Enrica Ricci Ravizza
Storia di una canzone dall’insuccesso francese all’affermazione internazionale
Puntata numero sessantasette
“Era un periodo straordinario, a quei tempi. Quando usciva un singolo di Claude François, tutti potevano cantarlo due giorni dopo. “Comme d’Habitude” è andato al numero uno in Francia, ma invece di vendere 500.000 o un milione di singoli, ha venduto solo 350.000 copie in pochi mesi. Purtroppo c’erano stati successi molto più grandi”.
Questo è quanto ha affermato in un’intervista Jacques Revaux, il primo autore di un brano che, attraverso varie vicissitudini, è divenuto uno dei più importanti della musica leggera dei nostri tempi.
La storia è veramente interessante ed avvincente. Io l’ho scoperta, come molti immagino, partendo dalla sua fine.

Anni fa, infatti, stavo lavorando, con un paio di cantanti, ad una versione un po’ particolare di un brano estremamente conosciuto, portato al successo principalmente da Frank Sinatra, “The Voice”, intitolato “My Way”. Facendo delle ricerche per documentarmi meglio ho scoperto che “My Way”, in pratica, è l’ultima versione di una canzone nata verso la metà degli anni 60 al di qua dell’oceano, e precisamente in Francia, il cui titolo è “Comme d’Habitude”.
Ma andiamo con ordine.
Nel 1967, in Francia, Jacques Revaux, un cantante e soprattutto un compositore abbastanza famoso in quegli anni, sforna, in una giornata di lavoro, quattro canzoni che gli erano state commissionate. Tra queste ce n’è una, in particolare, con testo in inglese, “For me”, in italiano “Per Me”. La canzone viene proposta a molti cantanti di grido ottenendo però solo rifiuti in virtù di un testo ritenuto poco adatto al grande pubblico.

Accade però che Claude Francois, uno dei cantanti più alla moda in quel periodo, dopo aver ascoltato il brano, lo ritiene potenzialmente interessante e decide di metterci le mani. Modifica un po’ la musica, alla quale viene aggiunto un ritornello, e cambia completamente il testo, riscritto insieme a Gilles Thibaut, un paroliere.
Nasce così una canzone con un testo in francese che parla della fine , per logoramento, di un rapporto amoroso. E’ la situazione che lo stesso Claude Francois sta vivendo dopo la separazione dalla sua compagna. Il brano viene intitolato “Comme d’Habitude” che in italiano significa “come d’abitudine” o, meglio, “come al solito”.
Ma nonostante fosse eseguita da uno dei cantanti più famosi, la canzone, come detto, non ebbe un grande successo.
Per cercare di risollevarne le sorti venne anche tradotta in altre lingue. Ne esiste, infatti, anche una versione italiana, cantata dallo stresso Francois, intitolata “Come Sempre”. Il testo, Andrea Lo Vecchio, è una traduzione abbastanza fedele di quello originale.

Era comunque una canzone destinata ad essere dimenticata abbastanza in fretta.
A questo punto molti di coloro i quali raccontano questa storia, liquidano la parentesi francese, diciamo così, con una certa sufficienza. La tesi comune è che il brano non fosse un granché, soprattutto a causa del testo molto triste e poco adatto. Per fortuna, aggiungono, ad un certo punto arriva nella vicenda Paul Anka che porta la canzone in America, ne cambia il testo, la affida a Frank Sinatra e la fa diventare uno dei più grandi successi della musica leggera internazionale.

