Il Doppio Segreto
René Magritte
La difficoltà di essere un’artista creativa in un universo quasi esclusivamente maschile.
Puntata numero sessantotto
“Sono nata il 13 settembre 1819 e ho ricevuto il nome Clara Josephine; mio padre si occupa di una piccola impresa musicale. Sia lui che mia madre sono molto impegnati con lo studio e l’insegnamento, per cui sono stata inizialmente affidata alle cure della domestica; non parlava molto bene e forse anche per questo io stessa non ho cominciato a esprimermi prima dei quattro anni. Tuttavia, sono stata subito abituata ad ascoltare molta musica pianistica e dunque ho sviluppato presto una sensibilità d’orecchio molto maggiore verso i suoni che verso il linguaggio parlato…”
Questa è la prima pagina del diario di Clara Josephine Wieck, meglio conosciuta come Clara Schumann, pagina scritta peraltro, come capiremo più avanti, direttamente da suo padre.

Il rapporto tra le donne e l musica occidentale, come abbiamo già visto nella puntata n. 37 dedicata a Lili Boulanger, è sempre stato, nel corso dei secoli, un po’ particolare.
Diciamo che da questo punto di vista la musica jazz e la musica leggera sono state nel loro sviluppo molto più democratiche della musica cosiddetta classica. In effetti, in questi due generi, sono numerosissime le donne che, oltre a suonare o cantare benissimo, sono, e sono state, anche delle eccellenti compositrici. Per il pubblico di questi due tipi di musica, è del tutto normale trovarsi di fronte a donne autrici di canzoni o di brani jazz e non c’è nessuna distinzione e discriminazione di genere.

La musica classica invece è sempre stata un po’ più misogina al confronto. Certo sono state tantissime le donne esecutrici, le cantanti o strumentiste di fama mondiale. Fino a poco tempo fa, però, erano relegate a strumenti ritenuti adatti al genere femminile, il violino e soprattutto il pianoforte perché, nei secoli passati, per le donne la musica era considerata quasi solamente come un completamento di una istruzione che doveva servire, in primo luogo, ad allietare gli ospiti della casa.
Questo, ovviamente per quello che riguarda la parte esecutiva.
La composizione e la creazione di musica, invece, sono sempre state considerate quasi un feudo privato, riservato i soli uomini. Ci sono state, è vero, alcune compositrici importanti ma il loro numero è drammaticamente inferiore rispetto a quello dei colleghi maschi.
Uno degli esempi più clamorosi di questo modo di pensare e di agire nella società tendente ad inibire la creatività femminile, lo abbiamo se analizziamo la vita e le opere di Clara Schumann, la protagonista del nostro racconto.
Clara Schumann è stata, probabilmente, la più straordinaria pianista e compositrice del periodo romantico. Oltra a questo rappresenta, soprattutto, un esempio veramente eclatante di quanto una certa mentalità e un modo di vivere possano determinare la vita e le azioni non solo di una persona ma anche di un’artista, come in questo caso.
Un’analisi del personaggio e della sua musica non può prescindere da qualche cenno biografico.
Come avete potuto intuire dalla frase iniziale, scritta direttamente dal padre, la sua vita famigliare è stata abbastanza complessa.
Era figlia, infatti, di Friederich Wieck (1785-1873 e di Marianne Tromlitz (1797-1872).

Il padre aveva studiato teologia. Appassionato di musica, fondò una fabbrica di pianoforti. Benché in buona parte autodidatta fu un ottimo insegnante di musica, un uomo d’affari pragmatico e quasi ossessionato dal veder riconosciuto il suo talento didattico.
Era estremamente rigido e con atteggiamenti spesso discutibili nella gestione delle cose famigliari. Lo abbiamo già incontrato nella puntata riguardante la “Settima” di Beethoven all’ascolto della quale pronunciò quella infelicissima frase :
“Questa è una musica da ubriaconi” .
La madre era anch’essa, come poi si rivelò Clara, un talento. Proveniva da una famiglia di musicisti ed era una valente cantante e pianista. Si era perfezionata nello studio proprio con Wieck, continuando anche dopo il matrimonio la propria carriera, più per compiacere il marito che per una convinzione personale.
I due ebbero cinque figli e, a un certo punto, la moglie fece un gesto abbastanza inusuale per il periodo. Abbandonò il marito a causa dei ripetuti contrasti con un uomo così ossessionante ed intransigente che voleva obbligarla a continuare la carriera musicale, mentre il desiderio di Marianne era di essere “solo” moglie e madre. Chiese il divorzio, che ottenne nel 1824.

