“Finita la cena i libri di musica furono portati intavola, secondo il costume. La padrona di casa mi porse uno spartito chiedendomi, con insistenza, di cantare. Ma quando dopo molte scuse io, mortificato, ricusai perché non sapevo cantare, tutti cominciarono a stupirsi……..”che strano”, bisbigliavano tra loro domandandosi come ero stato educato.”
Così scrive nel suo saggio “A plain and easy introduction to Practical Music” il compositore Thomas Morley, nel 1597, parlando di una scena di vita in una Londra musicalmente sofisticata, e nella società di corte, in quella che può essere definita “L’Età dell’oro” della musica inglese che si sviluppò tra gli ultimi due decenni del 500 ed i primi del 600. Un periodo che comprende molta parte del regno di Elisabetta I e quasi tutta la vita di John Dowland l’autore di “Flow My Tears” che è l’oggetto di questa Mollica.
John Dowland è stato un compositore di successo. Nacque, probabilmente, nel 1563 forse a Londra, forse presso Dublino, e mori nel 1626 a Londra.
John Dowland
Le sue composizioni venivano suonate non solamente in Inghilterra ma in tutta Europa, perché avevano una caratteristica che le rendeva estremamente interessanti e popolari. Una caratteristica che è fondamentale ancor oggi : erano, sostanzialmente, delle canzoni.
Questo è uno dei motivi per cui, recentemente , un personaggio come Sting , nel 2006 ha inciso un album “Songs From The Labyrinth” nel quale esegue, solamente, musica e canzoni di John Dowland.
Sting nella presentazione dell’album, scrive :” Dowland per me è musica di riflessione su di sé. Questo è un concetto molto sottovalutato nella nostra società. Questo genere di riflessione ti porta alla malinconia e questa è una buona emozione. Nulla a che vedere con la depressione che invece è un serio problema clinico. La malinconia ti porta alla riflessione, a un senso di umiltà, un senso di gentilezza, di compassione – ecco perché ne abbiamo bisogno”.
John Dowland è praticamente, in musica, il poeta della malinconia.
La malinconia era un sentimento diffusissimo in quel periodo, in Inghilterra, in un momento in cui gli uomini della cosiddetta ”Prima Età Moderna”, sentivano veramente ballare la terra sotto ai loro piedi, dopo che era stato loro spiegato, per la prima volta, che il sole sta fermo e che quello è il centro dell’universo. Era un sentimento coì diffuso che un uomo di cultura come Robert Burton, scrisse nel 1621 un saggio intitolato “Anatomia della Malinconia”, un tomo di proporzioni considerevoli da lui rivisto e corretto fin alla fine della sua vita, nella cui prefazione dichiara :
” Scrivo di malinconia essendo occupato ad evitare la malinconia”.
Lo stesso Dowland, nella lettera di dedica della sua composizione “Lachrimae” del 1604, uno dei suoi più grandi successi, ad Anna di Danimarca, moglie di Guglielmo Primo, re d’Inghilterra, scrive :
” Ho avuto la presunzione di dedicare questo lavoro musicale alle vostre sacre mani, perché lo iniziai nella terra dove siete nata, e la terminai dove ora regnate. Benché il suo titolo prometta lacrime, inadatte a questi tempi gioiosi, pure senza dubbio piacevoli sono le lacrime quando sgorgano dalla musica, né poi si piange sempre per tristezza: talvolta si piange di felicità e contentezza. Quindi, volendo Iddio, prendete sotto la vostra protezione questi zampilli di Armonia: almeno, se faranno socchiudere i vostri occhi, quegli zampilli per Metamorfosi si faranno vere lacrime. In umile devozione delle Vostre Maestà John Dowland”
La musica di Dowland è pervasa da questo sentimento.