Questa visione, tipicamente diciamo cosi, “anglo centrica”, sostenuta anche da critici musicali italiani di fama, non tiene conto di un fatto secondo me fondamentale. Il testo di “Comme d’Habitude” è estremamente significativo, molto bello e poetico. Non ha niente da invidiare a quello che ha scritto sulla stessa musica Paul Anka. A mio parere è di una qualità e di una poetica almeno uguale, se non superiore a quella della versione americana.
Racconta infatti di una storia d’amore che si trascina nella routine quotidiana. E’ crudo, asciutto, senza fronzoli. Parla senza acrimonia, quasi senza rimpianto, con una sorta di rassegnata accettazione, della vita di una coppia. O, forse, della vita di coppia in generale.
Ha un’atmosfera tipicamente francese, quasi in bianco e nero. Potrebbe tranquillamente essere la colonna sonora di un film di Truffaut.
È caratterizzato dal continuo ripetere della frase “comme d’habitude” che ben sottolinea la reiterazione quotidiana di gesti. Gesti che una volta avevano un preciso significato, perduto poi nella quotidianità di un affetto che c’era e che si è perso non si sa quando.
Tradotto in italiano è questo:
“Mi alzo e ti scuoto,
Non ti svegli
Come al solito
Ti rimbocco le coperte
Temo che tu possa prendere freddo
Come al solito
La mia mano ti accarezza i capelli
Quasi senza che me ne accorga
Come al solito
Ma tu, tu ti giri dall’altro lato
Come al solito
E poi mi vesto velocemente
Esco dalla stanza
Come al solito
Tutto solo bevo il mio caffè
Sono in ritardo
Come al solito
Senza fare rumore esco di casa
Fuori, tutto è grigio
Come al solito
Ho freddo alzo il bavero del cappotto
Come al solito
Come al solito
Per tutto il giorno
Giocherò a fingere
Come al solito sorriderò
Sì, come al solito
Riderò, addirittura
Come al solito
Insomma, vivrò
Sì, come al solito “
Il testo poi prosegue sempre pregno di significato come si deduce già da questo inizio.
C’è, secondo me una considerazione importante da fare a questo punto.
In “Comme d’Habitude” la musica è interessante, la melodia accattivante, il testo è poetico.
Quello che non rende giustizia a questa canzone è l’arrangiamento col quale è stato “vestito” questo brano. E’ un tipico arrangiamento orchestrale anni 60, un po’ sdolcinato, troppo leggero per rendere giustizia al testo.
Del resto in quegli anni gli arrangiamenti delle canzoni, tranne alcuni frutto della genialità di un Ennio Morricone ad esempio, erano, più o meno, tutti su questo standard.
Questa è la versione “originale” di Claude Francois ascoltando la quale si può capire meglio quello che intendo dire
Questo arrangiamento può trarre in inganno e favorire giudizi affettati.
Ci sono infatti, al riguardo, delle sciocchezze scritte anche da qualche giornalista importante.
Ne ricordo una in particolare comparsa sull’Huffington Post del 5 febbraio 2022 quando un “critico”, commentando una serata del Festival di Sanremo di quell’anno in cui venivano eseguite “cover “ di brani famosi, ebbe a scrivere:
“La meravigliosa My Way fa venire in mente i nomi di Frank Sinatra e di Paul Anka, rispettivamente interprete e paroliere. Ma non tutti sanno che si tratta di un adattamento della canzone francese “Comme d’ Habitude”.
Fino a questo punto niente da dire, ha perfettamente ragione. Poi però aggiunge:
“A scriverla e interpretarla fu Claude Francois, un cantautore popolare paragonabile, per stile e per gusto, a certi nostri attempati cantanti da Sanremo. Come quella sdolcinata canzone, e sfacciata, attraversando l’oceano, sia diventata la sofisticata My Way, è uno di quei miracoli estetici che nessuno può spiegare”.
Ecco, definire “ sdolcinata e sfacciata” questa canzone significa averla ascoltata con un “orecchio solo”, superficialmente, senza nemmeno preoccuparsi di cercare di capirne il significato. Se si fosse preso la briga di leggere una traduzione e se avesse colto la complessità sia della linea melodica che della parte armonica sottostante, certamente non avrebbe scritto frasi di questo tipo o perlomeno, avrebbe usato un tono completamente diverso.

Insisto su questo aspetto riguardante l’arrangiamento perché anche nella versione americana, senza dubbio più sofisticata e curata da questo punto di vista, sussiste, in parte , lo stesso problema.
Tornando alla nostra storia, a questo punto accade che Paul Anka, famosissimo cantante ed autore americano, trovandosi in vacanza in Francia, ascolta per caso alla radio “Comme d’Habitude”. Essendo uno che di musica ne capisce parecchio si rende conto delle potenzialità di questo brano e decide di acquistarne i diritti.
Qui la storia diventa forse leggenda perché fonti non verificabili parlano di un prezzo di acquisto fissato in un dollaro. A me sembra un po’ strano che una casa discografica ceda i diritti di una canzone che ha comunque venduto 350000 copie, per un solo dollaro, ma, in mancanza di prove inconfutabili, prendiamo la cosa per buona.
Sia come sia Paul Anka tornò negli Stati Uniti deciso a scrivere un testo sulla musica di questa canzone.
Lo spunto per farlo gli venne fornito da una conversazione con Frank Sinatra che era suo amico.

