Le vicende di una città, di un musicista e di un formidabile “ensemble” di donne viste attraverso uno dei brani più conosciuti del barocco italiano.
Puntata numero ottantuno
La nostra storia di oggi è ambientata nei primi decenni del XVIII secolo e ha te protagonisti.
Il primo è una città, una delle più importanti, belle, lussuose e ricche di quel periodo.
Il secondo protagonista è un musicista, famosissimo a quel tempo, successivamente completamente dimenticato e riscoperto definitivamente solo qualche anno prima della Seconda guerra mondiale del secolo scorso. Oggi è uno dei compositori più conosciuti ed eseguiti di tutta la storia della musica.
Il terzo protagonista non è, in realtà, una sola persona, piuttosto un gruppo di persone. Più precisamente un insieme di ragazze e donne adulte il cui compito era quello di eseguire le composizioni di questo grande musicista.
La città in questione è Venezia.
Il musicista è Antonio Vivaldi e le ragazze sono le ospiti dell’Ospedale della Pietà di Venezia, musiciste e coriste la cui fama era diffusa in Italia e in gran parte dell’Europa.
All’inizio del 1700 Venezia era una città che si cullava sulla gloria e sui fasti dei secoli passati. Viveva un momento felice anche se si stava avviando verso un lento e progressivo declino che sarebbe poi culminato, alla fine di quel secolo, con la resa a Napoleone Buonaparte.

La vita culturale era in continuo fermento. Le produzioni artistiche erano all’ordine del giorno. C’erano poeti, musicisti, pittori e cantastorie che allietavano le feste sia delle grandi famiglie che del popolo. In un periodo in cui la realtà politica era un po’ opprimente, per quello che riguarda la vita privata dei cittadini, le feste e il divertimento, per converso, divennero sempre più importanti. Venezia era la città degli eventi mondani, del carnevale, dell’eleganza nel vestire. Offriva molti luoghi di ritrovo e vantava una fervida attività teatrale anche all’aperto come è testimoniato dai quadri del Canaletto o dalle commedie di Goldoni .

Venezia attirava anche molti uomini d’affari. In pratica, una miscela, potremmo dire esplosiva, di cultura, affari e, conseguentemente, sesso. Era una città, in effetti, abbastanza licenziosa, fatto che si rivela decisivo per la nostra storia.
Questo essere un crocevia tra affari e sesso, infatti, fu la causa anche, e purtroppo, della nascita di molti bambini indesiderati. Questi piccoli erano spesso malati o deformi a causa delle malattie veneree, vera piaga sociale. Sovente venivano abbandonati o, nel peggiore dei casi, affogati direttamente nei canali.
Per cercare di ovviare a queste problematiche Venezia offriva , potremmo dire, un welfare sociale, all’avanguardia per quei tempi. C’erano infatti delle istituzioni il cui compito era di accogliere e dare una possibilità di vita a questi bambini abbandonati.

La più importante era l’Ospedale della Pietà, per i trovatelli, soprattutto ragazze. Poi “Gli Incurabili”, per i malati di sifilide, “I Derelitti” che accoglieva i senza dimora e, infine, “I Mendicanti” per i poveri e per gli orfani.
All’esterno di queste istituzioni vi era una costruzione chiamata “La Scafetta” costituita da una bussola girevole divisa in due sezioni, una esterna ed una interna. La parte esterna era costituita da uno sportello e da una culla nella quale venivano deposti i neonati indesiderati. C’era inoltre una campanella che serviva per chiamare i responsabili dell’ospedale.
Le cronache raccontano che, in certi periodi, venivano abbandonati e accolti anche quattro bambini ogni giorno. Tutti venivano registrati e si teneva conto di come erano vestiti. Nel caso una madre volesse successivamente riprendersi il figlio veniva lasciato, nel corredo, la metà di qualcosa, tipo un sigillo, in modo che se ne potesse riconoscere, successivamente la provenienza.