Uno dei suoi brani si intitola “Semper Dowland semper dolens” , un titolo che riassume la sua poetica. I suoi testi sono spesso malinconici sebbene, in realtà, egli fu un personaggio che non disdegnava l’allegria. La sua malinconia derivava anche dalla frustrazione di non essere mai riuscito, nonostante vari tentativi, a farsi assumere al servizio della regina, anche a causa della sua conversione al cattolicesimo quando era giovane. Nella sua vita girovagò attraverso Francia, Germania e Italia sempre con lo scopo, un giorno, di tornare e di farsi apprezzare nella sua patria. Ci riuscì in età matura, nel 1612 quando ottenne, finalmente, il posto di liutista presso la corte inglese.
Caravaggio : Suonatore di liuto
Era, infatti, un suonatore di Liuto, uno strumento a corde, molte corde, pizzicate, praticamente l’antesignano della moderna chitarra acustica dalla quale differisce anche per le dimensioni della cassa armonica che è molto bombata e panciuta. Era lo strumento principale, in quel periodo, in Inghilterra e ha una sonorità di questo tipo
Liuto
Un suono decisamente evocativo, con queste note molto corte come è tipico in tutti gli strumenti a corde pizzicate, che riporta subito l’immaginazione a quel periodo , ad un’Inghilterra nebbiosa e a scene di vita magari dentro a un pub davanti a una bottiglia di vino.
Lo spezzone che avete sentito è un brano di Dowland intitolato “Lachrimae” la cui melodia verrà poi impreziosita da un testo che darà origine a “Flow My Tears” la composizione più famosa di John Dowland e la più grande hit, se così si può dire, di quel periodo.
La ragione del successo di Dowland è dovuta, essenzialmente, al fatto che le sue composizioni erano, in pratica, delle melodie accompagnate. In quel periodo era ancora molto in voga lo scrivere in modo polifonico, cioè con molte melodie sovrapposte il che rendeva la musica estremamente interessante ma di difficile esecuzione. I brani di Dowland invece potevano essere suonati col solo, liuto, oppure col liuto che accompagnava una o più voci il che li rendeva più facili da eseguire e più fruibili. Anche la stampa delle sue composizioni era particolare in quanto i fogli erano strutturati in modo da potere essere letti contemporaneamente da esecutori seduti ai quattro lati di un tavolo, in questo modo
Spartito da tavola
Anche Elvis Costello ha registrato una composizione di Dowland per il suo album del 1993 “The Juliet Letters” facendosi accompagnare da un quartetto d’archi , il “ Brodsky Quartet“
Can she excuse my wrongs
Anche in questo caso si capisce cosa vuol dire di “melodia accompagnata”. Le composizioni di Dowland non sono degli esempi di virtuosismo nell’uso del contrappunto, ma il fascino e la loro vitalità sono dovuti alla bellezza melodica che le rende un prodotto accessibile e gradevole a tutti.
Le sue influenze principali si trovano nella musica popolare e in quella da ballo. Quello che le distingue dalle moderne canzoni è il fatto che, generalmente, la parte del liuto non è semplicemente un accompagnamento, come accade nei moderni songwriter, ma è molto articolata anche perché molte sue composizioni prevedono anche la sola esecuzione strumentale.
Un ulteriore esempio della melodicità delle sue composizioni si ha in questo brano il cui testo è abbastanza triste perché parla di un amante che deve allontanarsi dall’amata mentre invece la melodia non è così malinconica
Now oh now i needs must part
In questo brano si nota una certa vicinanza con la forma canzone così come la conosciamo oggi perché all’inizio abbiamo una parte che viene ripetuta musicalmente ma con testo diverso, l’equivalente delle strofe nelle nostre canzoni, poi c’è una sezione diversa sia come testo che come musica, che potrebbe tranquillamente rappresentare il moderno ritornello. E questo avvicina molto le composizioni di Dowland, nonostante la loro sonorità un po’ datata, ovviamente, alla nostra sensibilità.
Come ho sottolineato in precedenza “Flow My Tears” è il più grande successo musicale di Dowland e di quel periodo in generale.
E’ un brano scritto sulla forma della Pavana, una musica da ballo di origine spagnola o veneta, non si sa con certezza, di carattere importante e aristocratico, che in genere apriva il ballo di corte con il suo andamento moderato.
