Un grande innovatore che non ha mai seguito le mode ma le ha sempre dettate.
Puntata numero ottantatré
” Il successo mi ha preso a tradimento, e l’unico a esserne deluso, in fondo, sono io. Da vent’anni suono nei night club e nelle sale da ballo. Ho conosciuto locali di quint’ordine, le pensioni più scadenti, le trattorie dalle quali si esce con l’appetito. Ho capito che, se riesco a durare ancora un paio d’anni, sono a posto. Mi occorrono un paio d’anni, non di più. Fingerò di avere una vitalità che non ho. Scriverò e canterò le canzoni più pazze. Poi, prima che la gente mi volti le spalle, Fred ridiventerà Ferdinando Buscaglione”.
Non riuscirà a mantenere questo proposito, formulato durante una delle sue ultime interviste al quotidiano Stampa Sera, Fred Buscaglione.
Infatti alle sei e trenta, di una fredda mattina, il tre febbraio 1960, rientrando all’Hotel Rivoli di Roma alla guida della sua Thunderbird color lilla, dopo aver trascorso la notte ad esibirsi in un night club, si scontrò con un camion che trasportava porfido.
Venne soccorso da una guardia giurata, dall’autista del camion e da un carabiniere, che fermarono un autobus, pensate, dove caricarono il cantante che giunse però troppo tardi all’ospedale.
Aveva appena trent’otto anni.

Ci sono molte cose da raccontare e, soprattutto molte cose da imparare, scorrendo la vicenda umana e artistica di uno dei personaggi, dei cantanti, dei compositori, dei musicisti più importanti e di maggior impatto nella storia della musica leggera italiana.
La sua figura artistica è ben definita, in questa intervista, da Paolo Belli che oltre a essere tutt’oggii uno dei cantanti più preparati è anche un grande ammiratore di Buscaglione per lui spesso fonte di ispirazione:
“Il fatto che Buscaglione sia ancora così attuale significa solo una cosa, che la sua era arte […]. E che a suo tempo, nel cuore degli anni cinquanta, è stato un innovatore […]. In quel periodo gli artisti avevano a che fare con una censura severa, con un clima politico teso, con una morale religiosa ancora molto rigida. Lui ha avuto un gran coraggio, ma soprattutto è stato un vero artista, altrimenti non sarebbe riuscito a emergere nel clima di quel periodo. Senza convinzione artistica, sarebbe stato impossibile”.

Per comprendere l’importanza di questo straordinario personaggio bisogna però risalire alle sue origini.
Fred, o meglio Ferdinando Buscaglione nacque nel 1921 in provincia di Torino. La sua famiglia masticava arte e, soprattutto, musica. Fin da piccolo mostrò una grande passione e una notevole predisposizione, appunto, per la musica, tanto è vero che fu ammesso al Conservatorio Giuseppe Verdi della stessa città all’età di undici anni.

Dopo qualche anno però abbandonò gli studi accademici, sia per il suo carattere molto vivace, sia per lo scarso interesse dimostrato per la musica classica. La sua attenzione era rivolta, infatti, per lo più ad un altro genere di musica che da poco aveva fatto la sua apparizione in Italia, il Jazz. Dell’importanza che questa sua passione ebbe per la sua carriera parleremo più avanti.
In ogni caso sapeva già suonare violino e pianoforte ai quali poi aggiunse, quando incominciò a lavorare con varie orchestre nei locali , la tromba, il sassofono, la fisarmonica e il contrabbasso. Era un talento veramente fuori dall’ordinario.
Dimostrò anche molto coraggio sia come persona che come musicista. Suonare jazz infatti, in quel periodo non era esattamente un’attività del tutto tranquilla. Quel genere era proibito dal regime fascista che considerava tutta la musica proveniente dagli Stati Uniti come “musica del diavolo”. Suonare jazz nei locali era un’attività quasi clandestina anche se, in qualche caso, in parte tollerata dal regime.
L’importanza di una grande preparazione musicale è uno degli insegnamenti più significativi che ci ha lasciato Fred Buscaglione. E questo diventa ancora più importante specialmente se confrontiamo la sua competenza e professionalità con quelle di molti sedicenti artisti di oggi.
Era una conoscenza affinatasi nei lunghi anni di gavetta in giro per l’Europa, anni che lui stesso ha ben descritto nell’intervista all’inizio di questo racconto.

