Seconda parte.

Puntata numero sessanta

“Stimo superfluo il voler descrivere il merito singolare del signor Bach, perché è troppo cognito ed ammirato, non solo nella Germania, ma in tutta la nostra Italia. Solamente dico che stimo difficile trovare un professore che lo superi, perché, oggigiorno, egli può giustamente vantarsi di essere uno dei primi che corrono per l’Europa”.

Così scrisse Padre Giovanni Battista Martini in una lettera indirizzata a Johannes Baptist Pauli di Fulda, in quel di Bologna il 14 aprile 1750.

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Purtroppo quanto scritto dal Martini, illustre compositore, teorico e stimatissimo musicista italiano, è rimasta per molto tempo una voce isolata perché, dopo la morte avvenuta in quello stesso anno, la figura di Bach è stata letteralmente dimenticata da quasi tutti. Molti lo consideravano, infatti, il rappresentante di un vecchio modo di fare musica, praticamente un residuato del passato.

Per tutto il periodo classico, fino agli inizi di quello romantico, la musica di Bach fu quasi del tutto trascurata. Bisognerà aspettare fino a circa 80 anni dopo la sua morte, quando, nel 1829, un altro musicista, Felix Mendelssohn, lo riscopri facendo conoscere a molti la sua musica. Infatti , durante un concerto, propose uno dei capolavori di Bach, la “Passione Secondo Matteo”, che era stata composta quasi un secolo prima. Da quel momento cominciò quella che potremmo chiamare la “Bach Renaissance” , cioè la riscoperta, in tutta Europa, di Johann Sebastian Bach.

Felix Mendelssohn

Oltre al mondo accademico, e a quello degli appassionati di musica cosiddetta classica, anche il mondo della musica pop-rock, come abbiamo visto nella scorsa puntata, ha scoperto o riscoperto la musica di Bach. Ovviamente questo è avvenuto molto tempo dopo, alla fine degli anni 60 del 900 e, nello scorso racconto, abbiamo visto come l’influenza della musica di Bach sia stata molto forte e determinante soprattutto in quel genere che ha preso il nome di “Progressive Rock” , genere il cui scopo principale era quello di elevare anche la musica di consumo a forma d’arte,

Ripartiamo quindi, in questa narrazione, dagli inizi degli anni 70.

Ritchie Blackmore

Oltre ad aver avuto un grosso ascendente sui tastieristi rock, per ovvie affinità di strumento, Bach ha influenzato anche, e a volte soprattutto, i chitarristi rock, i “metallari”, che hanno saputo trovare nella sua musica da una parte spunti melodici molto interessanti da sviluppare, dall’altra tutta una serie di brani che potevano costituire un’ottima palestra per potersi esercitare migliorando la tecnica strumentale.

Uno dei primi a subire la fascinazione bachiana è stato il chitarrista del gruppo rock “Deep Purple”, Ritchie Blackmore, che ha successivamente tramandato questa sua passione a tutta una serie di chitarristi che da lui hanno preso spunto.

Uno dei primi esempi di questa contaminazione lo abbiamo in un famosissimo assolo di chitarra, inserito  nel brano “Burn”, tratto dall’omonimo album dei Deep Purple del  1974, dove Blackmore si ispira chiaramente, senza citarli direttamente  , ad alcuni stilemi tipici bachiani

Solo di chitarra di “Burn”

Ritchie Blackmore non è stato, come dicevo, il solo. Forse è stato solamente il primo a introdurre questa tendenza.

Anche un personaggio che non si potrebbe considerare più lontano da Bach, come Ozzy Osbourne, il famoso cantante dei Black Sabbath, arriva ad inserire nel suo primo album solista del 1980, “Blizzard of Ozz”, un brano, “Mr. Crowly” durante il quale, nel solo di chitarra di Randy Rhoads, si avverte chiaramente l’ispirazione alla musica di Bach sia da un punto di vista strettamente tecnico, che da quello del susseguirsi delle idee melodiche.