All’inizio la piccola Clara venne affidata alla madre ma, al compimento dei cinque anni, data la legislazione in vigore a Lipsia, dove abitavano, il padre ottenne l’affidamento della bimba.
Friederich Wieck si dedicò anima e corpo all’educazione musicale della piccola Clara. Rovesciò su di lei tutte le sue ambizioni e frustrazioni perché voleva farne una di quelle rarissime virtuose della tastiera che tanto entusiasmavano il pubblico ai concerti.
Da quel momento la vita di Clara si svolse seguendo un regime di studi e di vita molto serrato impostole da un padre che si occupava in prima persona di tutti gli aspetti, educativi, musicali e sociali della sua vita arrivando al punto, come detto, di scrivere lui stesso alcune pagine del suo diario.
L’aspetto positivo, in tutto questo, fu che Clara Schumann ebbe un’educazione musicale di primissimo livello che la fece diventare prima una bambina prodigio e, successivamente, una pianista di fama internazionale. Venne anche insignita, durante gli anni dell’adolescenza, della nomina di “Virtuoso Imperiale da Camera”, il più alto riconoscimento per i musicisti in Austria, all’epoca.
Durante le numerose tournée in tutta Europa, sempre organizzate dal padre, conobbe molti musicisti di fama, tra i quali, Berlioz e Chopin, che espressero giudizi molto lusinghieri sul suo conto, riconoscendole un grande talento.

Cosa molto importante Clara inseriva sempre durante i suoi recital pianistici brani di propria composizione come era usanza in quel periodo.
L’atteggiamento possessivo ed intransigente del padre peggiorò notevolmente quando Clara incontrò quello che poi sarebbe diventato suo marito, Robert Schumann.
Schumann rimase talmente colpito dalle capacità pianistiche e tecniche della ragazza che decise di andare a lezione anch’egli dal padre.
Abbastanza prevedibilmente i due finirono per innamorarsi. Wieck però si oppose strenuamente alla loro unione perché temeva che un eventuale matrimonio avrebbe segnato la fine della carriera di Clara, come spesso accadeva in quel periodo alle donne musiciste.

Nonostante le difficoltà i due si imposero e chiesero alle autorità l’autorizzazione al matrimonio che venne loro concessa un giorno prima della maggiore età di Clara.
Questi cenni di vita sono estremamente importanti perché ci aiutano a capire come, la ragazza prima e la donna poi, sia sempre stata combattuta e contesa da due uomini i quali, paradossalmente ma neanche tanto, alla fine desideravano la stessa cosa, e cioè che lei continuasse a suonare e, questo vale soprattutto per Robert Schumann, a comporre.
Entrambi desideravano per lei un futuro diverso da quello stabilito dalle consuetudini sociali.
Robert Schumann stesso, dopo aver sentito le composizioni di Clara, che riteneva estremamente interessanti , si interrogava spesso sui motivi che causavano una penuria così evidente di compositrici femminili.
Quanto le considerazioni di entrambi riguardo le capacità compositive di Clara fossero corrette è evidente, ad esempio, dall’ascolto di questo brano, un “Notturno” per pianoforte opera 6, che lei compose a soli sedici anni.
E’ un pianismo estremamente maturo e carico di sentimento
Altro esempio delle sue capacità compositive e della considerazione che queste avevano presso la critica, Clara lo produsse poco dopo con la creazione del suo “Concerto per pianoforte e orchestra in La minore” opera 7. All’inizio, come spesso accadeva per le opere prime, il concerto ricevette un’accoglienza , per così dire, di circostanza dalla critica. Subito dopo venne però apprezzato ed esaltato per il suo gusto melodico e per alcune soluzioni originali ed interessanti.
Una di queste riguarda il secondo movimento, al solito il più moderato dei tre, che è strutturato in modo particolare. In pratica è una Romanza per pianoforte senza l’accompagnamento dell’orchestra, al quale si affianca, nella seconda parte, solo un violoncello. Si crea così un dialogo tra questi due strumenti senza alcun intervento orchestrale. Il risultato è molto originale e del tutto insolito per quello che riguarda i concerti per strumento solista e orchestra del periodo romantico.
E’ importante sottolineare come Clara Wieck, diventata , dopo il matrimonio, Clara Schumann, ebbe un marito, che sarebbe poi diventato il famosissimo Robert Schumann, che sempre la incoraggiò a comporre e a sviluppare la sua creatività. Spesso, infatti, si rammaricava che la vita coniugale potesse impedirle di coltivare questo suo talento:
“Clara ha scritto alcuni piccoli brani che mostrano una tenerezza e inventiva mai raggiunte prima; ma avere dei figli ed un marito che vive sempre nel regno dell’immaginazione non si accorda con la composizione; non può lavorare con regolarità e io sono affranto al pensiero di quante profonde idee vadano perdute perché ella non può dedicarvisi”.