Il suo amore per il jazz, un amore che modificò radicalmente la sua carriera, scoppiò durante la Seconda Guerra Mondiale. Svolse infatti il servizio militare in Sardegna dove aveva il compito di allietare i soldati suonando ed organizzando eventi musicali. Qui formò una piccola band con la quale eseguiva i brani che arrivavano dall’America e che sentiva per radio.
Poi, a partire dal dopoguerra, il Jazz e lo swing, con il loro ritmo così accattivante cominciarono ad essere conosciuti anche in tutta Italia.
E’ importante sottolineare come, in quegli anni, non fossero tanto i cantanti ad attirare l’attenzione della gente, bensì le orchestre e, soprattutto, i loro leader. I cantanti erano considerati, pensate, solo come un elemento aggiunto all’organico orchestrale, quasi un decoro.
Altro elemento cardine nella vita di Buscaglione causa della svolta fondamentale nella sua carriera, fu il sodalizio artistico con Leo Chiosso, che conosceva fin da bambino, che cominciò dopo la fine della guerra.

Questi era un avvocato ma, soprattutto, un paroliere dotato di un senso dell’ironia non comune. Il duo formato da Buscaglione, compositore delle musiche e Leo Chiosso, autore dei testi, si dimostrerà la chiave di volta di un rinnovamento fondamentale nell’evoluzione della musica leggera italiana.
Questa coppia era la depositaria di uno stile che può essere definito di swing e jazz per quello che riguarda l’aspetto musicale, e ironia e comicità nelle liriche.

Ebbero un rapporto strettissimo, quasi simbiotico. Si trasferirono nello stesso palazzo praticamente come dirimpettai. Comunicavano, suonavano , cantavano, a volte litigavano, da una finestra all’altra. Era un continuo scorrere di idee musicali e frasi di testo. Ognuno dei due prendeva spunto e ispirazione dall’altro quasi senza soluzione di continuità.
Per loro si potrebbe fare un paragone, seppur in ambito e in un periodo completamente diversi, con un’altra coppia vincente della musica italiana, quella costituita da Mogol e Battisti. In entrambi i casi si tratta di artisti che ebbero una comunione di intenti molto profonda e duratura nel tempo.
Per comprendere appieno l’importanza del “fenomeno” Fred Buscaglione bisogna enfatizzare , oltre appunto alla sua preparazione musicale, anche il modo estremamente personale di vivere il suo essere artista. Non era uno di quelli che seguivano le mode per andare incontro ai gusti del pubblico. Piuttosto si comportava come un innovatore. Faceva quello che più gli piaceva e riteneva interessante. Ha sempre cercato strade diverse con le quali creare nuove mode che la gente avrebbe seguito. In pratica incarnava la figura dell’artista che guida e non di quello che segue passivamente la via pur di arrivare al successo.
In questo senso ha fatto parte, e tutt’ora ne è un rappresentante, di quella categoria di cantanti e musicisti, peraltro non numerosissima, la cui fama dura per decenni al di la delle abitudini e dei gusti del periodo contingente.

Il suo momento di successo, dopo anni e anni di gavetta, e durato solo tre anni, gli ultimi degli anni 50.
In quel periodo la canzone italiana era prevalentemente melodica. Avevano successo brani come “Grazie dei Fior”, “Viale d’Autunno”, “Tutte le Mamme”, “Buongiorno Tristezza”, “Vola Colomba”. In questo mondo dominato dai buoni sentimenti, spesso rappresentati in modo un pò retorico, quello che hanno portato Buscaglione e Leo Chiosso era qualcosa di radicalmente diverso.

Il loro genere, definito quello delle “Criminal Songs”, ha rappresentato una svolta radicale nel modo di comporre musica e testi. Queste canzoni infatti hanno uno sviluppo drammaturgico, raccontano delle storie, parlano di personaggi. Alcune di loro potrebbero essere lo spunto per la sceneggiatura di un film e spesso proprio dai film e dai libri noir prendevano l’ispirazione. E tutto questo andava contro la moda e i gusti musicali di quegli anni sparigliando completamente le carte.
Infatti all’inizio, nessuna casa discografica voleva far incidere a Fred Buscaglione queste canzoni. Del resto bisogna purtroppo ammettere che molto spesso le più importanti case discografiche italiane si sono dimostrate pavide e refrattarie alle novità.
Questo momento difficile venne superato grazie all’aiuto e all’amicizia di un cantante molto famoso in quel periodo, Gino Latilla.