Ozzy Osboure e Randy Rhoads

Poi, negli anni 80, abbiamo tutta una serie di chitarristi “metal” i cosiddetti “Guitar Heroes”, supertecnici, capitanati dallo svedese Yngwie Malmsteen, che nei suoi assoli pirotecnici, citava a non finire idee e frammenti presi da Bach creando così uno stile unico e personale.

Ma possiamo ritrovare Bach anche nella canzone di musica leggera.

Infatti, uno dei personaggi che più difficilmente potremmo accostare al compositore tedesco è Paul Simon il quale già nella composizione del famosissimo brano inciso con Art Garfunkel “Bridge Over Troubled Water” ha dichiarato di essersi ispirato ad un brano di Bach. Ma l’esempio più eclatante lo troviamo in una sua canzone del 1973 “ American Tune” dove, come lui stesso ha raccontato, la melodia principale è copiata da un brano presente nella “Passione Secondo Matteo” e precisamente : “O Sacred Head Sore Wounded”.

Al riguardo c’è una storia particolare da raccontare ma lo faremo dopo aver ascoltato l’inizio della canzone di Paul Simon

America Tune

La storia riguarda il fatto che la melodia principale è presa per intero dal brano di Bach di cui parlavo prima

“O Sacred Head Sore Wounded”

Ma questa è solo la prima parte della storia. In realtà anche Bach aveva copiato questa melodia e, più precisamente, aveva tratto spunto da quella scritta da un compositore tedesco della seconda metà del 500 , Hans Leo  Hassler (1564-1612) in un brano il cui titolo è “ Mein G’mutt ist mir Verwirret

Mein G’mutt ist mir Verwirret

In pratica una rock star dei nostri tempi, Paul Simon, ha scritto, nel 1973, un brano copiandone uno di Bach dei primi del 700, brano che, a sua volta, Bach stesso aveva ripreso da una composizione della fine del 500.

Bisogna comunque specificare che era prassi, per i musicisti del periodo barocco , copiare melodie, e non solo, da altri compositori per inserirle nei propri lavori. Bach stesso lo ha fatto più volte prendendo e rivisitando interi concerti, ad esempio di Vivaldi, anche per approfondire lo studio della musica così come veniva composta e ideata negli altri paesi europei.

Anche i Beach Boys, famosissimo gruppo degli anni 70, in un loro successo del 1979 “Lady Linda”, si sono ispirati chiaramente a Bach. Il loro brano è questo

Lady Linda

In questo caso non ci sarebbe nemmeno bisogno di dirlo tanto l’ispirazine è evidente e conosciuta. La composizione di Bach si intitola “ Jesus Joy of Men Desiring” tratta dalla Cantata con numero di catalogo BWV 147, ed è la stessa che apre questa puntata.

Qualcuno potrà osservare come gli esempi fatti finora siano un po’ datati ma, in realtà, anche in tempi molto più vicini a noi si possono trovare molte evidenze di questa tendenza ad ispirarsi alla musica di Bach.

Ad esempio il rapper Eminem nel suo brano del 2013 “Brainless” ha campionato una frase presa dalla “Toccata e Fuga in Re minore” ripetendola a “loop” in modo da costituire una parte portante del brano stesso.

Anche il gruppo olandese “2 Unlimited” nel 1994 nel brano “The Real Thing” ha utilizzato la “Toccata” che, come abbiamo potuto riscontrare in queste puntate, è senza dubbio uno dei brano più copiati, e amati, di Bach.

I “Jem” nel brano “They” del 2003 si sono ispirati al “Preludio e Fuga in Fa minore” col numero di catalogo BWV 881.

E anche la famosissima Lady Gaga, artista con un background classico non indifferente, in un brano del 2010 “Bad Romance” inizia con una citazione del “Preludio e Fuga in Si minore”.