Come detto il più importante di questi istituti era quello della Pietà. Vivaldi nacque molto vicino a questo ospedale nel 1678. Come si legge nell’atto di battesimo:
“ Hebbe l’acqua in casa per pericolo di morte dalla Comare allevatrice”.
Questo perché si dimostro subito di fragile costituzione essendo affetto, da quello che si è capito, da un’asma incurabile che lui stesso definì più volte, nel corso della vita “ La strettezza di petto”.

Fu avviato, appena possibile, alla carriera ecclesiastica anche se il padre, valente violinista, gli impartì le prime lezioni di musica e di violino, strumento del quale divenne, successivamente, un vero virtuoso.

Venne ordinato sacerdote nel 1703 e, visto il colore dei capelli, si guadagnò l’appellativo di “Il Prete Rosso”. In realtà, dopo pochi anni chiese ed ottenne, a causa delle sue precarie condizioni di salute, la dispensa dal celebrare messa e poté quindi dedicarsi completamente alla sua attività musicale. Questo fatto suscitò alquanto scalpore e le malelingue sostennero che le sue condizioni di salute non fossero poi così gravi. Quale sia stata effettivamente la situazione è impossibile saperlo dai documenti arrivati fino a noi.
Un cruccio che si portò avanti per tutta l’esistenza fu quello di non essere mai riuscito ad acquisire il posto più importante, da un punto di vista musicale, nella città che i Dogi avevano reso così grande. L’incarico più prestigioso, quello di musicista nella cappella di San Marco, un incarico a vita, era infatti stato affidato ad un altro musicista, tale Antonio Biffi che lo mantenne fino alla morte nel 1736. In questo modo il Biffi viene ricordato, nella storia della musica, soltanto come colui il quale impedì a Vivaldi di ottenere un incarico che, per qualità e competenza, avrebbe senz’altro meritato maggiormente.
Nel 1703 entra in gioco anche il terzo protagonista della nostra storia.
Vivaldi venne infatti assunto, all’inizio solo come maestro di violino, all’Ospedale della Pietà, dove rimase, anche se non ininterrottamente, praticamente fino al 1740, cioè un anno prima della morte.
Le ospiti dell’Ospedale della Pietà, per quello che riguarda la parte musicale, erano tutte ragazze e questa puntata avrebbe potuto intitolarsi, in modo non del tutto “politicamente corretto”, “Venezia, Vivaldi e le sue donne”. Con queste ragazze Vivaldi ebbe un rapporto musicale e di lavoro che durò per tutta la sua vita.

Erano divise tra musiciste e cantanti e quasi tutte erano estremamente brave e molto dotate musicalmente. La loro fama costituiva un forte richiamo per i turisti che accorrevano ad assistere alle loro esecuzioni.

Edward Wright nel suo libro :” Some observations made in travelling through France, Italy, &c. in the years 1720, 1721, and 1722” osserva infatti che
“Tutte le domeniche e le festività si svolgono nelle cappelle di questi ospedali concerti vocali e strumentali eseguiti dalle ragazze. Esse sono sistemate in una galleria e nascoste alla vista del pubblico da una grata di ferro. L’esecuzione è straordinariamente buona. Molte tra loro hanno una voce stupenda e il fatto che siano celate alla vista rende tutto più affascinante.”
Di fatto erano nascoste agli spettatori essendo poste in alto, praticamente nelle gallerie per preservarne l’identità.