Questi aveva ottenuto un buon successo con la canzone Tchumbala-bey scritta per lui dal duo Chiosso-Buscaglione. Per sdebitarsi cercò di convincere il direttore della sua casa discografica, la Fonit Cetra, a pubblicare le canzoni di Buscaglione. Ricevuto un secco rifiuto decise, con un gesto che oggi sarebbe quasi improponibile, di produrre lui stesso la registrazione procurando i soldi necessari. In questo modo nel 1955 fu inciso un primo singolo, ancora su 78 giri, contenente due canzoni tra le quali quella che diventerà un successo nazionale intitolata “Che Bambola”.

Da un punto di vista musicale le canzoni di Buscaglione risentono chiaramente del suo grande amore per il Jazz, per il ritmo swing, per le sonorità delle big band americane. Negli arrangiamenti dei suoi brani queste influenze sono chiarissime sia nell’andamento ritmico che nel modo incisivo di cantare che, soprattutto, nelle sonorità e nel fraseggio degli strumenti a fiato.
Per quello che riguarda i testi ci troviamo di fronte a una vera e propria rivoluzione. Queste liriche, infatti, hanno disegnato una figura che rappresenta un’imitazione bonaria di un gangster americano.
Ci sono molti degli stereotipi associati all’immagine del bullo sbruffone e cinico. Anche l’abbigliamento col quale Buscaglione “metteva in scena” questi brani era tipico di quel mondo. C’erano infatti il sigaro, il whisky, il vestito gessato, i cappelli a tesa larga. La differenza fondamentale rispetto agli “originali” è che in queste canzoni l’ironia e la bonaria presa in giro sono sempre presenti. Tutte le caratteristiche cui ho accennato vengono messe in ridicolo come quella del macho sciupafemmine che, in realtà, finisce quasi sempre per soccombere alla donna che vorrebbe conquistare.