Per finire questa piccolissima carrellata non poteva mancare un cantante italiano dal nome d’arte molto significativo “Johann Sebastian Punk” che, nel suo brano “Tragedy” del 2017 si ispira chiaramente, nella parte strumentale alla musica di Bach.

Ma quello di cui volevo parlarvi più dettagliatamente è l’influenza che Bach ha avuto anche sui musicisti di un genere apparentemente del tutto lontano dalla sua musica: il Jazz.

Bach e il Jazz sono abbastanza lontani da un punto di vista strettamente esecutivo perché la musica di Bach va eseguita con la divisione dei battiti in due o quattro in modo abbastanza regolare, cioè con le note di durata uguale, in teoria, (qui si potrebbero aprire delle praterie riguardo agli stili di esecuzione ma non è il momento di approfondire). Nel Jazz, come più volte accennato in questi racconti ogni qual volta ci siamo imbattuti in questo genere, la divisione del movimento è in tre con quella caratteristica chiamata “swing” che determina un susseguirsi di note lunghe e corte, lunghe e corte più o meno  “taa ta, taa ta, taa ta, taa ta”.

Questi due modi di affrontare il ritmo possono sembrare, e a volte lo sono, inconciliabili e determinano un approccio radicalmente diverso nell’esecuzione delle frasi.

Uno dei primi esempi di un brano jazz che prende spunto da una composizione di Bach lo abbiamo nel 1937 in una registrazione del duo violinistico composto da Eddie South e Stephane Grappelli che vengono accompagnati dal chitarrista Django Reinhardt. In questo caso eseguono una versione jazz del “Concerto per due violini in Re minore” che, nella versione originale, suona così

Concerto per due violini

mentre la loro versione, ovviamente più “swingata”, ha questo andamento

Grappelli e South

Questo è anche uno dei pochi esempi di jazz suonato con due violini. Questo perché il violino, per le sue caratteristiche, si presta difficilmente allo swing come affermato anche da Leonard Bernstein del quale abbiamo riportato una affermazione al riguardo nella puntata in cui abbiamo parlato di West Side Story. Qui, di violini, ne abbiamo addirittura due ed è un evento abbastanza raro.

Avvicinandosi maggiormente ai nostri giorni troviamo, negli anni 60, un gruppo essenzialmente vocale “Les swingle singers” che in un album intitolato “Jazz Sebastian Bach” propongono, tra gli altri un brano ispirato al “Preludio in Fa minore” tratto dal secondo libro “Clavicembalo Ben Temperato” che, nell’originale suona così

Preludio in Fa minore

Il risultato della loro rivisitazione è questo

Swingle Sisters
Swingle Sisters

Ovviamente, per quello che riguarda il jazz anche altri gruppi  si sono ispirati alla musica di Bach riproponendola in chiave personale. Ad esempio un gruppo che ha fatto di questa riproposizione la sua cifra stilistica è il Trio guidato dal pianista Jacques Loussier il cui repertorio riprende, in gran parte, brani bachiani.

Ma le situazioni più interessanti, secondo me, si hanno quando i musicisti jazz si ispirano alla musica di Bach, senza cercare di riproporla pari pari, inserendola invece, nel loro modo di fraseggiare durante gli assoli oppure nello sviluppo delle loro composizioni.

Nina Simone

Uno degli esempi più importanti e riusciti di questo modo di procedere lo abbiamo in un brano della fine degli anni 50 della cantante e pianista Nina Simone che nel brano “Love Me or Leave Me” fa chiaramente trasparire, all’interno del suo solo di pianoforte, l’amore per la musica di Bach, da lei conosciuta molto approfonditamente visto il suo percorso di studi, come si deduce chiaramente dal suo modo di fraseggiare

Love Me or Leave Me

Anche un gruppo di “All Stars” formatosi nei primi anni 2000 si è dedicato alla riscoperta e alla rivisitazione della musica classica in generale, e di quella di Bach in particolare, in ambito jazzistico. Il nome del gruppo è “Classical Jazz Quartet” ed è formato da musicisti di prim’ordine quali Kenny Barron al pianoforte, Stefon Harris  alla marimba e vibrafono, Ron Carter al contrabbasso e Lewis Nash alla batteria.