La esortava anche a collaborare con lui. Composero insieme anche alcune raccolte di Lieder per voce e pianoforte, genere molto in voga in quel periodo, e le pubblicarono senza specificare, presso l’editore, chi avesse scritto cosa. Questo anche per vedere le reazioni della critica che non sapeva a chi attribuire i vari brani. Erano molto complici in questo e si spalleggiavano a vicenda.
E’ importante notare come, nonostante sia il padre, invadente, possessivo e rigido nei comportamenti, che il marito, amorevole e comprensivo, seppur a volte un po’ staccato dalla realtà, le avessero sempre riconosciuto un talento compositivo di prim’ordine, la prima a non credere nelle proprie qualità era la stessa Clara.
Ella infatti subiva in pieno le conseguenze del modo di pensare comune e della visione dello stereotipo femminile incapace di sviluppare attività creative ritenute solo appannaggio degli uomini.
Viveva infatti nella costante contraddizione tra il pensare di non essere in grado di creare, ma la voglia di farlo.
Alcune sue dichiarazioni sono illuminanti al riguardo di questa sua ambiguità del sentire. Nel 1839, un anno prima del matrimonio scrisse:
“Una volta credevo di avere talento creativo, ma sto cambiando idea; una donna non dovrebbe desiderare di comporre, mai una è stata capace di farlo, dovrei essere io quell’una? Sarebbe arrogante crederlo. Mio padre un tempo ha tentato questa strada ma io ho smesso di confidare in questa possibilità. Le donne sempre tradiscono se stesse nelle loro composizioni, questo vale per me come per altre. Che sia Robert a creare, sempre! Questo deve rendermi sempre felice”.
E una volta, dopo il matrimonio:
“Ogni volta che Robert esce di casa, mi metto all’opera nel tentativo di comporre qualche melodia, come lui desidera; sono riuscita a completare tre brani che gli offrirò per Natale. Anche se di poco valore sono certa che Robert sarà indulgente e capirà che ho cercato con tutta la buona volontà di soddisfare questo suo desiderio, proprio come cerco di fare con tutti i suoi desideri”.
Penso che chi, come io stesso ad esempio, non ha mai vissuto sulla sua pelle le conseguenze di una discriminazione per il genere, la razza o per altri motivi, faccia veramente fatica a capire il travaglio interiore, la sofferenza e la contrapposizione tra volontà e possibilità.

Sono tutte cose che angustiavano Clara Schumann che, a volte, annotava frasi come questa:
“Il mio suonare sta arretrando, succede sempre quando Robert compone, non c’è neanche un’ora per me, non riesco a far nulla con la composizione e certe volte vorrei sbattere al muro la mia insulsa testa”.
Tutto questo mentre Robert scriveva:
“Sono inebriato dall’idea di pubblicare un libro di canti insieme a Clara”.
Non bisogna pensare che Clara fosse una donna debole. Tutt’altro. Dal matrimonio nacquero ben otto figli ed era lei che, in pratica, garantiva alla famiglia una vita agiata con i proventi dei numerosi concerti e delle tournée che spesso compiva. Un’attività febbrile anche perché il marito, col passare del tempo, decise di dedicarsi quasi esclusivamente alla composizione.