L’immagine della donna che si può ricavare da queste canzoni è, in effetti, completamente diversa dallo stereotipo imperante in quegli anni. Non è l’angelo del focolare, sempre a disposizione del maschio, pronta a sopportarlo e a perdonare tutti i suoi comportamenti anche quelli più discutibili. E’ una donna che sa il fatto suo, con un carattere molto forte, che non si fa assolutamente abbindolare e mettere i piedi in testa dall’uomo.
Ma per cominciare ad entrare in questo mondo musicale conviene ascoltare uno degli esempi più significativi di queste “criminal songs”.
E’ una canzone nata agli inizi di quel triennio che ha decretato il successo di Buscaglione.
Il titolo è già tutto un programma :” Il Dritto di Chicago” ed è tratta dal film “I Ragazzi del Juke box” a riprova del fatto che olte all’attività di cantante Fred Buscaglione era anche richiesto come attore in molti film di successo.
Il testo è il seguente:
“ Sono il dritto di Chicago, Sugar Bing.
So sparare la pistola con lo swing
Io con “Jimmy lo sfregiato” sette banche ho svaligiato
Nello spazio limitato D’un mattinSono il dritto di Chicago, Sugar Bing
Deputato del distretto di Sing Sing
Quando vedo una ragazza, quella lì diventa pazza
Perché Sugar tiene o’ fascino latinQuando ad Hollywood per caso capitai
Ad un pranzo con Kim Novak non andai
Di risate sempre ghiotto, per veder Gianni e Pinotto (famosa coppia comica televisiva di quegli anni)
Anche un bacio ad Ava Gardner rifiutai“
Bisogna puntualizzare che questo amore per il jazz era una prerogativa, in quegli anni, anche di un altro grande personaggio, anche lui un innovatore, il napoletano Renato Carosone, i cui testi però affrontavano tematiche molto diverse.
Fred Buscaglione vestiva i panni di questo personaggio tipo gangster, anche al di fuori delle canzoni. Tutti, impresari e proprietari di locali in primis, gli chiedevano di vivere in quel modo col “whisky facile” sempre a portata di mano. Quando si esibiva nei locali spesso sostituiva la bottiglia di whisky con del tè.
Negli ultimi anni la sua vita diventò sempre più frenetica.
Come lui stesso raccontava :
” La mattina giro dei film, a mezzogiorno sono in televisione, al pomeriggio incido dischi e la sera mi esibisco nei locali”.
Tutto questo accumulo di lavoro si rivelerà poi fatale anche per la sua vita affettiva con la dolorosa separazione dalla moglie che però lui ha continuato ad amare fino alla fine.
Una delle canzoni più emblematiche di questo modo di agire un po’ dissoluto da “viveur” con in fondo però sempre un animo buono, è “Whisky Facile”. Ha avuto un successo clamoroso al punto che più volte Buscaglione l’ha eseguita in televisione.
Di una di queste esibizioni esiste un filmato, che oggi verrebbe tacciato di essere assolutamente non “politically correct” e probabilmente non verrebbe mai trasmesso, nel quale dialoga con un coro di bambini che controbatte ogni sua affermazione come se rappresentasse la coscienza del cantante. Il coro è quello, eccezionale delle voci bianche di Renata Cortiglioni, e questo scambio di linee melodiche e di frasi è veramente gustoso
Per quello che riguarda l’immaginario femminile che risulta dai testi ci sono, fra i tanti, due esempi in particolare. Il primo riguarda la canzone “Che bambola” nella quale, a un certo punto, il protagonista afferma:
“ Lei si volta, poi mi squadra come fossi uno straccion / Poi si mette bene in guardia come Rocky, il gran campion / Finta il destro e di sinistro lei m’incolla ad un lampion / (fischio) Che sventola!”
Per inciso va segnalato che un altro fattore di novità è l’introduzione, in questi brani, di effetti speciali come rumori, fischi, colpi di frusta o di pistola. Era un modo del tutto inusuale, per i tempi, di rendere efficace lo sviluppo delle storie.
Ma, ovviamente, la rappresentante più importante di questo nuovo genere femminile è Teresa, la protagonista assoluta di “Teresa non sparare”.
E’ un esempio di canzone veramente innovativa.
Il testo sembra uscito da un articolo di cronaca nera e. del resto, la canzone inizia con Buscaglione che imita gli strilloni che vendevano i giornali elencando una serie di testate sulle quali è riportato il fattaccio.
Nel brano viene raccontato quello che è successo a Casalpusterlengo la sera del ventiquattro quando la casalinga, Teresa U., accortasi del tradimento del marito lo accoglie al rientro col fucile spianato minacciandolo di morte. Siamo negli anni 50 e bisogna tener conto che l’adulterio maschile veniva tranquillamente tollerato mentre quello femminile costituiva una colpa imperdonabile e spesso veniva punito col carcere. Potete immaginare quanto fosse avveniristica la storia raccontata.
In questo brano, tra le altre cose, va notato anche il bellissimo arrangiamento jazz sempre a cura di Fred Buscaglione
Ovviamente alla fine, nonostante il marito la supplichi, Teresa spara veramente perché la giustificazione del marito non sta in piedi tanto è vero che alla fine il coro risponde “Vigliacco”:
“È stata una follia, l’ho incontrata per la via
Disse: “Vieni a casa mia”. Cosa mai potevo far?Un bacio ha domandato. Te lo giuro, ho rifiutato
Ed abbiamo poi parlato, pensa un po’, sempre di te”.
Il successo di Fred Buscaglione, arrivato dopo una lunghissima gavetta, è stato clamoroso. In soli tre anni ha raggiunto il culmine della popolarità nel mondo della musica, della televisione e anche del cinema.
A determinare la sua affermazione artistica fu anche l’invenzione del Juke Box che introdusse un modo del tutto nuovo di ascoltare la musica. Bastava infatti andare nei bar, inserire una moneta in quella scatola magica, e si poteva scegliere, tra una cinquantina di dischi, la canzone da ascoltare. E le canzoni di Buscaglione erano tra le più gettonate.
Il rovescio della medaglia di tutto questo fu uno stress fisico ed emotivo sempre più importante che lo portò a dichiarare, in una delle sue ultime interviste:
“Il guaio è che io mi sono trovato in questa atmosfera paracriminale senza averne una particolare predisposizione. Anzi vi potrei confessare che una parte di me, la migliore e più cospicua, si trova in perenne imbarazzo quando giunge a contatto con il mondo di cui l’altra parte di me vorrebbe che io fossi il rappresentante. Infatti, il mio ‘io’ più segreto ripudia il modo di vivere che tutti attribuiscono a Fred”.
In effetti verso la fine della sua carriera cercò di virare e di cambiare rotta, scegliendo canzoni più romantiche e dedicandosi maggiormente al cinema. E anche in questa nuova veste ha ottenuto grandi successi con canzoni come ”Love in Portofino”, o la bellissima “Guarda che Luna”. Quest’ultima non è di sua composizione ma è stata da lui magistralmente interpretata.