Nel corso degli anni Vivaldi ha lavorato con circa 140 di queste donne. I loro nomi sono riportati nei registri dell’Ospedale. Le più conosciute erano, ad esempio, Annamaria, talentuosa violinista, Apollonia la cantante. C’erano inoltre Chiara, Meneghina, Samaritana , Pellegrina. Mediamente erano circa sessanta musiciste ogni periodo. Negli stessi registri si racconta che Pellegrina iniziò studiando il contrabbasso per dedicarsi successivamente all’oboe strumento di cui divenne virtuosa. Di conseguenza tutte le parti di oboe delle composizioni di Vivaldi furono scritte appositamente per lei compreso, come vedremo, quella solista di un brano del “Gloria”.
Ma erano tutte toste. Studiavano tantissimo e tra loro avevano sviluppato rapporti famigliari. Vivaldi credeva talmente nel loro talento che in un paio di occasioni comprò, col suo denaro, gli strumenti, due violini di buona fattura, per poter permettere a due allieve di esercitarsi al meglio.
Per anni storici e musicologi si sono affannati per cercare di capire come potessero essere eseguite le parti corali delle composizioni di Vivaldi. Queste parti erano composte in modo canonico per le voci di soprano, contralto, tenore e basso. Di fatto però lui aveva a disposizione solo donne.
Sono state formulate alcune teorie.
La prima e che ci fossero degli uomini, vuoi esterni o operatori dell’ospedale, nascosti anch’essi dalle grate. Questa soluzione è però smentita dai quadri di quel periodo da quali risulta la presenza di sole donne sia come musiciste che come coriste.

Altra supposizione è che, vista l’abbondanza di strumenti gravi come violoncelli e contrabbassi, le parti vocali di tenore e basso venissero eseguite solo in versione strumentale. Questo però contrasta col fatto che molta della musica composta in quel periodo era musica sacra per la quale era d’obbligo che le parole fossero chiaramente intese il che esclude che le parti potessero essere eseguite strumentalmente.
Altra soluzione plausibile è che, a volte, soprattutto le parti di basso, venissero trasportate un’ottava sopra, come si verificò successivamente al periodo di Vivaldi, quando l’incarico venne rilevato da Porpora, altro musicista di notevole importanza. Questa è la supposizione più probabile.
In realtà, però, dalle ultime scoperte effettuate sempre analizzando i registri della Pietà, che per ognuna delle ragazze indicavano anche il ruolo e le mansioni, sono emerse delle interessanti novità. Una di queste è la presenza di una certa Anna soprannominata Dal Basso specializzata nell’esecuzione di note gravi e risulta almeno un’altra donna, di cui non si conosce il nome, con una notevole estensione verso il grave.
Di conseguenza i più recenti studi sulla prassi esecutiva di quel periodo s Venezia ritengono del tutto plausibile che sia le parti strumentali che tutte le parti corali venissero eseguite esclusivamente dalle ospiti femminili dell’ ospedale.

Per cominciare a parlare del brano oggetto di questa puntata, il famoso “Gloria” bisogna subito fare alcune precisazioni.
Vivaldi compose tre “Gloria”. Purtroppo uno è andato completamente perso come spesso è accaduto per molte sue composizioni. Gli altri due corrispondono ai numeri di catalogo RV 588 e RV 589 che è quello di cui ci occuperemo.

E’ stato composto, probabilmente tra il 1713 e il 1717. La datazione non è precisissima perché, come spesso accade per Vivaldi, la cronologia delle composizioni rimane, ad oggi, difficili da determinare.
Infatti a differenza di quelli di altri compositori, organizzati in sequenza cronologica, il suo catalogo (RV sono le iniziali di che si è incaricati di redigerlo) è sistematico. E’ ordinato per generi musicali. Ad esempio le sonate per uno strumento vengono per prime, poi ci sono i concerti, le sinfonie e così via.
Ovviamente visto l’abbondante produzione che caratterizza tutti i compositori del periodo barocco, Vivaldi compreso, il numero di catalogo è fondamentale per poter risalire con precisione ad un determinato brano musicale.
La prima cosa che colpisce di questa composizione è la notevole varietà di situazioni sonore e timbriche. Il “Gloria” è strutturato in undici o dodici movimenti, questo dipende dal fatto che, a volte, alcuni movimenti vengono eseguiti assieme, e la sua durata si aggira intorno alla mezz’ora.