Per darvi un’idea, durante la sua quarta gravidanza, proprio mentre Robert cominciava a dare i segni di quella depressione che l’avrebbe portato successivamente ad un tentativo di suicidio e poi a morire in una clinica per malattie mentali qualche anno dopo, compose il suo brano più celeberrimo e significativo.
Si tratta del “Trio per pianoforte, violino e violoncello“, opera 17, una composizione estremante matura e di notevole bellezza .

Nel terzo movimento, “Andante” il pianoforte espone un tema, successivamente ripreso dal violino, estremamente suggestivo e “romantico”
Verso la fine del movimento il violoncello riprende lo stesso tema che all’inizio era stato esposto prima dal pianoforte e poi dal violino. Diventa così la voce principale mentre il violino ha il compito di contrappuntare la melodia in una specie di scambio di ruoli.
La sonorità che ne risulta è accattivante e molto interessante
Questo “Trio” viene considerato dalla critica tra le massime espressioni del genere, in virtù soprattutto del suo impianto formale molto solido e per la ricchezza inventiva, secondo me, tipicamente femminile.
Anche in questo caso però Clara Schumann ebbe a sminuire il proprio lavoro:
“Nel trio ci sono alcuni bei passaggi, e lo trovo anche abbastanza riuscito per quanto riguarda la forma; ma ovviamente è solo il lavoro di una donna, che sempre è carente qua e là in forza ed invenzione… Le donne tradiscono sempre se stesse nelle loro composizioni e questo vale anche per me. Rispetto al trio di Robert suona effeminato e sentimentale”.
E tanto per ribadire la costante contraddizione qualche tempo dopo scrisse:
“Oggi ho ricominciato a lavorare, finalmente. Quando sono in grado di farlo con regolarità, mi sento davvero nel mio elemento; mi sento diversa, più libera e leggera, e tutto mi sembra più brillante e allegro. La musica dopo tutto è una gran parte della mia la vita, e quando manca sento come se avessi perso tutta l’elasticità fisica e intellettiva”.
E ancora:
“Oggi ho iniziato, per la prima volta, dopo anni nuovamente a comporre; vorrei elaborare delle variazioni su un tema di Robert, per il suo compleanno: certo sarà difficile, la pausa è stata davvero lunga.”
Nel luglio del 1856 Robert Schumann morì.
Da quel momento Clara smise quasi completamente di comporre.

In pratica dedicò il resto della sua lunga vita, quasi quarant’anni, a divulgare e promuovere con una serie infinita di concerti, soprattutto la musica del marito che divenne, proprio grazie a lei, conosciuta ed apprezzata.
Fu una delle interpreti più acclamate con una fama che rivaleggiò con quella di Franz Liszt altro virtuoso dello strumento.
Si incaricò anche di portare avanti economicamente da sola la famiglia. Alcuni dei suoi figli morirono e lei continuò a lavorare fino a quando la salute la sorresse. Perché anche se aveva sempre avuto riserve sulle sue capacità creative, non ne aveva mai avute su quelle performative, che sapeva essere di prim’ordine.
“ Mi sento chiamata a interpretare e comunicare le opere più belle, in particolare quelle di Robert. Così finché avrò forza, anche se non fosse strettamente necessario, io devo esibirmi. La pratica della mia arte è una grande parte di me, è nell’aria che respiro”.
Un’artista veramente completa. Ebbe una grande influenza sul panorama musicale ottocentesco. Fu tra i primi pianisti ad eseguire concerti a memoria, a proporre variazioni su temi famosi di altri autori. Fu tra coloro che contribuirono a portare la tecnica pianistica a livelli di eccellenza.