La sua forma è AA BB CC cioè una prima parte (A) ripetuta, così come la seconda (B) e la terza (C). Ovviamente le ripetizioni si riferiscono alla parte strumentale e non al testo che viene variato tutte le volte.
L’inizio del testo è questo:
Flow my tears, fall from your spring
Exiled for ever let me mourn
Where night’s black bird her sad infamy sings
There let me live forlorn”
“Scorrete mie lacrime dalla vostra fonte sgorgate
Per sempre esiliato lasciatemi gemere
Dove il nero uccello della notte la di lei triste infamia canta
Li lasciatemi vivere sconsolato”
FLow My Tears prima A
Questa parte (A) viene ripetuta con un testo diverso:”
Down vain lights, shine you no more
No nights are dark enough for those
That in despair their lost fortunes deplore
Light doth but shame disclose
Spegnetevi vane luci, più non brillate
Nessuna notte è abbastanza cupa per chi
Disperato piange la perduta fortuna
La luce altro no fa che svelare la vergogna”
Seconda A
Dopo di questo abbiamo la prima delle due parti B particolarmente interessante per un rapporto molto stretto tra il testo e la musica. Il testo recita:
“Never may my woes be relieved
Since pity is fled
And tears and sights and groans my weary days
All of joys have deprived”
“Mai potranno I miei affanni essere placati
Poiché la pietà è fuggita
E lacrime e sospiri e gemiti, i miei stanchi giorni
Di ogni gioia hanno privato”.
La cosa interessante è che su questo “lacrime e sospiri e gemiti” c’è una melodia spezzata di due note che continua a salire, passo passo, sottolineando il senso drammaturgico delle parole
Parte B
L’ultima parte, la C, ha una caratteristica che la rende leggermente diversa dalle altre in quanto sia la musica che il testo vengono ripetuti esattamente nello stesso modo.
Un’altra caratteristica che rende questo brano simile alle canzoni odierne è che se si guarda su YouTube se ne possono trovare tante versioni tutte diverse sia come tonalità che come organico strumentale o vocale, a dimostrazione che, come nelle moderne canzoni, gli interpreti adattano il brano alle loro caratteristiche cosa che nella musica cosiddetta classica in genere non si fa mai.
Un ulteriore esempio dell’appeal di questo brano presso i cantanti di musica leggera è questa versione che Antonella Ruggiero, ex vocalist dei Matia Bazar, ha inciso nel 2001 nel suo album intitolato “Luna Crescente”
Antonella Ruggiero
In questo caso l’accompagnamento, fatto da un ensemble di archi è del tutto diverso da quello della versione precedente, ulteriore esempio di quanto appena affermato.
Ovviamente queste interpretazioni moderne spesso suscitano una reazione sdegnata da parte dei puristi ma un loro indubbio merito è quello di avvicinare molte persone a un repertorio altrimenti sconosciuto ai più.
Molto scalpore ha suscitato anche la versione di Sting che è estremamente particolare anche a causa del suo timbro vocale così personale
Sting
Se volete un’interpretazione più coerente dal punto di vista della prassi esecutiva vi suggerisco questa versione di Emma Kirgby, specialista di questo repertorio, accompagnata , in questo caso dalla voce di bassi di David Thomas che crea un controcanto alla melodia principale
Emma Kirkby
Ultima, ma non ultima in questa piccola carrellata di esecuzioni diverse, la versione di un controtenore, una vocalità molto affine a questo tipo di repertorio. Questa volta si tratta di Damien Guillon
Damien Guillon
Per chiudere questa è la dedica che John Dowland scrisse sul suo primo libro di canzoni al Lord George Carey :
“Quell’Armonia che cerca, Giusto Signore, è espressa con sapienza dagli strumenti che per la varietà di numeri e proporzioni distendono la mente di chi ascolta, producendo ammirazione e delizia: potere e autorità della Musica che unisce alla dolcezza dello strumento la viva voce dell’uomo enunciando valide sentenze o, se preferisce chiamarle così, poesie”