Sono presenti brani in cui il coro riveste un’importanza particolare. Poi abbiamo duetti per voci, oppure per voce e strumento, arie solistiche. Ci sono movimenti in cui l’andamento ritmico determina un’atmosfera quasi pastorale, e inoltre momenti solistici con il coro che risponde. A volte la composizione sembra quasi prendere connotati teatrali, si potrebbe dire operistici. Del resto l’opera è genere che Vivaldi ha frequentato parecchio anche se la quasi totalità delle sue composizioni di questo tipo sono andate, purtroppo, perse.
L’inizio della composizione è famosissimo. Ci sono delle frasi brillanti delle trombe, con salti di nota (tecnicamente salti di ottava tipo da una nota Re al Re più acuto). Sembra quasi una fanfara militare che celebra la magnificenza del Signore. Poi entra il coro che canta in modo omoritmico, cioè tutte le voci eseguono la stessa figurazione ritmica. Questo conferisce ancora maggiore enfasi e potenza alle parole. Tutto è enfatico, sfavillante e di sicuro impatto.
L’inizio è questo
E il gusto per la drammaturgia e per gli effetti tipici della musica barocca lo troviamo verso la fine del movimento quando assistiamo ad una pausa improvvisa sia del coro che dell’orchestra. Questa pausa accresce ulteriormente la tensione emotiva prima che il movimento stesso arrivi alla sua conclusione
Dopo un inizio così trionfante il secondo movimento “Et in Terra Pax” ha un andamento completamente diverso da quello degli altri “Gloria” barocchi che di solito caratterizzano questa parte con un’atmosfera positiva e serena.
Vivaldi, invece, cambia completamente il mondo emotivo. Tutto diventa più inquieto e struggente. Questo secondo movimento è il più lungo di tutta la composizione. L’andamento è quasi a ondate successive, piene di dissonanze cariche di tensione emotiva. Il coro sembra quasi suggerire che la pace, in terra, è fragile e per nulla scontata, non è duratura e deve essere conquistata con notevole fatica ed impegno.
La melodia sale costantemente con sempre maggior fatica per poi ritornare su se stessa, come fosse una marea. In alcuni punti può ricordare quasi il “Lacrimosa” del Requiem di Mozart che però è stato composto molti decenni dopo. C’è un grande sforzo generale e una volontà di elevazione. Personalmente è il momento che preferisco
Questo andamento ad ondate arriva fino ad un punto di massima tensione e di dissonanza per poi ripartire. È un qualcosa che pulsa continuamente e sembra non arrivare mai ad una risoluzione definitiva
Il brano successivo “Laudamus Te” è totalmente in contrapposizione rispetto a quanto abbiamo appena sentito. E’ un duetto tra due soprani dal carattere quasi operistico. Gli interventi delle due voci vengono contrappuntati, quasi commentati, dalle varie sezioni degli strumenti ad arco. L’ambientazione sonora e leggera e serena
Questo movimento testimonia ulteriormente la grande varietà di paesaggi sonori ed emotivi di questo capolavoro.
Altro momento interessante è il “Domine Deo”. Qui l’ambientazione sonora è quasi pastorale. La strumentazione è scarna e, in pratica, si tratta di un duetto tra una voce di soprano ed un oboe, strumento che richiama chiaramente atmosfere bucoliche e campestri. Il ritmo di danza favorisce questa atmosfera leggera anche perché presenta gli stessi salti di ottava del primo movimento che sono, in pratica, la cifra stilistica ritmica di molte parti di questa composizione
Altro momento interessante è il “Domine Deus Agnus Dei”. In pratica si tratta di un’aria per contralto, la voce femminile più grave, violoncello e il cosiddetto basso continuo, in questo caso, il clavicembalo, che accompagna.
Alla melodia vocale risponde il coro, in modo omoritmico, che ripete continuamente “qui tollis peccata”. Il tutto sembra quasi una chiamata e risposta tra l’officiante e i fedeli
Il “Gloria” di Vivaldi così cangiante e con atmosfere così diverse termina con il brano “Cum Sancto Spiritu” per coro, orchestra e tromba solista che Vivaldi stesso ha rielaborato prendendo un brano del Gloria di un altro compositore veneziano, tale Giovanni Maria Ruggeri. Alcuni sostengono che l’abbia fatto visto la sua poca abitudine a comporre in stile “fugato” che era un modo abbastanza comune per chiudere questo tipo di composizioni all’epoca. Anche questo finale ripropone l’atmosfera solenne ed accattivante dell’inizio del “Gloria”.
Per concludere la nostra storia bisogna aggiungere che Vivaldi, all’inizio famosissimo a Venezia, col passare del tempo vide la sua fortuna diminuire anche in virtù del cambiamento delle mode e dei gusti musicali. Nell’ultimo periodo cercò invano fortuna all’estero, a Vienna in particolare, dove mori in seguito all’aggravarsi della “strettezza di petto” della quale soffriva fin da piccolo.
Venne quindi completamente dimenticato subendo, in pratica, lo stesso destino toccato a J. S. Bach. Alcune sue composizioni furono scoperte verso la metà dell’800 a Dresda in Germania ma il grosso del suo lavoro fu portato alla luce solo poco prima della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1947 vennero eseguite, per la prima volta, “Le Quattro Stagioni”, la sua composizione più conosciuta e , dieci anni dopo, fu la volta del “Gloria”,
Da quel momento Vivaldi fu conosciuto in tutto il mondo e, a tutt’oggi, è uno dei compositori più amati ed eseguiti.
Anche lui però, come molti suoi colleghi, dovette subire in vita le leggi della moda e del gusto mutevole del pubblico come venne rilevato anche da un famoso viaggiatore nonché riconosciuto melomane Charles De Brosses che , dopo aver incontrato Vivaldi nel 1739 si disse sorpreso nel constatare che non era stimato quanto meritasse.
Sua è questa frase che, purtroppo, è ancora attuale a distanza di secoli :
“In questo paese dove tutto deve essere moda, dove si ascoltano le sue opere da troppo tempo, dove la musica dell’anno prima non fa più cassetta”.