Frank Sinatra, infatti, gli confessò di essere ad un punto morto della sua carriera. Si rendeva conto che il panorama musicale intorno a lui in quegli anni, la fine degli anni 60, stava radicalmente cambiando.
Nuove musiche, infatti, si affermavano, il rock prima di tutto. Nuovi gruppi e artisti cominciavano ad avere successo presso le generazioni più giovani.
Lui, col suo genere musicale, si sentiva un po’ come un pesce fuor d’acqua al punto da confidare all’amico la volontà di ritirarsi dalle scene.
Prima però di parlarvi del testo che Paul Anka scrisse in seguito a questa conversazione vorrei raccontarvi anche di un altro personaggio che, sempre in quel periodo, si era accorto della bellezza di “Comme d’Habitude”, al punto da utilizzarne la musica per costruire una canzone con un testo originale da sottoporre alla propria casa discografica.

Il brano composto ebbe il titolo di “Even a fool learns to love” e purtroppo per l’autore venne rifiutato dalla sua casa discografica. Un altro esempio, l’ennesimo, di scarsa lungimiranza.
Dimenticavo, il cantante ed autore in questione era un giovanissimo e del tutto sconosciuto David Bowie e la sua versione, che parla di un clown alle prese col primo amore, è questa
Tornando alla nostra storia bisogna dire che, dopo il colloquio con Frank Sinatra, Paul Anka scrisse un testo sulla musica di Comme d’ Habitude, che divenne così “My Way”.
Va detto che anche questo nuovo testo si rivela molto interessante e poetico. Non si tratta cioè della solita, diciamo così, americanata. In sostanza parla di un artista, alla fine della sua carriera, che fa un bilancio su ciò che è stato e su quanto ha fatto. Se però lo analizziamo con uno sguardo più ampio potrebbe anche rappresentare le considerazioni ed il bilancio che una persona fa alla fine della sua vita guardandosi indietro.
L’inizio, abbastanza famoso, recita così:
“E ora la fine è vicina
E affronto l’ultimo sipario.
Amico mio, te lo dirò chiaramente,
ti dico qual è la mia situazione.
Ho vissuto una vita piena,
ho viaggiato su tutte le strade
Ma molto, molto più di questo,
l’ho fatto sempre
a modo mio.
Rimpianti ne ho avuto qualcuno
Ma ancora troppo pochi.
Ho fatto quello che dovevo fare,
ho visto tutto senza risparmiarmi nulla
ho programmato ogni percorso,
ogni passo attento lungo la strada,
ma molto più di questo
l’ho fatto a modo mio.”
Ci sono frasi poetiche anche in questo testo come la seguente:
“Si ci sono state volte,
sono sicuro che l’hai saputo,
che ho ingoiato
più di quello che potevo masticare.
Ho attraversato tutto questo,
quando c’era un dubbio,
ho mangiato e ho sputato,
e ho affrontato tutto
e sono rimasto in piedi,
e l’ho fatto a modo mio”.
Frank Sinatra incise questo pezzo in una sola “take, come si dice “buona la prima”, alla fine del dicembre 1968 e il brano venne pubblicato qualche mese dopo. Da quel momento divenne una hit mondiale. Molti interpreti si cimentarono nella realizzazione di cover. Uno di questi fu Elvis Presley che ne diede un paio di versioni “live”.
Bisogna rilevare come, in realtà, Frank Sinatra non abbia mai realmente amato questo brano. Non gli piaceva cantarlo in quanto sosteneva che era troppo personale e autocelebrativo.

Anche nella versione americana, peraltro ovviamente molto ben fatta, il vestito, cioè l’arrangiamento, ha la caratteristica di essere molto brillante e ricco. Forse, secondo me, un po’ troppo, visto il tenore del testo che è, invece, più intimo e sofferto.
L’interpretazione di Frank Sinatra, non ha caso chiamo “The Voice”, vale in ogni caso, come si dice con una battuta un po’ trita, il pezzo del biglietto, e costituisce il motivo principale del successo di questo brano.
Prima di finire questa storia volevo farvi fare un passo indietro, non tanto nel tempo perché quello di cui sto per parlarvi risale a qualche anno dopo, più precisamente la metà degli anni 80, quanto nel luogo.
Volevo infatti riportarvi la dove tutto era cominciato, in Francia, e farvi ascoltare una delle versioni di “Comme d’Habitude” che meglio ne raccontano il significato.
La voce è quella, stupenda, di Mirelle Mathieu e l’arrangiamento orchestrale è più asciutto e contenuto rispetto a quelli ascoltati finora.