La canzone comincia con un evidente richiamo alla famosa sonata “Chiaro di Luna “dell’opera 27 di Beethoven che fa risaltare la sua non comune capacità di contaminare generi diversi tra loro, sempre allo scopo di rappresentare al meglio emozioni e sentimenti. E’ interessante notare che, anche da un punto di vista tematico le due composizioni hanno delle similitudini.
Beethoven, presumibilmente, dedicò la composizione a una donna amata, mentre Fred Buscaglione, in questo brano, si rivolgeva in pratica alla moglie dalla quale si stava separando ma che lui continuava ad amare profondamente
La sua vita e la sua carriera furono stroncate quando era ancora molto giovane a nemmeno trentanove anni.

L’ultima cosa che ci ha lasciato purtroppo è, senza nessuna colpa da parte sua, qualcosa di non troppo positivo.
Ai funerali, svoltisi tre giorni dopo la sua morte a Torino, ci fu una folla enorme. Anche molte personalità importanti della canzone, del mondo del cinema, dello spettacolo e della televisione parteciparono alle esequie.

Purtroppo molte persone fecero a gara per farsi fare degli autografi da tutte le celebrità presenti inaugurando così una brutta abitudine che ancora oggi persiste in queste occasioni. Ovviamente definire di dubbio gusto questi episodi è un eufemismo.
Ma questa, ovviamente, è un’altra storia e non è assolutamente colpa di Fred Buscaglione che rimane, ancor oggi, uno dei “fenomeni” più rilevanti dell’intera storia della musica leggera italiana.
Grande personaggio, davvero, e complimenti per il tuo articolo, veramente esaustivo!
Grazie di cuore. E’ stato un innovatore e un musicista veramente preparato.
Ahhhhh che bello ritornare a quegli anni per me spensierati. Grazie. Ero appena un ragazzino, ma ascoltavo spesso Che Bambola, Teresa non sparare, andavano in radio e dischi prestati da parenti e vicini di casa 🙂 mi rattristai parecchio quando seppi dell’incidente.
Quello che piu’ colpisce e’ la grande preparazione tecnica che lui e anche altri musicisti e cantanti avevano.
Grazie per aver letto il racconto.
Come sempre qui si fanno viaggi meravigliosi. La sua è una splendida musica e questo post è un tributo davvero importante e degno. Grazie sempre, Sandro.
Fa parte di quella ristretta schiera di artisti che indicano una strada senza seguire la corrente. Le sue canzoni hanno una caratteristica particolare. Sono piacevoli e divertenti al primo ascolto ma se si analizzano con calma si scoprono tante soluzioni veramente significative. Grazie per il tuo pensiero.
Oggi c’è un enorme bisogno di divertirsi in modo sano e anche di godere della Bellezza; La sua musica, come dici tu, ha entrambe queste caratteristiche e ora che ce lo hai raccontato, lo si può comprendere anche meglio. Mette di buon umore e nel contempo fa pensare. Quando all’università ho studiato il cinema gangster, un po’ pensavo anche a lui ogni tanto; sicuramente seguiva le orme di un tipo di personaggio che andava molto in quegli anni e probabilmente questo ha contribuito a fare il suo successo. Ma più che altro è la musica… la sua musica. Il pericolo pubblico numero uno, ma con un grande cuore e un grande talento.
Hai ragione. Il cuore è fondamentale. Lui, come dici tu, ne aveva uno grande e questo è un altro degli insegnamenti che possiamo ricavare dalla sua vicenda, quello di fare le cose col cuore. E’ una condizione imprescindibile se vogliamo influire positivamente su quanto sta intorno a noi.
Forse è proprio per il suo grande cuore che mi ero innamorata di lui quando avevo 4 anni , aveva un fascino intrigante e “buono”. Tutte le sue canzoni erano nuove, ammalianti, divertenti, autoironiche ed era un vero piacere non solo ascoltarle, ma anche vederlo cantare. Certo poi che quando cantava Teresa mi sentivo direttamente coinvolta e spesso mi dicevano, quando mi chiamavano per nome, “non sparare col fucile”… La notizia della sua morte mi ha colpito come se fosse mancato un amico, una persona cara e molto vicina a cui volevi bene, ed ero appunto una bambina di 4 anni… Grazie per averlo raccontato così, facendoci conoscere la sua grande professionalità e la sua grande umanità.
Il tuo commento e’ la miglior conferma di quanto il fare le cose con passione e sincerita’ riesca a fare breccia nel cuore delle persone. Certo che per tutte le “Terese” del momento deve essere stato un tormentone continuo. Grazie per il tuo contributo