Grazie. 🙂 E’ sempre un piacere leggere le tue “narrazioni”. Un caro saluto.
Detto da te e’ sempre un complimento molto gradito. Veramente.
Grazie per questo lavoro di analisi prezioso
Come sempre grazie a te per l’attenzione che dimostri costantemente e che mi fa molto piacere.
Il tuo blog è diventato il mio luogo di ristoro preferito!
A proposito di Vivaldi, mi permetto di segnalarti ( se non lo hai già ), L’affare Vivaldi di F.M. Sardelli. Un libro illuminante per capire come i caso giochi un ruolo determinante nel destino di tutti e perfino in quello postumo dei musicisti…
Ti lascio qui il link a un passo dello scritto di Sardelli che ho pubblicato sul mio blog.
http://ilcavallodibrunilde.blogspot.com/2020/07/risvegliandosi-dalleternita.html
Buona giornata!
Grazie per la segnalazione e per il link. Sapevo dell’esistenza de libro ma non l’ho mai avuto. Mi fa molto piacere che tu apprezzi questo “lavoro” e sono contento di rappresentare, come tu dici, un momento di ristoro nella tua giornata.
Grazie grazie grazie
Sono contento ti sia piaciuto.
Spiegazione molto bella, peccato siano rare. Grazie
Grazie per i complimenti. Spero tu possa trovare interessanti anche gli altri racconti.
Grazie per la ricca e preziosa analisi
Sono contento tu abbia trovato interessante il racconto Grazie a te per averlo letto.