Sono infatti presenti alcune caratteristiche interessanti.
Una è il cosiddetto “basso di lamento”, uno stilema tipico della musica barocca che consiste in una serie di note discendenti della linea di basso ad enfatizzare un senso di introspezione e malinconia.
L’altra è l’uso dei “pedali” cioè di quei momenti in cui sempre gli strumenti gravi insistono costantemente sulla stessa nota creando un senso di immobilità che enfatizza la situazione emotiva portata dal testo. (entrambi questi aspetti verranno indicati durante l’ascolto del file audio)
“E poi il giorno passerà. Io ritornerò, come al solito. Tu, tu sarai uscito, non sarai ancora rientrato, come al solito. Tutta sola andrò a coricarmi, In questo letto grande e freddo, come al solito. Le mie lacrime le nasconderò, come al solito. Come al solito anche di notte giocherò a fingere. Come al solito tu rientrerai, come al solito Io ti aspetterò. Come al solito mi sorriderai. Sì, come al solito. Come al solito ti spoglierai, come al solito ti coricherai. Ci abbracceremo sì, come al solito ,come al solito fingeremo ,sì, come al solito “
Bella e profonda spiegazione, dovrei dire come al solito ma ogni volta è una sorpresa. Grazie.
Direi che “come al solito” in questo caso calza a pennello..😀😀.
A parte gli scherzi grazie a te veramente per il supporto e per il commento.
Dopo questa interessate esposizione ed approfondimento sulla storia di questa bellissima canzone, non posso fare a meno di immaginare la difficoltà che avresti nel farlo per le str….te che sfornano attualmente gli pseudo artisti del panorama “musicale” italiano a cominciare dai fuoriusciti di Sanremo e per finire coi maninaziskin?. Forse giusto una bella delucidazione su autotune e i disastri che permette di fare.
Sai in realta’ le cose interessanti ci sono anche ai nostri giorni solo che penso ci sia meno interesse, da parte del pubblico, di andare a cercare cose diverse da quelle che ci vengono proposte in manifestazioni tipo Sanremo, appunto. Per l’Autotune vale il discorso che si puo’ fare per tutte le “macchine”, possono essere un grande aiuto dipende dall’ uso che se ne fa. Se una “performance” e’ interessante ed espressiva ma contiene un’imperfezione nell’intonazione magari conviene correggerla per non perderla. Se invece serve per aiutare chi non sa mettere due note in croce oppure per filtrare sempre tutta la traccia vocale allora …. Come sempre sta a noi decidere. Comunque grazie sia per i complimenti che per l’osservazione. Veramente
Questo pezzo rispecchia perfettamente quello che accade spesso ad opere d’arte ed artisti che creano meraviglie e che a causa della poca lungimiranza dei contemporanei, non vengono riconosciute; per questa canzone, almeno due menti “pronte” (e non a caso una di queste è il Mago Bowie) si sono rese conto del suo valore. Ed il pezzo di Bowie in particolare per me è splendido! Apprezzo moltissimo le puntualizzazioni che hai fatto (oltre che il racconto di una storia di una canzone che altrimenti mai mi sarebbe arrivata) sui meriti esul senso del testo di chi l’ha scritta. A volte spero che in questo tempo ci siano molti artisti che stanno creando opere di grande valore e che non emergono perché non vengono capiti, perché l’alternativa sarebbe che nessuno scrive e crea più nulla di valore. 😀 Sono tempi particolari, questi; ma io confido che ci sarà una rivalsa, prima o poi. INtanto ci godiamo il bello che è stato e impariamo da quello, per cercare altro. Grazie, come sempre, Sandro.
Ci sono anche oggi artisti che creano cose interessanti solo che in questi tempi di ‘usa e getta” c’è poca attenzione e paradossalmente, nonostante le possibilita’, poca propensione alla ricerca. Sono contento di averti fatto conoscere qualcosa di interessante. Grazie veramente per le tue considerazioni.
Aggiungo che la versione di Mirelle Mathieu è spettacolare e tocca l’anima. Mentre l’ascoltavo, ho pensato che questo è un lavoro di “rapina” tipicamente americano… come è accaduto spesso in molte occasioni. Ma sono in un momento un po’ polemico e non vorrei sfociare; mi fermo qui. 🙂 😀
Hai ragione. La voce di Mirelle
Mathieu arriva direttamente ad aprire i “cassetti” dei sentimenti e della memoria. E’ una grande interpretazione.
Bowie non dimenticò quella canzone: 3 anni più tardi – nel 1971 – la riarrangiò e divenne “Life on Mars”.
https://en.wikipedia.org/wiki/Comme_d%27habitude?wprov=sfla1
https://youtu.be/l8LUwYcku9U
E’ vero. Prese l’ incipit melodico lo velocizzo’ modificandone lo sviluppo. E’ un’ ulteriore dimostrazione dell’ importanza e della bellezza di “Comme d’Habitude”.