Ebbe una forte personalità e un carattere complesso ulteriormente testimoniato da queste ultime affermazioni che vi propongo, che ci dimostrano come la realtà sia sempre molto più articolata e complessa di quanto possa apparire superficialmente:
“Ci godiamo una gioia mai prima conosciuta. Mio padre ha sempre riso della cosiddetta felicità ‘domestica’, eppure compatisco quelli che non la conoscono. Vivono a metà”.
“Comporre mi fa molto piacere… Non c’è nulla che superi la gioia della creazione, se non altro perché attraverso di essa si guadagnano ore di oblio di sé, quando si vive in un mondo di suoni”.
Ciao Sandro,
tu non sai l’effetto che mi ha fatto sentire leggere quello che pensava questa grande artista! Le discriminazioni… beh, io per anni ho provato a farmi accetare in un contesto che definire ottocentesco dal punto di vista dell’apertura mentale in termini di accetazione professionale della donna, è un eufemismo. Forestali. Bah… Ho vissuto questo prima in famiglia, dove al massimo potevo ambire a fare la cuoca, possibilmente madre di famiglia e poi al lavoro, dove al massimo potevo andar bene come segretaria in divisa in qualche sede centrale. NOn ho mai accettato nessuno di questi ruoli, perché non mi somigliano, per niente! NOn è cambiato molto nel tempo, credimi; un mio superiore, qundo chiesi il trasaferimento da un ufficio a una sede periferica operativa (nei boschi della Valle di Fiemme) mi disse: ma perché non ti trovi un bravo ragazzo e non metti su famiglia?! Qui hai il posto fisso comodo, con orari che ti permettono di allevare dei figli!” Peccato che io volevo fare la forestale, non la segretaria! Capirai… e quando arrivai nella nuova sede, che mi spettava di diritto, mi sottoposero ad un’azione di mobbing che non ti sto a raccontare, per farmi cambiare idea. 🙂 NOn ci riuscirono. Trascorsi otto anni nei boschi, finché si stufarono loro a vessarmi. Leggere di questa donna, leggere i suoi pensieri, dei suoi sacrifici (otto figli!!!), della dedizione all’arte del marito, mortificando la sua… beh, non sai che effetto mi ha fatto. Ti ringrazio molto per avermela fatta conoscere. Per aver raccontato la sua musica, nel modo meraciglioso che metti sempre in campo.
In effetti in molti campi la situazione non è molto difforme da quanto tu affermi, se non a parole dove tutti sono pronti a dire che non esistono discriminazioni. Il fatto è che nella musica, come nella vita, le differenze sono foriere di sviluppi interessanti e di reciproci miglioramenti. Ma questo, per molti, è ostico da accettare. Il caso di Clara Schumann è complesso perché lei stessa, alla fine, si era fatta condizionare dalla visione che la società aveva della donna. E’ stata comunque la punta di un iceberg perché molte donne hanno vissuto le sue problematiche. Una su tutte la sorella di Mozart, che a detta dello stesso Amadeus era anche più brava di lui, completamente sacrificata dal padre concentrato esclusivamente sulla carriera del figlio.
n0n sapevo della sorella di Mozart!!! Chissà quanta Arte nei millenni è stata buttata via in nome di una visione tanto limitata da parte dell’Umanità. E’ comunissimo il fatto che le donne stesse sono state per secoli le prime a rendersi succubi volontarie di una situazione culturale pesantemente condizionante! Poi si è arrivati alle suffraggette, ai danni femministi e alla parvenza di equilibrio. Ma è solo una parvenza, appunto. Ma io penso che oggi, se una persona,donna o uomo che sia, intende rivendicare un proprio talento, lo può fare!!
Si, lo puo’ fare e anche nella musica le cose stanno cambiando. Ma per una donna, purtroppo, e’ sempre un po’ piu’ difficile e complicato.
Le difficoltà di una donna ad esprimere la propria individualità in un contesto strutturato da sempre al maschile non riguarda solo Clara Schumann.
La convinzione che la donna dovesse essere soggetta all’uomo è appartenuta quasi a tutti i popoli dell’antichità.
E Clara nn ha fatto eccezione tant’è che riesce ad esprimere la sua arte successivamente alla morte del marito. Anche oggi per un uomo mediocre che sia una donna molto più capace faticherà se ci riesce il doppio ad occupare la medesima posizione. Sto andando fuori tema me ne rendo conto. Ti ringrazio per questo escursus musicale, asulla vita ed i pensieri di
Così valida artista.
Hai perfettamente ragione. Io penso che ci siamo persi un sacco di cose belle e importanti che le donne hanno fatto o avrebbero potuto fare anche in campo artistico, per non parlare di quello della vita in generale. La situazione sta, lentamente, migliorando. Speriamo….