie per la domanda e per il tuo commento.
È uno strumento molto versatile in effetti! Penso anche al carattere arcano, ancestrale che riesce a dare al Bolero di Ravel. E poi, si’, è perfetto per sottolineare scene buffe. Penso sia molto usato nelle colonne sonore dei cartoons😊
Hai centrato perfettamente le sue caratteristiche principali.👍👍
Che meraviglia! Un viaggio magico… fiabesco, direi. 🙂 Ciao Sandro e grazie.
E’ proprio un viaggio magico, ma di una magia che non e’ solo esterna ma anche, e soprattutto, interna ad ognuno di noi.
Grazie Elena.