Come nel caso di Nina Simone, questi splendidi musicisti inseriscono nelle loro composizioni e nei loro assoli suggestioni provenienti dal repertorio bachiano. Il risultato è un brillante tentativo di trovare un comune denominatore tra due mondi musicali e due sensibilità artistiche così profondamente diverse.

Ma nell’ultima parte di questo racconto volevo parlarvi di un jazzista con un background tecnico culturale veramente impressionante. Con lui ci siamo già incontrati, pensate, nella prima puntata quella dedicata a “Somewhere Over the Rainbow” e il suo nome è Keith Jarrett.

Durante la sua  poliedrica carriera ha eseguito ed inciso, ad esempio, anche il primo libro del “Clavicembalo ben Temperato” suonandolo, tra l’altro, proprio sul clavicembalo. Nel suo modo di suonare si avvertono spesso chiaramente l’influenza della musica di Bach, e il suo amore per questo tipo di repertorio specialmente quando esegue i suoi famosissimi concerti in piano solo , e questo da un sapore del tutto particolare e molto personale alle sue improvvisazioni.

Keith Jarrett

Un esempio di questo suo modo di procedere lo troviamo in questa improvvisazione che costituisce l’introduzione di un famosissimo “standard” di jazz “All The Things You Are” da lui eseguito dal vivo col suo Trio composto da Gary Peacock al contrabbasso e Jack  DeJohnette alla batteria. In questo caso l’ispirazione bachiana, anche grazie allo stile quasi contrappuntistico dell’improvvisazione,  è evidentissima.

All The Things You Are

Tutto quello che avete sentito è basato esattamente sulla struttura del pezzo utilizzando frammenti di un tema che è relativamente semplice, per arrivare a creare una mirabile costruzione frutto dell’inventiva e della conoscenza.

Keith Jarrett, lo ricordiamo, ha inciso, fra gli altri , anche il disco di piano solo più venduto nella storia del jazz, il famosissimo “The Koln Concert” . In un altro suo disco, sempre di piano solo, intitolato “Live in Paris”, inizia la sua improvvisazione con un chiaro tributo alla musica di Bach, non citandola testualmente, ma dando una evidente dimostrazione di quanto questa sia entrata a far parte del suo modo non solo di fraseggiare ma anche  di “pensare” la musica e di strutturare conseguentemente perfino le parti più improvvisate.

Live in Paris

Nel 1738 un filologo di discreto nome, Johann Matthias Gesner, così scrisse ad un suo amico parlando di Bach:

Voglio dire che se tu lo potessi vedere mente fa cose di cui non sarebbero capaci i vostri innumerevoli suonatori di lira e di flauto, noteresti che non soltanto canta a voce spiegata come un citaredo, ed esegue le varie parti di accompagnamento, ma bada a tutti, e di 30 o 40 musici, uno governa con un cenno del capo, un altro battendo il piede a terra, un terzo alzando il dito minaccioso per richiamarlo al ritmo e alla battuta; a uno indica l’intonazione da impiegarsi nella voce più acuta, ad un altro in quella più grave, e a un terzo in quella mediana. Tanto è unico un tal uomo che nel massimo frastuono delle armonie, benché fra tutti sostenga la più difficile delle parti, all’istante avverte se, e dove, vi sia discordanza, e mantiene tutti nell’ordine. Ovunque sa porre rimedio e se qualcosa vacilla sa raddrizzarla. Tutte le sue membra sono percorse dal ritmo. Tutte le armonie egli valuta con orecchio penetrante. Tutte le voci egli è in grado di intonare con la propria limitata gola. Quantunque io sia il massimo fautore del tempo antico ritengo che il mio Bach riunisca in se molti Orfei”.

Questo era Bach.